Innovazione. Una via d’uscita al declino

La forza dei mercati emergenti costringerà anche il mondo industrializzato a rivedere i propri paradigmi di produzione e organizzazione

Innovare con passione e ispirazione, è l’invito di Peter Sondergaard, senior vice president di Gartner, rivolto ai partecipanti al recente Symposium di Barcellona.


Sono otto i mega trend individuati dall’analista per il prossimo futuro; accanto all’innovazione, non più solo di prodotto, non più confinata nelle unità di ricerca e sviluppo delle aziende, ma portata nei processi e negli stili di lavoro, ci sono la comunicazione, sempre più capillare e sempre più libera, la tecnologia “socializzante” che promuove la nascita di community, la trasformazione del management It, sempre più vicino al business e sempre meno “tecnologo”, nuovi stili di fruizione delle tecnologie, influenzati anche dalla crescita della generazione dei “digital natives”. Accanto a questi trend, tutti focalizzati sulla vita e l’organizzazione d’impresa, ci sono poi forze esogene che stanno modellando il cambiamento. La profonda trasformazione in atto in numerosi settori industriali, con la revisione delle filiere produttive, la globalizzazione degli approvvigionamenti e della domanda, la virtualizzazione dell’It e la “consumerization” dell’It cambieranno regole e modalità del business.


Ambizione e volontà


Il futuro sarà caratterizzato dal cambiamento. Crescere nel mondo globalizzato significa, innanzitutto, innovare: innovare l’offerta di prodotti e servizi, innovare i modelli di rilascio dell’It, attraverso l’esplorazione del nuovo, facendo ricorso a robuste dosi di fantasia e spirito di osservazione.


Crescere significa, anche, concepire l’It nel più vasto ecosistema terra, prestando attenzione all’impatto delle scelte produttive e distributive sull’ambiente; significa immaginare e costruire nuove forme di It, mettendo in pratica un comportamento proattivo e virtuoso che dia forma e sostanza al nuovo.


A scuotere le certezze attuali dell’It nei mercati maturi c’è, poi, la crescita impetuosa dei mercati emergenti, come Cina e India, le cui prestazioni, con tassi di incremento del Pil spesso di due cifre, fanno impallidire i magri risultati delle economie più sviluppate. Per pensare il nuovo ci vogliono occhi nuovi, ci vuole ambizione, ci vogliono volontà e coraggio per esplorare sentieri impervi e strade non battute alla ricerca dell’inedito. Tutte doti che l’occidente sembra aver smarrito e che nel mondo dell’It si traducono in cinque anni di sostanziale stagnazione, per mancanza di visione, di idee, di ambizione appunto. Troppe persone, ha ricordato nella keynote di apertura Steve Prentice, vice president distinguished analyst, ragionano ancora secondo modelli e categorie obsolete, non capendo che c’è crescita solo dove c’è il nuovo.


Guardare e capire i mercati emergenti offre non solo opportunità di business più ampie, ma soprattutto una via di uscita al declino; guardare all’Est del mondo significa guardare ad aree di intensa trasformazione, veri e propri laboratori del nuovo che già oggi progettano prodotti e servizi per i mercati globali. Sandy Shen, research director a Shanghai, lo ha ribadito con molta chiarezza; prodotti e servizi interamente concepiti, progettati e realizzati in Cina e India sono sempre più diffusi. Se oggi il numero dei brevetti internazionali registrati dai paesi emergenti si attesta sull’8%, nel 2012, stando alle stime di Gartner, supererà il 18%. Questi paesi non solo sono più innovativi ma sanno diffondere l’innovazione con maggior rapidità. Le ragioni, spesso, sono da ricercare nella carenza di infrastrutture e di attrezzature che costringe tecnici, manager e governi a inventare soluzioni alternative e praticabili.


In questi paesi è, infatti, necessario costruire business sostenibili, che sopperiscano alle infrastrutture carenti, alla mancanza di liquidità, alla mancanza di scolarizzazione. Condizioni ambientali e sociali davvero complesse che costringono a individuare soluzioni originali; l’innovazione passa per la quotidianità, per le consuetudini di vita, per la cultura dei rispettivi paesi per approdare poi ai mercati maturi generando effetti altrettanto interessanti.


Non sottovalutare i paesi poveri


Lo sviluppo di prodotti a basso impatto ambientale, che utilizzano “eco-batterie”, per esempio, è di straordinaria utilità là dove non ci sono reti elettriche, ma lo è anche nei paesi industrializzati, offrendo soluzioni a basso consumo. La ricerca di servizi per una popolazione con modesti livelli di istruzione si traduce in un vantaggio anche per le popolazioni scolarizzate che possono così disporre di servizi ancor più semplici.


Il messaggio è chiaro: la potenzialità dei paesi poveri non va sottovalutata; la carica umana, l’entusiasmo, il desiderio di crescere e cambiare per raggiungere livelli di vita diversi fa sì che il fermento per il nuovo sia costante. L’invito è dunque a guardare questi mercati con rispetto e attenzione, considerandoli clienti potenziali; non si dimentichi che in India come in Cina, solo per citare i due paesi che più di altri mostrano una crescita vorticosa, la cosiddetta classe media sta crescendo e presto avrà un potere d’acquisto paragonabile a quello del mondo industrializzato. Al tempo stesso, entrare in questi mercati significa trovare strumenti e canali idonei che sappiano valorizzare le risorse e le culture in loco, significa lavorare con una popolazione che per l’85% si colloca al di sotto della soglia minima di 1 dollaro al giorno. Per questo è particolarmente utile applicare soluzioni di microfinanza, come parte integrante del proprio modello di business oppure valorizzare l’uso del telefono cellulare per la veicolazione dei servizi a discapito dei pc, molto meno diffusi per via del costo e delle carenza di infrastrutture. Cruciale, poi, è lo sviluppo di una strategia della comunità, che permetta di affrontare i problemi quotidiani del business, ricorrendo alle idee e alla partecipazione di chi vive e conosce i paesi.

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