Interventi di qualità, ma anche risorse informatiche sfruttate al meglio. Non è un’utopia, basta il giusto metodo. Ecco alcune considerazioni in proposito
Itil, CobIt, Six Sigma sono spesso citati, soprattutto dai fornitori di tecnologia, che attribuiscono alla propria offerta (in genere nell’area della gestione dell’infrastruttura informatica) il titolo di “conforme” a questo o a quel particolare framework di presidio dell’It.
Alcuni di questi modelli, come Six Sigma, Lean Production o Iso 9001, tuttavia, sono piuttosto lontani dalle esigenze di miglioramento proprie delle tecnologie It. Itil, invece, è nato specificamente per risolvere le esigenze di efficienza operativa nei servizi informatici, in termini di processi, organizzazione, strutture, ruoli e controlli. Itil sfrutta l’utilizzo di alcune metriche per valutare il livello di qualità dei servigi resi all’organizzazione da parte del team informatico e propone un cammino potenziale verso la qualità “desiderata”.
Attualmente sono oltre 100.000 i professionisti certificati su questa specifica, in prevalenza in Europa, Australia e Canada. «I vantaggi dell’adozione di queste procedure standardizzate sono indiscutibili – esordisce Annamaria Iannelli, consigliere di ItSmf Italia -, soprattutto nel portare ordine e sistematicità alla gestione dell’informatica in azienda e nell’ingegnerizzare i processi». Questo si traduce, in pillole, nel miglior allineamento delle tecnologie alle esigenze degli utenti e dell’azienda, unito a un presidio più stretto dei servizi informatici. Questi ultimi potranno essere gestiti secondo principi di qualità certificata. «Ma nel lungo termine – prosegue Iannelli – questo significa anche riuscire a contenere i costi, sfruttando metodologie standardizzate che consentiranno di creare un linguaggio comune per individuare gli incidenti e i problemi, oltre che di sveltire la loro risoluzione». «Itil – gli fa eco Giuseppe Novello, vice presidente di ItSmf Italia – è un modello che descrive i servizi informativi fondamentali come i processi ed è, quindi, orientato a individuare le attività già svolte in azienda, anche se non formalizzate, confrontandole con i processi definiti e standardizzati dal framework».
La più grande criticità, tuttavia, si riscontra proprio nel riuscire a capire con quali parametri sia possibile dare una valutazione di tipo quantitativo alla qualità dei servizi It offerti che è, invece, per sua natura difficilmente valorizzabile. A favore del framework pesa il fatto che la rivisitazione dei processi avviene in modo neutrale, ovvero senza alcun impatto sull’organizzazione. Dalla fine del 2005, Itil è confluito all’interno di Iso/Iec 20000:2005 (che ha sostituito il precedente Bs 15000) anche se, di fatto, i due framework non sono la stessa cosa. «Adottando Itil – conclude Novello – l’azienda risulta automaticamente conforme anche allo standard Iso 20000 mentre non vale il viceversa. Itil può, tuttavia, facilitare, e non di poco, il processo di certificazione Iso. Di fatto, Iso 20000 contiene una lista di principi ispiratori e di linee guida per una buona erogazione dei servizi It. Al contrario di Itil, però, non offre la possibilità di verificare lo stato di avanzamento rispetto all’obiettivo di miglioramento prefissato a priori».