Java-Gpl, i primi commenti

Cosa significa, in pratica, “aprire” Java? Parlano gli sviluppatori di infrastruttura

Cosa può significare, praticamente, avere Java con licenza Gnu Gpl 2?

Abbiamo girato la questione a chi lo utilizza per lavoro, nel senso che sviluppa software e che è da tempo avvezzo a farlo anche con strumenti opensource.

Luca Pecchi, responsabile infrastruttura del portale 01Net.

«Un vantaggio potrebbe essere paragonabile a quello Linux, cioè avere tanti sviluppatori che possono estendere le funzionalità e le potenzialità del mezzo. Un ragionamento simile a quello che si può fare per Solaris. Che vantaggio ha avuto Sun ad aprirlo? Che ha moltiplicato la sua diffusione. Senza contare che così facendo si riducono i costi interni dello sviluppo. Non dimentichiamo che Java, come layer, ha caratteristiche di portabilità e sicurezza, ormai assodate. Ora gli sviluppatori potranno, per esempio, capire se quello che non funziona sta nel loro lavoro o nella tecnologia in se. In entrambi i casi si va a migliorare Java e l’ambiente di sviluppo. Comunque Sun rimarrà la principale base di conoscenza su Java».

Ma, altra questione, chi ha sviluppato sinora, cosa dovrà fare? Aprire tutto?

«Direi non necessariamente: la domanda andrebbe fatta a un legale, più che a un tecnico, ma comunque, come dice la licenza Gpl, quando si parla di software libero, ci si riferisce, appunto, alla libertà, non al prezzo. In termini pratici, comunque, chi usa Linux, che è Gnu Gpl, non necessariamente deve aprire tutto quello sviluppato basandosi su Linux, può comunque creare parti proprietarie. Traslato, dovrebbe valere anche per Java-Gnu Gpl, anche perché ormai Java è diventato, ancor più che un linguaggio, una sorta di para-sistema operativo».

In tema di discriminanti legali e di portata che l’azione di Sun può avere sul fronte pratico, illuminante è il parere di Giacomo Cosenza, di Sinapsi, ma anche esponente di spicco della Free Software Foundation in Italia.

«I dettagli tecnici e legali della decisione di rilasciare in Gplv2 Java Micro Edition e Java Standard Edition – dice Cosenza – saranno importantissimi per cogliere con precisione la portata della scelta di Sun e, soprattutto, per disegnare i possibili scenari che si apriranno per i vari attori delle catene del valore della piattaforma Java. Certo che è comunque un importantissimo e definitivo segnale del fatto che il mondo internazionale dell’It sta cambiando velocemente, radicalmente e dalle sue stesse fondamenta. Le modalità di applicazione del diritto d’autore al software introdotte dalla Fsf nel lontano 1984, di cui nessuno può più oggi mettere in discussione l’impressionante preveggenza, hanno definitivamente varcato la soglia delle grandissime
imprese».

Cosenza, poi, non perde l’occasione di lanciare un monito ai Cio: «È una lezione che dovrebbero metabolizzare molti degli It manager italiani arroccati su posizioni antistoriche, antieconomiche e a volte anche clientelari. Sono posizioni impermeabili alle innovazioni del mercato prima ancora che alle innovazione tecnologiche e rischiano di contribuire alla compromissione definitiva della competitività delle imprese italiane sul mercato globale».

A commento di queste dichiarazioni raccolte a caldo, si puo’ dire che forse Java ha raggiunto il limite fisico dello sviluppo e l’apertura alla comunità di sviluppo va nella direzione di moltiplicarne e procrastinarne le declinazioni.
Aprire Java, poi, può voler dire dargli più possibilità di implementazione, anche laddove la riottosità dei responsabili tecnologici è legata a stilemi comportamentali superati.

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