La forza lavoro invecchia. Un’occasione per migliorare

Per Assochange, i lavoratori over 50 rappresentano un punto di partenza per attuare un cambiamento, soprattutto di idee

Il “workforce ageing”, vale a dire l’invecchiamento della forza lavoro italiana, è una questione che non riguarda unicamente il settore risorse umane, ma deve coinvolgere l’intera impresa,dipendenti compresi. Bisogna operare in un’ottica di variabilità e flessibilità, non solo di lavoro, ma soprattutto a livello organizzativo. Se l’azienda vuole continuare a crescere è necessario riqualificare, educare al cambiamento e valorizzare le competenze, inserendole in nuovi contesti.


Queste riflessioni hanno spinto Assochange (Associazione Italiana di Change Management) a svolgere un’indagine conoscitiva sulle condizioni di gestione del personale over 50, realizzata presso imprese proprie associate, per un totale di 32.000 persone. Ne è emerso che i lavoratori con più di 50 anni vantano maggiori competenze tecnico-professionali, sono persone con senso di responsabilità e che si allineano meglio alla logica dell’azienda. Per quanto riguarda le carenze, sembra che abbiano poca flessibilità, creatività e attitudine all’innovazione.


Che, invece, siano solo stereotipi? Questa è stata la provocazione di Gianni Maria Strada, direttore del personale di Unisys Italia, intervenuto al convegno di presentazione dello studio, che ritiene i pregiudizi sull’argomento un potenziale ostacolo alla soluzione del problema. «Non è necessario fare grandi cose – dice -. Basta poco ed educare tutti, non solo gli over 50, a essere più consapevoli del proprio ruolo, a capire in anticipo cosa l’azienda si aspetta. Bisogna rendersi conto che oggi la crescita è un fatto individuale. Bisogna recuperare la propria identità in relazione alle esigenze dell’azienda». La difficoltà della questione è, però, reale, ancor più se si considera il contesto in cui si inserisce. Lo scenario è contraddittorio, si è troppo “vecchi” a 50 anni e troppo giovani a 30, gli under 35, infatti, tendono a non essere considerati abbastanza maturi. Più l’economia si fonda sulla conoscenza, meno sembra valorizzata l’esperienza e la potenzialità delle classi di età mature. Inoltre, le organizzazioni diventano sempre più complesse, ma c’è meno tempo per imparare. I dati sono chiari: la vita si è significativamente allungata e la percentuale degli over 50 in azienda è destinata a crescere. Nel 2050 nel mondo ci sarà il sorpasso sulla generazione under 15. In Italia è già avvenuto. Eppure il fenomeno non è abbastanza percepito. In questo la formazione e l’educazione giocano un ruolo essenziale, sono gli strumenti per trasformare un problema in un’opportunità, e per creare persone sempre in grado di modificarsi e migliorarsi.


Anche Marco Beltrami, Associate Partner Ibm Gbs, individua nella movimentazione dei ruoli all’interno dell’azienda un fattore strategico. «Sarebbe opportuno l’inserimento di una comunicazione interna per fasce d’età – spiega – poiché il legame tra queste e le competenze esiste ed è molto stretto. Le indagini mostrano che è una questione urgente, capire in tempo cosa vuol dire arrivare prima e governare il cambiamento».


Ma, come ricorda Giuseppe Soda, professore dell’Università Commerciale “Luigi Bocconi”, «la flessibilità ha un limite». Forse, a muoversi non devono essere solo le persone, ma anche l’organizzazione della struttura aziendale.

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