In vent’anni, l’attività di Selesta si è evoluta con l’innovazione It

Sono poche le realtà informatiche italiane che oggi possono vantare radici risalenti agli albori del pc. Forte di un solido know how, che le ha consentito di raggiungere nel 2000 un fatturato consolidato di 170 miliardi di lire, il gruppo genovese si appresta a numerose sfide.

Se gli ultimi quattro anni di Selesta sono stati caratterizzati da un forte aumento del fatturato, sicuramente il 2001 passerà alla storia come un anno di "fuoco" per tutte le attività che l’azienda ha in programma di realizzare, stando alle anticipazioni rilasciateci dal presidente, nonché tra i fondatori, Adriano Prefumo.

Tra il ’97 e il ’99 Selesta ha avuto incrementi medi del fatturato di oltre il 30%, mentre nel 2000 l’espansione è stata più contenuta. Come mai?


Il fatto è che, passato il problema del bug del 2000, le aziende hanno ridimensionato in generale gli investimenti It. Il nostro fatturato, di 170 miliardi di lire, realizzato con circa 400 dipendenti, ha avuto una crescita "solo" del 9-10%, ma in compenso sono molto aumentati i margini, perché è cambiata la nostra struttura. L’utile prima delle tasse nel ’99, con il consolidato international, è stato di 19 miliardi, che sono saliti a 27 nel 2000, pari a una crescita di oltre il 42%. Per l’anno in corso, tuttavia, prevediamo di fatturare almeno 205 miliardi. Il fatto più saliente dell’ultimo esercizio è stato, inoltre, l’ingresso nel capitale azionario di Dresdner Kleinwort Benson, la divisione di private equity del colosso tedesco Dresdner Bank, che ha acquisito una quota del 31%. Da parte nostra l’accordo aveva come obiettivo quello di aumentare la visibilità internazionale di Selesta e far partire il processo della quotazione in Borsa. Processo in corso, i cui tempi non dipendono da noi, ma dalle banche che ci seguono. Noi, peraltro, in momenti non sospetti, abbiamo sempre tenuto a precisare che non siamo un’azienda della new economy, ma una società che lavora nell’informatica, per l’e-business e che lavorerà anche per il successore di questa ondata tecnologica Internet. Noi vogliamo risolvere i problemi delle aziende legate all’e-business e non sentiamo il problema tra old e new economy, ma piuttosto tra chi sa usare bene le tecnologie che continuamente evolvono".

Quindi dal vostro punto di vista avete già tutte le carte in regola per essere quotati in Borsa. Pensate di andare al Nuovo Mercato e quando?


Noi vogliamo continuare ad andare bene come società, il che significa avere i costi inferiori agli utili. E questo è sempre successo fin dall’inizio della nostra attività, in quanto a livello azionariato abbiamo sempre distribuito i dividendi ai soci che oggi, in seguito a vari passaggi di quote e aumenti di capitale, sono cento. Attualmente, però, c’è un’onda contraria a tutto quanto riguarda le società tecnologiche, per cui probabilmente non andremo al Nuovo Mercato, ma, ripeto la decisione non dipende da noi. Il nostro obiettivo iniziale era di quotarci sicuramente entro il 2001, ma i tempi si stanno un po’ dilatando, anche perché non vogliamo esordire e poi correre il rischio di fare un flop, indipendentemente dalla nostra volontà e capacità".

Prima accennava alla riorganizzazione dell’azienda che oggi si è strutturata in business unit. Qual è stato il criterio che vi ha guidato?


In seguito all’ingresso della Dresdner Kleinwort Benson, che ci ha dato lo sprint necessario per avviare l’operazione Borsa, abbiamo deciso di rivedere anche la nostra organizzazione. Fino ad allora, infatti, eravamo cresciuti in modo un po’ "selvaggio" creando continuamente delle società in base ai vari focus che dedicavamo alle nuove attività. Oggi siamo un’unica società divisa in business unit in base alle attività che vengono svolte. I primi approcci al mercato ci hanno imposto di dare nomi inglesi, per cui una prima unit l’abbiamo chiamata System & Network Management, che rende l’idea di che cosa fa, cioè gestione di reti e sistemi. La seconda è l’Infrastructure for Enterprise Applications, che non fa applicazioni ma vende infrastrutture per le applicazioni d’impresa ed è quella che ha tratto i maggiori benefici dall’Anno 2000. Terza unit è la Security & Control, che ha riunito le attività legate alla sicurezza dell’azienda e quelle del controllo accessi. Questa è la realtà per cui prevediamo la crescita maggiore. In quest’ambito, inoltre, stiamo sviluppando una ricerca molto avanzata, in particolare sulla biometria, cioè il controllo attraverso coordinate facciali, e stiamo presentando un’offerta molto innovativa che ci caratterizzerà sul mercato. Una quarta unit è la International, che raggruppa le attività estere ed è organizzata come lo siamo in Italia".

Quale percentuale, a livello fatturato, hanno rappresentato queste quattro unit?


L’International, ha realizzato poco più del 25% dei 170 miliardi di fatturato del 2000, ed è l’area che ha avuto la crescita più contenuta, perché era la più coinvolta, rispetto all’Italia, in attività legate all’Anno 2000. La System & Network Management e l’Infrastructure for Enterprise Applications si equivalgono con circa un 30% ciascuna, mentre la Security & Control si è aggiudicata circa un 12%, ma è la unit che prevediamo possa crescere a tre digit nei prossimi anni".

Tra i programmi di crescita prevedete anche l’apertura di nuove sedi estere, in particolare in Europa?


Entro il 2001, oltre ad avere in programma anche l’avvio di una sede in Brasile, con modalità in fase di definizione, prevediamo di andare in Francia, un mercato molto importante, perché nell’It in fatto di numeri vale come Italia e Spagna insieme. Stiamo decidendo se procedere già quest’anno attraverso un’acquisizione o partire comunque con una Selesta Francia e poi valutare meglio nell’anno seguente. Dal 2002, inoltre, incominceremo a guardare più concretamente anche i Paesi dell’Est, dove però abbiamo già una piccola testa di ponte in Croazia e un distributore in Polonia, ma il vero obiettivo sarà la Germania, dove abbiamo fatto una piccola indagine e pensiamo di poter esportare con un certo successo il modello di Selesta. Sicuramente non andremo mai nel Regno Unito, che ormai è una colonia europea delle società Usa".

Non mi sembrate molto orientati alle partnership…


In Selesta, in effetti, siamo sempre stati chiusi in una nostra scatola di vetro. Anche per la tipologia delle aziende a cui ci rivolgiamo, le grandi realtà della finanza, dell’industria e delle Tlc, abbiamo sempre approcciato il mercato in modo diretto. Ora, invece, vogliamo iniziare ad affrontare alcuni mercati, come per esempio la Pubblica amministrazione, con terze parti che abbiano una presenza radicata in specifiche aree e con i quali veicolare le nostre proposte di e-business o open system. Per affrontare questa nuova realtà abbiamo assunto delle persone che hanno già avviato dei contatti. Dobbiamo, inoltre, pensare di scendere un po’ dalla fascia alta di utenza, per offrire anche a medie realtà progetti già collaudati di infrastrutture, come per esempio Service level mangement per società di Tlc o banche, o progetti di change e configuration management, di application integration, o di sicurezza aziendale, un ambito, quest’ultimo, molto trascurato, soprattutto sulla rete, e che invece l’apertura a Internet ha reso notevolmente vulnerabile".

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