La dura lotta dell’Artigiano. Con l’idea ma senza i soldi

C’è il brevetto, ma trovare i finanziamenti è praticamente impossibile. Il problema è la dimensione d’impresa. Lui è da solo

All’Artigiano quella notizia non è piaciuta. Non che ce l’abbia in particolare con Intesa Sanpaolo, ma quando sente parlare di finanziamenti alle microimprese gli salta la mosca al naso. Di false promesse e bei discorsi ne ha sentiti anche troppi.


Perché lui ha una storia alle spalle fatta di idee, progetti che si sono regolarmente scontrate con la mancanza di finanziamenti o con le grandi imprese preoccupate di mettersi in affari con l’Artigiano solitario.


Ma se la Grande Impresa rinuncia a produrre un propulsore meno inquinante perché “li useremo quando saremo costretti a ridurre le emissioni” (a occhio e croce il momento dovrebbe essere arrivato) sono problemi suoi. Molto più grave per il Sistema Paese è se l’Artigiano non riesce a trovare un euro di finanziamento. E il problema non è che lui viene considerato il solito inventore pazzo con idee strampalate, ma che è solo, piccolo, ramingo.


L’Artigiano ne ha tentate tante e a richiesta emette un lungo elenco di indirizzi Internet di banche e altri enti con proposte per le aziende di minori dimensioni. “Contattando Regioni, banche, o Agenzie europee, in molti casi si viene a conoscenza della totale assenza di finanziamenti per l’Artigianato. Oppure l’esiguità del bando sconsiglia di effettuare la richiesta tramite società specializzate perché la pratica diventerebbe troppo onerosa”.


Bisogna tenere conto, osserva, che che il finanziamento deve rispecchiare le reali esigenze del progetto che comprendono il deposito del brevetto, la costruzione di prototipi, le prove, l’acquisizione di software specifici. “Mi sembra poco realistico pensare che con modiche cifre, (20/30 ma anche 100 mila euro), uno possa fare tutto questo”.


Poi succede che il governo scozzese indica il “Saltire prize” e insieme al figlio (è lui il vero Artigiano) decide di provare con un brevetto per produrre energia dal moto ondoso.


Il protagonista della nostra storia sviluppa un progetto per un sistema che riesce a sfruttare l’intero profilo delle onde, mantenendo in costante rotazione i generatori per la produzione di energia. Il tutto in spazi limitati e adattando l’impiego al tipo di moto ondoso o alle esigenze del sito. Unico italiano in gara, l’Artigiano aveva provato a sondare anche qualche ministero italico. “Ma le mail sono rimaste inevase, mentre in Scozia quando ho contattato il primo ministro (anche la Scozia pur facendo parte della Gran Bretagna ha un suo primo ministro, ndr) e il suo team ho ricevuto risposte certe e rapide. Anche con alcune banche italiane ho avuto contatti, e con un grande istituto di credito un scambio diretto”. Ma il problema è sempre quello: la dimensione d’impresa. “In realtà noi dovremmo vendere l’idea a qualche grande gruppo, perché i piccoli non hanno l’opportunità di diventare grandi”. Chissà cosa ne sarebbe stato di Google in Italia.


Forse la differenza sta solo nel diverso utilizzo dei garage. Negli Usa li utilizzano per metterci dentro le start up, noi le auto.


Adesso c’è un contatto aperto con l’Apre (agenzia per la promozione e la ricerca europea) che presenta anche all’estero il nostro prodotto. “L’ideale sarebbe trovare non chi dà il denaro a titolo gratuito, ma chi realizzando anche un solo impianto pilota dimostrativo consenta all’idea di promuoversi ed essere visibile. La cosa divertente – prosegue – è che all’estero almeno credono in questa idea, mentre in Italia ti sovvenzionano solo se il partner è l’università o il centro di ricerca”.


E allora perché non ha cercato un contatto di questo tipo? “Fatto. Mi sono recato presso la facoltà di Meccanica convinto che la semplicità dell’idea potesse fornire un vantaggio enorme per la partecipazione dei ricercatori. Si sono presi una decina di giorni per analizzare la questione e poi hanno detto che solo con un prototipo avrebbero potuto dare un parere definitivo. Restavano in attesa”.


Ultimamente quando prova a sondare il terreno per qualche finaziamento, (e gli dicono subito che per gli artigiani non c’è nulla), “specifichiamo che siamo disposti anche a trasformarci in società di capitale, allora già ci ascoltano di più e richiedono documentazione”.


Però alcuni bandi danno, il 50% o il 60% e il resto deve metterlo chi è finanziato, oltre alle garanzie per la restituzione.


Il tentativo di unirsi, con qualcuno a titolo societario o per proporre il progetto, insiste l’Artigiano, in Italia è molto pericoloso.


L’espressione “fare sistema” con la variante “fare gruppo”, infatti, è leggermente abusata e in genere “chi le utilizza o non ha mai provato ad avere Snc o una Srl”.


Nelle Snc si risponde in qualità di soci anche per conto degli altri che fanno parte della compagine-sociale, “onesti o disonesti che siano, (non si può sapere prima, purtroppo)”.


“Molte volte quando qualcuno t’invita a far parte di una Srl, o hai il 51%, oppure se sei in minoranza a breve l’idea non sarà più tua, e assicuro che non è pessimismo, trattasi di puro realismo”.


È molto più semplice, senza innamorarsi molto dei progetti, cercare di procedere con calma, analizzando le possibilità, e se proprio non ci sono appoggi politici, finanziamenti bancari, regionali, europei, ecc., “non fa niente. Ma che non si sentano banche o altri sbandierare finanziamenti per la piccola impresa. O non esistono o sono briciole con le quali a mala pena ci comperi la cassetta dei ferri”.


Se hai idee anche molto innovative e sei piccolo – è l’amara conclusione – è meglio farci sopra una dormita.
“Ci si guadagna molto di più”.

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