Knowledge Management 2002. Cresce il dibattito sulla conoscenza

Il quinto Forum sulla gestione del patrimonio informativo in azienda ha puntato i riflettori sulle proposte metodologiche e tecnologiche, teoriche e pratiche, delle organizzazioni impegnate a offrire soluzioni di Km, anche verticalizzate

Occasione deputata all’approfondimento delle
proposte metodologiche e tecnologiche sviluppate dalle organizzazioni che
offrono soluzioni di Km, il Knowledge Management 2002 (5° Forum sulla
gestione della conoscenza organizzato da Jekpot) ha dato risposte concrete
alle esigenze di implementazione all’interno di una o più unità operative
aziendali. Dave Snowden, direttore europeo dell’Institute for Knowledge
Management di Ibm, ha contribuito al dibattito ripercorrendo la storia del
Km, nato come reazione al Business process reenginering che, in nome
dell’efficienza, aveva annullato le prerogative dell’uomo.
Da qui
l’importanza della gestione dei contesti e delle storie personali per
gestire al meglio i contenuti in rapporto alle esigenze. Concetti delicati
che evidenziano come non sia semplice affrontare l’argomento Km. Ma, essendo
una moda, tutti ne parlano, anche a sproposito o con il solo scopo di
vendere un prodotto.
Per capire il reale significato del Knowledge
management, delle teorie e dei corretti approcci al mercato, emerge
l’opportunità di scegliere un’impostazione teorico-procedurale indipendente
da consulenti e fornitori di tecnologie. I primi sono impegnati ad
aiutare le aziende al cambiamento culturale dei relativi collaboratori,
quindi a ridefinire i ruoli organizzativi, i secondi a supportare i processi
di gestione della conoscenza, cioè di dati, informazioni, competenze e altre
conoscenze, tangibili e intangibili, che costituiscono il patrimonio
informativo e intellettuale di un’organizzazione.

Come rappresentare il
sapere
Oreste Signore, responsabile dell’ufficio italiano del W3C,
ha proposto il Resource Description Framework come strumento per
rappresentare la conoscenza, in particolare sul Web, in quanto l’Rdf è
la base per la codifica, lo scambio e il riutilizzo di metadati strutturati.
Il tool consente l’interoperabilità tra applicazioni che, in Rete, si
scambiano informazioni comprensibili per le macchine collegate. Ciò assume
ancora più peso nell’attuale situazione di evoluzione di Internet verso il
semantic Web nella quale uno dei problemi fondamentali è costituitio
dall’accesso all’informazione distribuita. Concetto questo, sul quale si è
focalizzato anche Matteo Bonifacio, responsabile del progetto Edamok presso
l’Irst-Università di Trento, secondo il quale la centralizzazione del sapere
è sbagliata in quanto toglie valore alle diversità, all’eterogeneità e
all’autonomia su cui deve invece fondarsi la gestione della conoscenza
nelle organizzazioni, soprattutto se caratterizzate da ambienti turbolenti e
dinamici.
Sostanzialmente allineato sul concetto di Knowledge management distribuito ma con focus particolare sulla centralizzazione di un sapere
federato è, invece, Giuseppe Marengon, e-manufacturing marketing director di
Hewlett-Packard. Per il manager, la realizzazione dell’enterprise knowledge
portal rappresenta uno strumento di grande utilità per tutti i dipendenti di
una società, come dimostra l’esperienza stessa di Hewlett-Packard con @Hp.
Il corporate portal, infatti, racchiude molteplici sistemi informativi
per la condivisione della conoscenza e dei processi rilevanti,
accessibili da un portale che integra diverse applicazioni interne e
procedure aziendali allo scopo di facilitare, razionalizzare e rendere
omogeneo l’accesso e l’utilizzo dell’intero patrimonio
informativo.
«I contenuti dei vari sistemi informativi rappresentano
altrettanti canali tematici da gestire secondo modalità anche simili a
quelle di una televisione
», ha ricordato David Bogi, responsabile per
le strategie dei palinsesti di una società di broadcasting televisivo
come Raisat che ha come core, appunto, i canali tematici. Oltre ai
contenuti, ovvero alla conoscenza esplicita, il Knowledge management è
utile per la gestione della conoscenza tacita, come ha evidenziato Monica
Beltrametti, responsabile del centro di ricerca europeo di Xerox, che vede
nel Km una disciplina in grado di creare un ambiente dinamico di lavoro e di
apprendimento che favorisce un processo continuo di creazione, condivisione
e uso della conoscenza nelle organizzazioni, per lo sviluppo di nuovo valore
aziendale. In quest’ottica, le persone e le loro modalità di lavoro devono
essere al centro delle metodologie di Km, che enfatizzano l’importanza della
co-progettazione con il cliente e utilizzano le tecnologie informatiche
come supporto, basandosi sulla comprensione dell’ambiente di lavoro, della
struttura organizzativa, delle motivazioni e delle frustrazioni degli
utenti. In particolare, le “community of practice” informali e auto-motivate
hanno un ruolo chiave nel mantenere attivi i processi di creazione e
utilizzo della conoscenza e Xerox Linklite rappresenta uno strumento che
aiuta a raccogliere, sistematizzare e redistribuire nuova conoscenza
generata sul campo.

L’importanza delle risorse
umane
L’equilibrio tra gli aspetti legati alla gestione delle
persone e quelli relativi ai bisogni della collettività e delle singole
organizzazioni rappresenta la sintesi necessaria per migliorare il
livello di competitività e per raggiungere gli obiettivi organizzativi.
E tra le risorse, al primo posto spiccano quelle umane. Sulla loro gestione
in un organismo internazionale, Franco Bigi, acting director Dg Information
Society della Commissione europea, ha sottolineato una serie di parametri
per la valutazione delle prestazioni del personale come stimolo alla
discussione sulle modalità di coinvolgimento del personale alla condivisione
della conoscenza.
Luigi Amati, Ceo di Meta Group e speaker per conto del
Consorzio Pisa Ricerche, esaminando il Km in alcuni casi internazionali di
piccole e medie imprese, ha messo in luce, da un lato, una sostanziale
assenza del Knowledge management in queste realtà ma, dall’altro, una
crescente attenzione delle stesse verso le problematiche sottese,
soprattutto sotto il profilo dei distretti industriali che potrebbero
rappresentare il principale ambiente collaborativo dove sviluppare e
attingere innovazione, anche sotto forma di informazioni
strategiche.
Fondamentale, al fine di fare un corretto Km e quindi di
abilitare il successo di progetti di gestione della conoscenza, è il
rispetto dell’etica. In particolare, «i principi indicati nella carta
dei valori delle imprese costituiscono un vantaggio competitivo
importante
– ha affermato Franco Molinari di Federmanager -. La
diffusione dell’esigenza etica nel mondo degli affari influenza il modo
di fare business in tutte le sue fasi, mentre il conseguimento da parte dei
grossi gruppi internazionali di risultati economici nel rispetto dei vincoli
ambientali e delle leggi sociali è il segnale evidente di un cambiamento non
di tipo evolutivo ma paradigmatico. Il leader illuminato deve, infatti,
sentire sempre più la responsabilità di strategie che diano alla sua azienda
l’immagine di buon cittadino del mondo in cui opera
».
E qualcosa
sembra muoversi davvero in questa direzione. Beltrametti ha rivelato che
Xerox ha introdotto da pochi mesi dei meccanismi per assicurarsi che manager
e impiegati seguano delle regole etiche, parte integrante di tutti i
processi del lavoro.
Fabio Gabbiani, responsabile education di
Hewlett-Packard, ha aggiunto che, per risolvere i problemi di privacy e
trattamento dei dati personali nel corporate portal @Hp, l’onere progettuale
per quanto riguarda la realizzazione di tali aspetti è stato affidato non
soltanto al manager It della direzione del personale ma anche a quello
delle relazioni sindacali della direzione industriale, in modo da
ottimizzare il processo, inizialmente lento, poi più veloce a concretizzarsi
grazie alla condivisione delle competenze necessarie.
Sul punto ha
concordato anche Gianfranco Forni di Xerox per il quale la strada è ormai
segnata: cattiva etica, cattivo business.

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