La business transformation rilancia il mercato dei server

Il settore riparte, spostando il focus dal consolidamento verso architetture di tipo scale out, mentre Linux cresce e pone le basi per un radicamento futuro anche sulle Pmi. Gianfranco Previtera, vice president Server Group di Ibm, ci spiega le strategie avviate da Big Blue.

Il 2004 si è aperto all’insegna di buoni risultati per il mercato dei server, in cui si preannunciano i vantaggi derivanti dalla concretizzazione di sviluppi tecnologici già da tempo all’attenzione del mercato e legati all’evoluzione dei sistemi operativi, all’open source, all’adozione di architetture blade e alla messa a punto di nuovi processori. Linea Edp ha discusso questi temi con Gianfranco Previtera, vice president Server Group di Ibm.


Come valuta l’anno passato e quali sono i segnali per il 2004?


“Il 2003 è stato un anno molto importante perché, pur in un mercato difficile e severo, è stato quello in cui si sono cominciate a intravedere le prime reazioni positive del mercato. Il business che è arrivato alla maturità è il puro “cost cutting” indirizzato al consolidamento. Il 2003 ha fatto rivedere la tendenza a reinvestire in soluzioni per il futuro e l’inizio del 2004 la sta confermando. I clienti cominciano a pensare ai progetti pluriennali e alle previsioni per il futuro, segni quindi positivi. Ovviamente tutto questo avviene in un’ottica diversa rispetto a quando il mercato cresceva in modo esasperato e anche questo è un buon segno, perché significa che le aziende hanno selezionato quelli che sono i processi strategici e messo in atto, o almeno progettato, i processi di business transformation”.


Quali sono le evoluzioni in corso nell’ambito delle infrastrutture?


“I temi fondamentali sono due. Il primo è l’open source che, da fenomeno “universitario”, sta diventando una realtà di business. Attualmente sono pochi i nostri clienti che, di fronte a una possibile alternativa Linux per un disegno infrastrutturale, si rifiutano di prenderla in considerazione e di discuterne; poi non tutti decidono di fare un passo in questa direzione, ma questo significa che Linux e il concetto di open source stanno entrando radicalmente nel pensiero della gente che fa It. Il secondo aspetto riguarda il concetto di variabilizzazione dei costi, che è alla base del business on demand. Su questi due pilastri si sta sviluppando il mondo delle nuove infrastrutture con i nuovi modelli di fare computing o di un approccio di tipo “scale out”. Anziché semplicemente tagliare i costi e consolidare su un grande sistema per abbattere la complessità, si può scegliere, per esempio, un’architettura blade che è scalabile e molto semplice da utilizzare”.


Non si è avuto un rallentamento dopo un inizio promettente?


“Non dal nostro punto di vista. In termini di crescita le vendite blade hanno registrato aumenti a due cifre, di fronte a un mercato che cresce poco o non cresce. Il fatto di avere una vocazione sull’It a 360 gradi sta portando Ibm a ottimizzare quella che è la catena del valore. Blade per noi non significa solo un disegno architetturale hardware ma, attraverso Tivoli, anche l’introduzione di funzioni di sicurezza e gestibilità e la realizzazione degli strati software di middleware, molti dei quali sono già integrati nei sistemi”.


Il business on demand attualmente si concretizza principalmente nel capacity on demand?


“Muoversi verso il business on demand significa incominciare a considerare l’azienda in una nuova logica, attuando un processo di business transformation e cominciando, per esempio, a preparare le infrastrutture. Capacity on demand può essere un passo iniziale, per passare a una fase orientata alla variabilizzazione dei costi dei processi e per arrivare, probabilmente tra 5 o 10 anni, a una fase finale in cui l’azienda viene veramente abilitata a essere on demand. Questo è un percorso che dura nel tempo e per andare avanti ci vogliono certezze: devo essere certo che la roadmap sia coerente nel futuro, con il processo messo in atto adesso.


Come è distribuito il business dei server Ibm in Italia rispetto alle aziende piccole e medie? L’open source e Linux, che in prospettiva permettono di risparmiare, di fatto, non fanno fatica a entrare nelle aziende più piccole che hanno meno know how interno?


“Nell’ambito server Ibm realizza oltre il 30% del business con le piccole e medie aziende, che hanno un fatturato inferiore a 100 milioni di dollari. Si tratta di una componente importante e che ci porta anche ad avere una penetrazione importante sul mercato Intel. Riguardo a Linux, mi sento di dire che l’adozione di un sistema operativo è un problema culturale, non di dimensione. Microsoft ha creato una cultura forte intorno ai propri prodotti, tale per cui molti li conoscevano e li adottavano. Penso che Linux, che è già


in fortissima crescita, si diffonderà ulteriormente nel momento in cui entreranno nel mondo del lavoro i protagonisti della cultura in cui questo sistema operativo si è radicato, che è l’università”.


Chi vi dà fastidio nel mercato dell’open source?


“È un mercato che si sta creando, tutti e nessuno”.


Nel futuro di Linux vedete una segmentazione delle aziende attorno ad aspetti specifici?


“Pensiamo di sì, ma ci sentiamo tranquilli perché avendo deciso da tempo che il nostro futuro prevede Linux, abbiamo il vantaggio di avere cominciato a lavorare non solo sulle piattaforma hardware, ma anche sul middleware, sul software di office o di produttività. Oggi tutti i nostri prodotti e sistemi sono predisposti per Linux. A un certo punto il mercato sceglierà ciò che ritiene giusto e avendo investito per tempo, siamo pronti per quello che avverrà. Sarà un mercato competitivo in cui si creeranno e romperanno alleanze. Linux sta semplicemente creando un fenomeno di riapertura attorno ad aspetti abbastanza standardizzati e questo è un vantaggio per tutti”.


Quanto vi disturba la nuova Hp?


“Più che darci fastidio, Hp è un’azienda con cui ci confrontiamo e che per dimensioni è l’unica simile a Ibm. Penso che ci sia rispetto reciproco; noi abbiamo tante carte che stiamo giocando e i risultati ci premiano. Loro stanno facendo scelte forti quali Itanium 2, dietro a cui ci sono sia certezze che incertezze e bisogna vedere come si concretizzeranno. Oggi noi crediamo di poter dare più garanzie di continuità visto che proseguiamo a sviluppare filoni architetturali che avevamo già sviluppato nel passato”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome