La comunicazione tra impresa e dipendenti migliora con un sito B2E

Il portale aziendale deve rientrare in un disegno complessivo che proponga una visione sistemica del tema della gestione delle Hr. Le versioni più evolute consentono ai lavoratori di svolgere numerose funzioni in modo autonomo, facilitando il lavoro di chi segue l’area.

La gestione delle risorse umane è stata tradizionalmente affrontata per campagne, per tematiche specifiche come l’acquisizione dei talenti, la formazione e la valutazione, l’identificazione degli high potential e così via. Tutte queste problematiche sono rilevanti, ma solo se trattate nell’ambito di un disegno complessivo che proponga una visione sistemica del tema della gestione del capitale umano. “Ragionare per silos – tiene a sottolineare Lucio Fumagalli, amministratore delegato di Tess e responsabile italiano di Accenture Human Resources Services – comporta il rischio di avere grandi aspettative su alcuni temi, che poi non trovano conferma, così come di fare investimenti non dimensionati, ridondanti su alcune aree e carenti su altre magari molto rilevanti”. Dopo che per anni si è detto che le risorse umane erano centrali rispetto alle problematiche aziendali, i processi e la complessità legata a queste attività sono cresciuti. Le aziende sono sottoposte, infatti, a continue pressioni competitive, che spingono al cambiamento e il tema dell’acquisizione delle risorse migliori, della manutenzione delle competenze, della gestione costante del processo di riadattamento delle risorse aziendali ai contesti che cambiano diventa centrale. Tanto più variabile è il contesto, quindi, tanto più importante diventa dotarsi di soluzioni organizzative e strumenti informatici adeguati. “Più che nei satelliti applicativi che girano attorno a un sistema centrale, è negli Erp aziendali che trova fondamento una visione sistemica e processiva della gestione delle risorse umane – prosegue il manager -. Si tratta di soluzioni integrate per il governo dei processi di amministrazione, gestione e sviluppo di questi che sono i più importanti asset aziendali. Gli Erp sono un elemento abilitante di questa visione, che permettono anche un contenimento dei costi in quanto impongono l’integrazione delle strutture, dei singoli processi e sottoprocessi”.


Questi strumenti hanno consentito il superamento della tradizionale dicotomia tra la parte transattiva (di amministrazione e payroll) e quella a maggior valore aggiunto (ovvero lo sviluppo delle professionalità). In questo senso, quindi, Erp fa rima con Erm. Le aziende che identificano al loro interno delle direzioni focalizzate sulla “strategia delle persone”, quindi pienamente in grado di gestire tutte le componenti sia economiche che qualitative (qual è il dimensionamento giusto, come improntare i percorsi di carriera) pongono già il primo mattone per un approccio omnicomprensivo. “Sotto a questo aspetto, però – chiarisce Fumagalli – c’è una macchina di back office, che può eventualmente essere esternalizzata o accentrata in servizi condivisi, che si deve preoccupare di garantire che tutti i processi operativi siano perfettamente in linea”. In questo senso, sull’anagrafica master dell’Erp poggiano i diversi moduli, tra loro rigorosamente integrati e molto spesso il tutto è basato su un modello approfondito ed esteso delle competenze. Questo serve a evitare quello che succede oggi in molte realtà, dove tutti i dati inseriti e lavorati per ricercare le persone sul mercato non vengono socializzati, confrontati e incrociati con l’area con la quale sarebbe più facile trovare le informazioni come quella relativa alle ricerche retributive. In quest’ottica, anche il ricorso alle componenti di servizio autonomo svolgono un ruolo di primo piano. I portali business-to-employee, infatti, stanno iniziando a prendere piede anche presso le realtà di medie dimensioni.

Un punto di riferimento


Nel tempo, tuttavia, il sito B2E ha assunto la valenza di unico punto di accesso aziendale alla conoscenza prodotta in seno all’organizzazione, sotto forma di competenze acquisite, sia internamente che esternamente, di informazioni e contenuti di formazione. Oggi, dopo alcuni anni di sviluppo frenetico di questi strumenti, è possibile cogliere alcuni tratti del fenomeno. “Anzitutto, il corporate portal – chiarisce Fumagalli – ha ovunque prodotto l’indubbio beneficio di migliorare la comunicazione verso i lavoratori. A prescindere dalla ricchezza dei contenuti, anche nelle esperienze meno significative, la creazione di un sito B2E ha, in ogni caso, creato un legame con i dipendenti, occupando uno spazio che prima di fatto era vuoto o al limite occupato da newsletter cartacee non sempre puntuali e aggiornate”.


D’altro canto, però, alcune esperienze si sono rivelate piuttosto deludenti, in quanto non sono state sviluppate a pieno le potenzialità dello strumento. Il portale aziendale che si rivolge ai dipendenti assorbe, infatti, risorse sia per l’aggiornamento e l’organizzazione della conoscenza online sia nella fase, molto più delicata, di compenetrazione con i processi aziendali. Le funzionalità più evolute dei portali aziendali, in cui gli utenti svolgono autonomamente, sfruttando la componente di self service insita nelle applicazioni, parte dei processi aziendali, possono tuttavia essere gestite o da aree funzionali deputate o, addirittura, demandate a partner esterni, esperti, che si occupano di tenere costantemente aggiornati i contenuti online. “Si tratta di un grande paradigma di cambiamento – ha concluso Fumagalli -. Il problema, per le aziende, è di gestire popolazioni vaste attraverso meccanismi che prevedono il superamento di una visione delle relazioni organizzative in ottica esclusivamente gerarchica”.

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