In Cina anche per conoscere da vicino Lenovo

>Gli italiani si stupiscono quando vedono le fabbriche di Pechino. Per l’offerta consumer visitati anche gli omonimi shop monobrand Qualche spunto su cui ragionare

Gennaio 2006, Il più della comitiva non era mai stato in Cina, per cui il viaggio
“incentive” organizzato da Computer Gross la
scorsa estate sulla carta appariva ancor più interessante. Una
settimana è durata la visita e alla fine le aspettative non sono
state disilluse: un po’ caldo forse (in luglio in Cina non si scherza
con le temperature, che superano i 40° con forte umidità),
ma i luoghi, Pechino compresa, erano, a detta di alcuni, semplicemente
favolosi. E il commento non riguarda solo le attività organizzate
durante il tempo libero. L’impatto con la realtà di Lenovo – centri
produttivi compresi – deve aver lasciato, se non il segno, buon materiale
su cui ragionare. A cominciare dall’incontro con il manager dal nome irripetibile
di cui, però, si ricorda bene l’incarico: “business transformation”.
è toccato a lui accogliere la comitiva di circa 60 persone che
è arrivata dall’Italia con tutto un carico di curiosità
e forse anche di ansie.

Perché la Cina è bella, ma fa paura
agli italiani che per lo più sentono il peso della concorrenza.
Magari non diretta, ma comunque pesante. «Di sicuro – è
il commento di Paolo Angelini, consigliere delegato di
Gruppo Proin Cina ci sarebbe molto da fare da
parte degli italiani»
. E probabilmente questo viaggio ha permesso
di ricondurre su giusti binari questa opportunità/paura. «L’accoglienza
è stata straordinaria
– commenta Duccio Castellacci,
managing director di Computer Gross –, ma hanno dimostrato anche di
sapere ascoltare»
. Un pregio che dovremmo proprio importare
e che fa parte anche della strategia di customer care. «Impressionante
vedere come Lenovo riesca a essere reattiva
– aggiunge –, così
come colpisce il forte impiego di manodopera»
.

E così il manager cinese che si occupa di “business transformation”
ha mostrato ai Bp giunti fino a lì anche dei modelli. A partire
dai negozi Lenovo. Pare che sul territorio della Grande Muraglia ce ne
siano 3.800. Alcuni di proprietà, ma per lo più in franchising.
Shop monobrand praticamente, che dimostrano come il consumer in Cina stia
vivendo un momento d’oro, facilitato anche da alcune iniziative governative
(le tasse locali non superano il 5%) per la diffusione dell’It. Negozi
particolari? Da quello che apprendiamo da chi li ha visitati assomigliano
molto più a dei Mac shop.

«In più i commessi hanno
la divisa»
commenta Castellacci. Negozi da cui si potrebbe
prendere ispirazione a fronte di un 2006 che dovrebbe prevedere l’importazione
anche dei prodotti consumer di Lenovo. Ma  Flavio Pozzi,
responsabile canale Bp Smb di Lenovo, che ha accompagnato la comitiva,
tranquillizzava: «Il nostro Dna ci impone di rimanere legati
al mondo business»
.

Visita alla fabbrica
E quando i dealer sono entrati in fabbrica hanno avuto delle sorprese:
«Pensavo fossimo negli Stati Uniti: è tutto automatizzato»
.
Enzo Marcaccioli, titolare di Pucciufficio,
azienda con negozio a Perugia, è rimasto stupito di quanto l’Asia
si sia trasformata sui modelli di altri Continenti. «Pechino
non sembra una città asiatica, mi pareva di essere in Europa: non
ci sono più neanche le biciclette. Sono tutte automobili»
.
E i pc? Pure. «Non c’è differenza con quelli Ibm
di una volta»
. Anche se Angelini ha evidenziato due particolarità
da non sottovalutare: «Credo che Lenovo abbia bisogno di brand
awareness e di ricerca»
.

Le Olimpiadi di Torino
prima, e quelle di Pechino poi, saranno utili sul primo versante. E per
quanto riguarda la seconda osservazione? Di sicuro la materia prima per
fare ricerca c’è. «Comunque a 50 metri dallo stabilimento
pechinese di Lenovo c’è il laboratorio di ricerca di Ibm. E per
quanto riguarda le menti, le 14 Università di Pechino fanno invidia
a molti per quante ne sfornano»
.

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