La gestione di un progetto. Software e metodi a caccia di tempo e di Roi

Il rispetto dei tempi, l’efficiente impiego delle risorse e la redditività dell’operazione, sono i cardini di un ambito tecnologico, al quale, in campo It, ogni investimento dovrebbe sottostare. Ne parlano i protagonisti italiani, chi più chi meno allineato alle direttive del Project Management Inst

 


Perché parlare, adesso, di Project management? Semplice: perché in tempi di crisi economica, l’unica risorsa per il futuro è quella di affidarsi alla progettualità, ovvero all’investimento, purché sia ben gestito. Esiste, oggi, una semiologia del "progetto", come entità, che è vincente. Un esempio per tutti, la riforma Biagi, che punta a modificare il mercato del lavoro. Che si sia favorevoli o contrari (non è questa la sede) è necessario cogliere il dato di fondo di come oggi si vuole indirizzare un rapporto cardine per l’economia. In base alla riforma, nascono i contratti legati ai progetti che un lavoratore dovrà attendere. Una pioggerella, sul terreno del lavoro, ma che porta appresso un significato denso: il progetto è la guida.


Un secondo esempio, legato anch’esso alla cronaca, e più attinente al nostro tema: finalmente è stato tradotto in italiano il Pmbok Guide, la "bibbia" del Project management, così come questo è inteso dall’unico organismo internazionale riconosciuto a esprimersi sul tema, il Pmi (Project Management Institute). Approvato dall’Ansi (American National Standard Institute), il Pmbok Guide è il vademecum a cui ogni azienda, consulente, professionista deve guardare per approcciare la disciplina del project management. Perché di questo si tratta. Una disciplina che viene intrapresa per far fruttare gli investimenti fatti.


Per chiarire il concetto abbiamo sentito alcune aziende che, in Italia, hanno evidenziato interesse e fatto attività nel campo del Project management. A tutte abbiamo chiesto la loro definizione di Pm, di declinarla nel contesto nazionale, di presentarci l’attività e, dove possibile, di coniugare il peso specifico del Pm con quello della Business intelligence (altra pietra angolare dell’andamento di un’azienda). E poi abbiamo chiesto loro di esprimersi sulle cifre: come si calcola la spesa di un progetto, quanto, su questo, influisce il tempo e, alla fine, come è possibile valutare il Roi di tale attività. La parola va a loro, partendo da due piccole società italiane che lavorano al 100% sul Pm, per passare alle idee (aderenti al Pmi e contrarie al Roi) di Ibm e per finire con l’area "dotnet": Avanade e Microsoft.

Ost: "Gantt non basta"


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Società padovana di formazione e consulenza, a detta del suo presidente, Giorgio Beghini, "Ost produce l’unica soluzione di project management tutta italiana". Beghini, che è stato anche socio fondatore del chapter italiano del Pmi, si pone in diretta concorrenza con Microsoft. In realtà, sostiene il dirigente patavino, "sono loro a dichiararsi nostri concorrenti, con un prodotto che viene prezzato, a livello client, esattamente come il nostro, Cardinis, a 775 euro".


Cardinis è la soluzione di Pm che Ost ha perfezionato nel corso degli anni, sulla base dell’expertise accumulata nei progetti sul campo, e prevede una licenza server (che comprende 3 utenti di project management) a 7.750 euro. Solo che, come tiene a precisare Beghini, Cardinis può girare anche sotto Linux, e fruire di un database non proprietario, come PostGres, e quindi gratuito.


Ma le differenze fra Cardinis e Microsoft project non si limitano alla piattaforma tecnologica o al prezzo.


Per Ost, infatti, il Pm è un insieme di più cose, "di metodologie e competenze. Non può valere solamente uno dei due componenti, come accade nel caso di Microsoft, che predilige l’aspetto strumentale".


Riferendosi solo alle competenze, il Pm potrebbe essere inteso, o confuso, con il Knowledge management. "Il Pm è una componente del Km – sostiene Beghini -. Lo dimostra il fatto che non esiste nessun progetto dal quale non si impara nulla. In tal senso, il Pm è l’emblema del cosiddetto learning-by-doing".


Applicando queste definizioni al panorama italiano, e quindi facendo leva sull’esperienza di Ost, si scopre che, come sostiene il manager, "l’azienda italiana fatica ad adottare una visione complessiva della gestione progetti, credendo di poter focalizzarsi solo sul diagramma di Gantt per risolvere le questioni progettuali. Ed è sbagliato. Noi che nasciamo come società di formazione e consulenza, portiamo esperienze frutto di una visione generale della gestione progetti. Negli anni 80 il Pm era usato solo dalle società di engineering, su grandi progetti a commessa. Negli anni 90 abbiamo cominciato a declinare le metodologie applicate anche sui progetti di più piccola dimensione, dimostrando la valenza del Pm come visione corale dello stato dell’azienda".


L’accesso ai metodi del Pm, anche alle Pmi, insomma, su progetti di respiro più contenuto (al di sotto dei 6 mesi, fino ad arrivare a poche settimane di realizzazione), sembra essere la chiave per l’affermazione del concetto di coralità del Pm.


E se coralità dev’essere, dovrebbe anche incamerare le nuove concezioni della visione d’insieme d’azienda, quelle apportate dalla Business intelligence. "È un terreno che non abbiamo esplorato a fondo – ammette Beghini -. Certo è che a livello logico, Pm e Bi si possono integrare. Se la gestione progetti è ben fatta, cioè se prevede di far seguire la parte tattica a quella strategica, in mezzo c’è sicuramente un ruolo per la Bi. Chi fa Pm come noi, formalizzando le procedure, crea elementi che vanno a vantaggio della Bi".


L’approccio al Pm, quindi, apre il terreno per una trasformazione organizzativa in tutta l’azienda. Si parte dall’analisi, per arrivare alla formazione dei progetti, e si deve, poi, declinare il tutto in qualcosa di reale. "Questo è il ruolo dei software di gestione dei progetti. Che da soli, però, non bastano. Bisogna creare in azienda un pool di figure, che si chiamano Pso, Project support officer, che presidiano lo stato del progetto. Molte aziende lasciano questo compito ai consulenti, e sbagliano. Perché il progetto è l’azienda. Ed è per questo che noi cerchiamo di coinvolgere la direzione dell’azienda e la stimoliamo a creare uno staff, anche piccolo, di Pso".


Il fatto che il Pm sia uscito dalla sfera della grande azienda e sia arrivato nel "piccolo-medio mondo" dell’impresa italiana, è confermato dalle referenze di Ost. Come Autec, società vicentina che produce radiocomandi per gru. O come Calearo, società veneta che produce antenne per automobili e che, grazie alla presenza di un tool di Pm ora è parte dell’indotto di Bmw (la casa tedesca chiede ai fornitori la presenza di una soluzione di Pm da almeno tre anni). O, ancora, come Veneto Agricoltura, ente regionale che, partendo da Cardinis per un progetto di ristrutturazione ambientale, ha deciso di rifocalizzarsi tutta sulla matrice del Pm.


Il tema del tempo di durata del progetto non può essere avulso dalla logica corale del Pm secondo Ost. "Il tempo è la variabile più critica del progetto – sostiene Beghini -. Normalmente, per capire i tempi ci si affida ai diagrammi di Gantt, dimenticando che dietro alla parola progetto, si nasconde il termine complessità. E questa il Gantt non la contempla. Così come non gestisce il rischio, che deriva dalla complessità. Insomma, il tempo è un effetto. E con i diagrammi di Gantt si possono controllare gli effetti, ma non le cause".


E se un progetto ha una durata, dovrebbe anche essere desumibile il Roi dello stesso. "Sì, e anche in maniera numerica – afferma Beghini -. Avere una visione complessiva del progetto porta alla scomposizione, alla rappresentazione e, quindi, al controllo. In tal senso, il progetto può essere tradotto, nelle sue parti, come valore aggiunto da assegnare alle procedure aziendali, e quindi si può pervenire al Roi". Sull’argomento, l’Università di Berkeley ha realizzato un sistema che dimostra, per esempio, che passando dalla fase 2 alla 4 di un progetto, il Roi dello stesso sale al 30%.

Rgm, la Bi entra nel progetto


Per Gioacchino Gaudioso, direttore commerciale di Rgm Consultants, "ogni azienda opera attraverso la conduzione di processi operativi o di progetti, che implicano l’utilizzo di risorse per la loro esecuzione, e che devono osservare scadenze temporali e rispettare limiti di spesa. La differenza tra processo operativo e progetto consiste nel fatto che il il primo è ripetitivo e reiterato nel tempo. Il progetto, invece, è un’iniziativa originale. Il progetto è definito come uno sforzo concentrato nel tempo e mirato al raggiungimento di un obiettivo. Per queste ragioni la gestione dei progetti non può essere condotta con le stesse modalità di gestione applicate ai processi ma servono tecniche e strumenti dedicati. In altri termini, si richiede l’applicazione del Project management. La definizione ortodossa di Pm, quindi, dice che consiste nell’applicazione di conoscenze, professionalità, tecniche e strumenti per le attività di progetto al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi di tempo, costo e qualità. Il Pm, quindi, deve essere inteso come set di strumenti metodologici, organizzativi e tecnologici".


Tutto quanto detto vale anche tenendo conto dello stato "d’attesa" dell’informatica odierna? Gaudioso non ha dubbi e, anzi, amplia il quadro di osservazione, introducendo il concetto di Enterprise project management, "la definizione di Pm è valida anche all’interno dello scenario attuale. I principi e le metodologie alla base del Pm risultano efficaci e applicabili. Addirittura, forse, occorre parlare di un allargamento del concetto di Pm a quello di Epm".


L’Epm, secondo Gaudioso, può essere considerata la nuova frontiera della gestione dei progetti nell’era della nuova economia, dei sistemi Erp, della qualità totale e della globalizzazione. I cambiamenti del tessuto economico hanno spinto verso questo approccio metodologico e organizzativo, trasformando il Pm da processo localizzato, temporaneo e "offline", in processo trasversale alle procedure gestionali dell’azienda.


Il passaggio dal concetto di Pm a quello di Epm influisce sul modo di organizzare e condurre i progetti. L’approccio specializzato e concentrato in una figura o in un’organizzazione dedicata, lascia il posto a processi gestionali distribuiti su tutte le figure coinvolte nella gestione dei progetti. Il cambiamento riguarda, di riflesso, gli strumenti adottati.


"Tutto ciò – dice Gaudioso – ha portato all’utilizzo di strumenti quanto più vicini possibili alla logica operativa quotidiana: Microsoft Office e Microsoft Project. Rgm Consultants ha operato dal 1987 al 1995 esclusivamente nel settore del Pm. L’accostamento, quasi casuale, degli strumenti di Business intelligence a quelli di Pm ha determinato una svolta nella possibilità di offerta. Oggi forniamo una soluzione di Epm e che integra la Bi, grazie alla partnership con Crystal Decisions. In questo modo il Pm diventa un processo aziendale trasversale a tutti gli effetti". Quindi, per Rgm, i temi del Pm e della Bi sono fortemente compenetrati. Ciò vale anche se ci si relaziona con lo stato dei sistemi informativi delle aziende italiane?


"Chi gestisce aziende con connotazione multiprogetto – dice Gaudioso – deve essere in grado di analizzare fenomeni di business che non riguardano solo le attività del singolo progetto, ma l’insieme dei processi aziendali che concorrono allo sviluppo della totalità dei progetti. Nell’analisi integrata del portafoglio, quindi, vanno ricercati fenomeni trasversali, il cui studio può consentire di individuare aree di ottimizzazione, incrementi delle performance, economie di scala e miglioramenti nei processi di allocazione e gestione delle risorse. Ciò che serve, dunque, è il controllo delle informazioni sull’andamento dei progetti, in qualsiasi istante del ciclo di vita e dei flussi di comunicazione. È proprio qui che si incontrano Epm e Bi. Gli strumenti e le metodologie di Epm consentono di creare i contenuti in termini di dati di progetto, attraverso funzioni di pianificazione e controllo. Con la Bi queste informazioni possono essere trasformate in strumenti di analisi Olap e distribuite in modo pertinente e controllato ai vari attori del progetto. Nel panorama italiano la Bi è ancora troppo legata ai dati di marketing o a quelli del controllo di gestione. Questo connubio non è, quindi, molto diffuso, anche perché, spesso, il Pm è un processo offline che genera dati non presenti nei database aziendali ma solo sul pc del singolo".


Da quanto detto è evidente che, anche in Italia, un’azienda non può ragionare in termini di progetto senza contemplare le risorse economiche per sostenerlo.


"La gestione dei costi – sostiene Gaudioso – è un processo fondamentale per l’applicazione di un sistema di Pm. Ragionare in termini di progetto senza contemplare le risorse economiche per sostenerlo significa applicare parzialmente il Pm, con il rischio di ridurlo a un processo gestionale secondario".


Nella stessa definizione di progetto fatta da Rgm si fa riferimento al fatto che il progetto è caratterizzato da un tempo di esecuzione ben preciso. Su alcuni progetti le variazioni, anche minime, dei tempi di realizzazione possono avere ripercussioni pesanti, portando ad alterazioni dei costi per lo sviluppo dello stesso progetto o addirittura invalidarne il risultato. "Immaginiamo un progetto di un nuovo prodotto software – dice Gaudioso -. In un mercato che evolve tanto rapidamente come quello It arrivare in ritardo significa proporre al mercato qualcosa di superato che nessuno comprerà". Quindi, è lecito parlare di Roi. "Esistono varie indicazioni sul calcolo del Roi – sostiene Gaudioso – di un attività di Pm. Applicando queste indicazioni si può arrivare a calcolare il beneficio che può derivare dal corretto utilizzo di metodologie e strumenti di Pm, unendo parametri quantitativi a valutazioni qualitative. A nostro avviso la realtà del Pm in Italia è ancora limitata a causa di una scarsa diffusione della cultura della gestione dei progetti. Lo scenario è così immaturo che qualsiasi percentuale di Roi è discutibile. Il Pm è l’unica disciplina applicabile alla gestione dei progetti. Le aziende devono fidarsi del fatto che se lo fanno bene, il Pm le ripagherà con un Roi che è fatto di qualità, immagine, tempestività e, forse, riduzione dei costi".

Ibm, "l’anti-Roi"


Per Marcella Bagliani, senior Pm di Ibm Business Consulting Services, "il Project management è l’organizzazione delle attività progettuali fatte di conoscenza, competenze, strumenti e tecniche. Il raggiungimento o il superamento delle necessità e aspettative dei committenti del progetto, implica il bilanciamento fra obiettivi, tempo, costi, qualità, requisiti identificati e non identificati. Tenendo conto che l’attuale società è caratterizzata da espansione delle conoscenze, domanda di beni e servizi personalizzati e competitività nella produzione di beni e servizi, i requisiti di conoscenza necessari per gestire questa complessità non possono risiedere in un singolo individuo, ma è necessario un lavoro di gruppo. Questo richiede un alto livello di coordinazione e cooperazione fra i gruppi e un nuovo modello di management". Come, peraltro, stabilisce il Project Management Institute.


L’esperienza di Ibm racconta che le maggiori aziende mondiali hanno sposato questa metodologia e hanno promosso corsi di formazione di certificazione per Project manager per la gestione delle attività. In particolare, per quanto riguarda le aziende informatiche e le aziende di servizi, il Pm è la guida per definire l’obiettivo e le risorse, pianificare il modo in cui ottenere i risultati, definire i criteri di valutazione, controllare le varianze rispetto al pianificato e valutare l’obiettivo. "La nostra offerta – dice Bagliani – copre servizi a tutto campo, da soluzioni progettuali chiavi in mano a servizi di outsourcing ed è rivolta alle aziende di tutti i settori d’industria. In queste realtà la Business intelligence è finalizzata a consolidare i risultati, rendere disponibili i dati per il controllo di gestione, costruire modelli per simulare l’evoluzione aziendale. La messa a punto di strumenti di Bi può richiedere di intervenire sui processi aziendali con l’avvio di progetti complessi che necessitano, quindi, la gestione da parte di un Project manager".


Quanto alle risorse economiche da stimare e impegnare in un progetto, Bagliani non ha dubbi: "Sono uno dei vincoli nell’affrontare qualunque progetto, ma i fattori chiave da valutare sono gli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere e l’impatto che l’organizzazione dello stesso avrà sull’azienda. L’orientamento del progetto, quindi, è diverso in funzione dell’organizzazione aziendale in cui è inserito. Le tre principali forme di struttura organizzativa sono quella funzionale classica, quella progettizzata, e quella a matrice. Attualmente l’orientamento generale è verso la forma a matrice, in cui anche le organizzazioni funzionali possono creare gruppi speciali per gestire i progetti con modalità simili alle organizzazioni progettizzate. Nella realtà delle aziende che lavorano per commessa, organizzate per progetti, il Project manager si ripaga con la garanzia della qualità dei risultati e con il mantenimento dei costi nel budget previsto".


A supporto di una così completa teorizzazione, ci sono le esperienze condotte da Ibm sotto il cappello del Pm, come il programma Comunità virtuale di apprendimento, "Sistemi Formativi Confindustria: Formazione e Imprenditorialità nel Mezzogiorno", fatto per il Miur, o la realizzazione dell’applicazione "Sistema per l’Automazione degli Uffici nei Depositi (Saud)" e dell’intera piattaforma tecnologica di supporto, per due industrie petrolifere italiane.


Anche per Ibm il tempo è, insieme agli obiettivi, il pilastro su cui si fonda il Pm. "Il tempo – dice Bagliani – scandisce il ciclo di vita del progetto ed è correlato a una sequenza di fasi composte da una o più attività, come indica la metodologia del Pmi. Più in generale, è il perno per la relazione più innovativa nell’ambito del Pm, la Earned Value Analysis".


Tutto questo sembrerebbe far rima con Roi… "La valutazione di un progetto deve considerare quattro fattori: la rispondenza del risultato agli obiettivi, il rispetto dei tempi, l‘adeguato utilizzo delle risorse, il grado di soddisfazione. Il Pm è una metodologia basata sulla gestione non solo di fattori razionali, ma anche relazionali, come le dinamiche di gruppo. Se le attività del progetto fossero ripetitive, con tempificazioni pianificabili e collaudati criteri di valutazione del risultato, non vi sarebbe la necessità di applicare il Pm, ma sarebbe sufficiente applicare normali controlli di qualità". Quindi, l’esigenza di un’attività di Pm è legata alla domanda del mercato di una metodologia di gestione che permetta di far fronte al livello di imprevedibilità di un progetto. E un indicatore finanziario come il Roi, per misurare un’attività di management è meno applicabile che non dei misuratori di performance che evidenzino lo stato, il progresso e la previsione dell’andamento del progetto.

La progettualità Avanade…


Avanade ha 10 persone coinvolte nel project management, che applicano la metodologia proprietaria dell’azienda, Sdm (Solution delivery metodology). Sostiene Danilo Belletti, practice director della società nata da Accenture e Microsoft, che "un progetto tecnologico, senza un’anima di Pm, non va da nessuna parte. Il Pm è la gestione ottimizzata di budget, processi e persone, tesa a raggiungere un obiettivo a valore aggiunto, nello sviluppo di soluzioni It".


Avanade, infatti, pensa che il progetto sia di proprietà del cliente, e deve fungere da braccio per agguantare gli obiettivi. Il project manager di Avanade partecipa sin dalla fase di definizione del progetto, quantifica programmi e metodi, proponendo un budget. A contratto approvato, il Pm tiene d’occhio lo Sla del progetto, puntando alla consegna on-time e on- budget.


"Avanade – dice Belletti – è un integratore tecnologico di soluzioni sviluppate su piattaforma Microsoft. Le realtà a cui si riferisce sono quelle tipiche dei comparti assicurativo, bancario, high-tech e manifatturiero. Sono i clienti top di Microsoft, cioè quelli della fascia altissima. I progetti che crea coinvolgono almeno due persone, per minimo un mese".


Anche per Avanade esiste spazio per unire le "destinazioni d’uso" di Pm e Bi in un’osmosi efficientista. "La confluenza di Pm e Bi – osserva Belletti – nella stessa sfera metodologica è rappresentabile con tre esempi. Il primo è quello di progetti esclusivamente dedicati alla Bi. Per questi progetti creiamo strutture di dati e proponiamo tool che consentono l’aggregazione dinamica dei dati e la creazione di cruscotti aziendali. Il secondo riguarda i progetti che riguardano la realizzazione di riportistica capace di far verificare online e in tempo reale l’andamento delle applicazioni di monitoraggio. Tipicamente, si tratta di soluzioni per il controllo degli ordini. Il terzo caso è quello delle soluzioni di rapporto per i top executive. In questo caso, il nostro Pm è fondamentalmente votato alla Bi".


Ma come si parte con un progetto e come lo si valuta? "Una società seria – dice Belletti – costruisce i contenuti del progetto partendo da esigenze di business. La valutazione economica non sempre viene fatta dal Pm incaricato di Avanade, e può essere proposta anche dallo stesso cliente, che in questo modo fissa i parametri di Roi. Teniamo presente che oggi il ritorno dell’investimento di un progetto è previsto nell’arco di un anno, mentre fino a qualche anno fa, si avevano tassi di Roi del 35-40% annui. Un progetto, insomma, ci metteva dai due ai tre anni per ripagarsi. Per calcolare il Roi del Pm in campo It, ci sono tool validi che contemplano i valori tangibili, facilmente calcolabili, e intangibili, di più difficile computazione, dato che devono considerare fattori come l’efficienza e l’efficacia dell’operazione e la qualità del dato nell’infrastruttura It. Avanade, comunque, ha i propri strumenti per il calcolo del Roi. Nelle aziende consolidate ci si aspetta la qualità entro tempi concordabili. Nell’high-tech, invece, la mutevolezza del mercato fa vincere la variabile tempo".

…chiama in causa Microsoft


Da Avanade a Microsoft il passo è breve. Per Vincenzo Campanale, Pm office & Project Smb di Microsoft, "esistono vari tipi di definizione di Pm, e noi non ne adottiamo una specifica. C’è chi, come il Politecnico di Milano, ritiene che il Pm sia legato al tempo, alla pianificazione, alla gestione e alla valutazione dello stato di attività e delle risorse impiegate in un progetto. C’è poi chi, come il Pmi (Project management institute, ndr), ritiene che ci si debba rifare sempre al tempo, con una dimensione meno dipendente dalla fase operativa. E noi ci sentiamo più vicini al Pmi".


In sostanza, Microsoft, avendo una propria soluzione di Pm, non può legarsi a una teoria, mentre invece si può ispirare a regole, come appunto sono quelle del Pmi, realizzando proprie metodologie. "I rapporti che abbiamo avuto con i vari Pm in Italia – dice Campanale – ci dicono che il livello teorico è una cosa, mentre la realtà è un’altra. Non sempre ci si attiene ai dettami della certificazione del Pmi. Anche noi, per l’Enterprise project management, usiamo metodologie, che partono dal Pmi, ma sono nostre originali".


Microsoft, dunque, vive due realtà: il prodotto e la consulenza. Secondo questa seconda via, la divisione consulting sviluppa progetti. La strada del prodotto porta a creare soluzioni e servizi per il Pm, dando strumenti che siano di supporto. Gli stessi strumenti, poi, sono usati dalla divisione consulting, da Avanade e da partner, come Getronics ed Etnoteam. Il prodotto in sé, Microsoft Project, ha una versione standard e una più ampia, che prevede servizi di consulenza e la costruzione di un’architettura server che fa perno sulle funzioni di Sql.


Chiamato in causa Sql, viene automatico pensare alla Business intelligence. "Si tende – dice Campanale – all’integrazione totale fra Pm e Bi. Al momento la piattaforma fornisce solo alcuni strumenti di Bi al Pm. Ma nell’accezione più alta, la Bi deve svolgere un ruolo cardine per il Pm. Non dimentichiamo che Project Server fa l’analisi di progetti mediante Olap server di Sql". In materia del rispetto di costi e tempi, Campanale è sincero: "Le progettazioni sono a capacità finita e a capacità illimitata. Alla teoria piace la seconda. Alla pratica, la prima. Un Project manager si trova a lavorare sempre con un budget predefinito. Nella gestione di un progetto non bisogna farsi fare prigionieri dal tempo, ma è necessario coniugarlo con gli altri fattori che concorrono al Tco. In tale ambito, il Roi lo decide il cliente. Nel Pm, il Roi è dato dal rispetto degli obiettivi, nei tempi e nei costi previsti. Il tempo è semplice da calcolare, così come lo sono i costi. La difficoltà è data dalla qualità degli obiettivi".

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