«Io e il mio doppio»

Gabriele Pozzo, responsabile sistemi di Dierre spiega l’importanza della ridondanza.

A volte basta un fulmine, una centralina che va in tilt e la conseguente mancanza di energia elettrica per scatenare una serie di reazioni che si ripercuotono, con effetti devastanti, sui cicli produttivi delle aziende. Non solo. Le realtà industriali, dislocate in sedi differenti, che basano la loro attività sui servizi erogati tramite infrastrutture di rete, subiscono anche un forte danno dovuto ai disallineamenti di dati sui server centrali. Occorre, quindi, che le aziende si dotino non solo di gruppi di continuità adeguati, ma anche di una strategia di business continuity e disaster recovery tesa a evitare le forti perdite dovute a eventi esterni. Dierre ha subito una forte perdita proprio a causa di un’interruzione della linea elettrica. Un blocco di un giorno e mezzo ha determinato la necessità di un investimento volto a garantire la continuità delle attività in qualsiasi condizione, visto che i 50 impianti di produzione di Dierre dialogano attivamente con i sistemi informativi.


Fondata nel 1978, l’azienda offre porte blindate per esterni e interni e conta circa 1.000 dipendenti. Il sistema produttivo di Dierre è totalmente automatizzato. Un applicativo gestionale è collegato a tutti gli impianti, sorti nei dintorni del quartier generale, situato a Villanova d’Asti. Il blocco dei sistemi informativi in seguito all’ultimo blackout ha causato un crollo in tutta la filiera produttiva, dagli impianti alla distribuzione. «Solo pochi camion sono partiti, con bolle compilate a mano – racconta Gabriele Pozzo, responsabile dei Sistemi informativi in Dierre -. Il downtime è durato dalle 22.30 fino alle 17 del giorno dopo. A queste ore si sono sommati altri 90 minuti, necessari per l’accensione del network e dei sistemi connessi». Si è trattato di un campanello d’allarme più che esplicito, avvertito in un momento in cui la necessità di innovazione tecnologica era già stata collocata al vertice delle priorità di investimento aziendali.


Il concetto chiave del progetto, sviluppato con soluzioni Cisco Systems, è la ridondanza degli apparati, soprattutto considerata la struttura dell’headquarter di Dierre. Questa, infatti, prevede due sedi, ubicate a qualche centinaio di metri l’una dall’altra, divise dall’autostrada. I due edifici sono connessi tramite dorsali in fibra ottica monomodali, posate sotto l’autostrada, con throughput e performance di network teoricamente infinite. «A supporto del router principale, un Cisco Catalyst 6509 dedicato alla gestione dei server e su cui si basa il database – tiene a sottolineare Pozzo -, abbiamo replicato la struttura installando un dispositivo gemello, con Supervisor 720, nella sede separata, che svolge funzioni complementari a quelle del primo. È stata, così, creata una Storage area network, governata da uno switch multilayer Cisco Mds 9216, che permette un accesso continuo verso il sito principale, con funzioni di copertura e allineamento dei dati in caso di downtime di una delle due centrali». E la ridondanza è stata anche pensata per gli applicativi, data la centralità della loro funzione in Dierre. Sfruttando l’architettura implementata, infatti, sono state collocate all’interno dei Catalyst 6509 le schede Cisco Csm (Content Switch Module), grazie alle quali è in funzione un vero e proprio server virtuale, a cui viene indirizzato il traffico dei client che si connettono agli applicativi. In caso di indisponibilità di una delle due sedi, il Csm smista gli utenti del software gestionale e del configuratore di prodotto, entrambi applicativi nevralgici, sulla macchina funzionante, tanto che non si ha la percezione fisica del sito in cui il database è attivo.


«L’architettura di rete comprenderà anche una rete wireless, composta da 2 bridge Cisco Aironet 1300, sulla quale transiterà il traffico mission critical, con un livello di Quality of Service tale da non rischiare la congestione del canale – sottolinea Pozzo -. Questo consentirà la continuità necessaria alla produzione anche in caso di problemi alla fibra». La copertura di servizio riguarda anche un gruppo elettrogeno adeguato alla complessità dell’infrastruttura e alcuni diodi collocati sui bridge, pronti a deviare sulla terra eventuali fulmini.

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