La globalizzazione che cambia l’It

Quando la casa madre detta linee generali da applicarsi localmente, il responsabile dei sistemi nazionale diventa consulente, con un know how che deve farsi più ampio

Quella di Roche Diagnostics è un’It globalizzata nel vero senso della parola. Tra le prime nel campo della diagnostica in vitro, la società ha, infatti, in corso un progetto di internazionalizzazione a livello europeo con l’obiettivo di un sistema informativo comune.


«Le decisioni vengono prese centralmente, in Germania – spiega Roberto Villa, Ict manager di Roche Diagnostics in Italia – e questo, oggi, è l’aspetto più complesso del mio lavoro, perché ci troviamo di fronte a soluzioni che devono andar bene in tutta Europa, senza scordare le peculiarità delle realtà locali, anche a livello di modello di business e di comprensione da parte degli utenti, che faticano a comprendere il motivo per cui non potranno più disporre di certe funzionalità».


Villa e i suoi quattordici collaboratori (che coordina da 5 anni) si ritrovano, quindi, a dover mediare tra le richieste della casa madre di rendere globali i processi e le peculiarità di una sede italiana fatta di 500 persone, di cui 250 a Monza e altrettante sparse sul territorio, in cui un ruolo determinante è rivestito dal supporto tecnico e dalla teleassistenza ai sistemi di analisi venduti lungo lo Stivale. «Il mobile, con un centinaio di tecnici, è usato moltissimo – precisa Villa -. Il back office è gestito dall’Erp di Sap, mentre il call center, che ha un’attività intensa, rispondendo sia a pazienti che a grossi laboratori, è di Clarify».


Il cuore del sistema informativo sarà in Germania dove si trova il capo progetto globale, coadiuvato da responsabili per country, tra cui Villa, che fa parte del decision board a livello internazionale proprio per Sap e Clarify. «Quest’ultimo progetto è a un livello di disegno generale – racconta -, mentre il primo è più avanzato; dieci nazioni sono già partite e noi lo faremo a breve».


Un ruolo che cambia


Il ruolo del responsabile dei sistemi in una grossa multinazionale sta, quindi, cambiando, trasformandosi in consulente sulle peculiarità della propria country. «Ciò comporta la difficoltà oggettiva di estendere il know how – aggiunge Villa -. Capire dove si devono fermare le competenze di un It manager oggi è molto difficile. Fino a qualche tempo fa si partiva dalla tecnologia per arrivare ai processi, ora, in realtà, bisogna trovare una soluzione diversa». Quella adottata da Villa è una delega operativa quasi totale ai collaboratori: il manager si limita a trattare con i fornitori e a fare gli ordini. «Ci si deve aprire al lato strategico – dice – e familiarizzare con aspetti fiscali, tributari o legali. Per non parlare della capacità di interfacciarsi con le altre strutture. Fondamentale, comunque, è mantenersi umili e non pretendere di sapere sempre tutto. Per questo sono utili i corsi di formazione e scambi culturali con colleghi».


Resta il fatto che in Roche Diagnostics la responsabilità dell’It locale sta calando perché nel percorso verso la globalizzazione alcune attività diventano meno strategiche, non più disegnate sulla realtà specifica. «Allo stesso tempo, però – annota Villa – si accentua l’information management, vale a dire il ruolo di link tra casa madre e sedi, perché se è vero che, ad esempio, Sap è gestito centralmente, è anche vero che le informazioni devono essere trasmesse in modo corretto. È il modo di lavorare che muta». Così è stato anche in ambito sicurezza. «Avendo una rete unica – commenta Villa – è stato deciso di realizzare dei centri di eccellenza per il monitoraggio, compresa la parte di patching. Noi ci occupiamo delle singole macchine, del backup. Per prassi, localmente, sono richieste due persone dedicate, però la gestione strategica è centralizzata».


Tecnologie che fanno la differenza


Accanto al cambio di mentalità, però, per Villa esistono tecnologie che permettono alle imprese di mantenersi efficienti e competitive. Tra queste, la wireless integration, a suo parere ancora non completamente sfruttata dalle imprese italiane. «In quest’ambito, rispetto ad altre – indica il manager -, la nostra situazione è avanzata. Avere le persone sempre connesse sul territorio, comporta dei vantaggi tangibili di performance. Non sono, invece, così favorevole alle Soa, perché credo che una buona conoscenza in house sia necessaria. Sicuramente, però, l’It aziendale deve cambiare e aprirsi di più all’end customer. Mentre, infatti, il back office è stato ampiamente affrontato, la parte di front office non è ancora sufficientemente impostata. L’It non è pronta a interpretare i segnali minori che arrivano dal mercato, dal cliente. Anche la business intelligence, ad esempio, è principalmente utilizzata solo come reportistica».


Per migliorare la situazione, secondo Villa, servono competenze a metà tra il tecnico e il commerciale: «A volte si fatica a far percepire al management i benefici di una possibile applicazione un po’ per nostra incapacità nel dare forma a business case, un po’ perché la direzione ha ancora la visione del profitto immediato. L’It oggi, invece, ha un ruolo completamente diverso. Bisognerebbe iniziare a suddividerla in commodity e strategica. E con questo non va intesa la virtualizzazione delle macchine o la scelta di server blade, che sono utili riduzioni dei costi ma sempre vicini all’operating, bensì ciò che produce veramente business». Quella di Villa non deve essere interpretata come reticenza all’innovazione, «anzi – precisa – serve, ma non deve limitarsi all’applicazione classica della tecnologia. Reale innovazione è qualcosa che prima non c’era e che adesso c’è. Penso che a molti responsabili dei sistemi manchi proprio la vicinanza al business, anche se a volte succede che quest’ultimo abbia delle aspettative irrealistiche, motivo per cui è importante che l’It faccia parte del comitato di direzione.Incontrare regolarmente i primi riporti del general manager ci permette di fornire una visione chiara delle possibilità e di filtrare le proposte dei vendor, che spesso propongono cose che nella pratica sono irrealizzabili».

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