Il web che pervade l’azienda

Il 2012 sarà ricordato come l’anno in cui si è iniziata a comprendere la stretta interdipendenza tra web, mobile e applicazioni cloud.

Per Steve Tack, Chief Technology Officer dell’Application Performance Management di Compuware, il 2012 sarà ricordato come l’anno in cui si è iniziata a comprendere la stretta interdipendenza tra web, mobile e applicazioni cloud.

Alcuni episodi, ricorda, hanno rivelato la realtà: a dicembre il download di Amazon Ec2 ha causato non pochi problemi a Netflix e altre aziende; servizi web di origine esterna rallentare o addirittura mandare in crash i siti che li incorporavano; il malfunzionamento del pulsante “mi piace” su Facebook ha causato rallentamenti e, a volte, disabilitato migliaia di siti in tutto il mondo.

In un’epoca in cui i consumatori sono impazienti e iniziano ad abbandonare un sito web dopo meno di due secondi di attesa, questi rallentamenti rischiano di ripercuotersi sia sulla visibilità del sito che sui profitti dell’azienda.

I servizi cloud e web terzi consentono di fornire all’utente finale un’esperienza di navigazione ricca e veloce, ma allo stesso tempo espongono i siti a rischi crescenti in termini di degrado delle prestazioni o addirittura di blocco totale, nel caso anche solo una delle varie componenti dovesse non funzionare.

Un sito web utilizza mediamente più di dieci host separati che contribuiscono a una singola transazione, molti di questi provengono da servizi di terze parti, come social network, piattaforme di e-commerce, strumenti di web analytic, AD server e reti di distribuzione dei contenuti.

Quando si presenta una criticità legata a un servizio fornito da terze parti, l’impatto coinvolge più siti internet arrivando a determinare un effetto a catena.

Dato che questo aspetto si verifica spesso, spiega Tack, Compuware ha pensato di creare uno strumento online gratuito che tenga traccia delle interruzioni causate da terze parti permettendo ai gestori del sito web di verificare rapidamente se i problemi sono causati dal proprio sito o da un servizio esterno.

«Quando abbiamo iniziato a tracciare questi dati – spiega – abbiamo fatto una scoperta sorprendente: la maggior parte dei malfunzionamenti che si ripercuote su un sito è causata da servizi di advertising online, i cui annunci rallentano i tempi di caricamento della pagina e a volte lo ostacolano del tutto. Certo, è ironico pensare che gli AD server possano a volte interferire con il funzionamento proprio di quei siti per i quali dovrebbero generale profitti».

I servizi esterni sono la regola
Il problema di fondo, per Tack, è che i servizi esterni oggi non sono più opzionabili: la maggior parte dei siti ha bisogno di servizi di analisi, integrazione con i social media, sicurezza online, così come di advertising.

«Viviamo nella nuova realtà del web distribuito – dice – dove tutto è specializzato e interconnesso e abbiamo quindi imparato a dipendere dai servizi esterni. Anche se solo alcune notizie legate a interruzioni o rallentamenti del web finiscono sulle prime pagine, tracciamo migliaia di mini-interruzioni o guasti ogni settimana. Non tutti si traducono nell’interruzione di una transazione, ma spesso si ripercuotono sulle funzionalità generando servizi carenti o malfunzionanti».

Come è possibile affrontare questo scenario?
Per Tack la consapevolezza è il primo passo: comprendere il vero impatto dei servizi di terze parti sulle prestazioni e sull’esperienza utente è fondamentale.
Sapere se un’interruzione nel servizio fornito da una terza parte si tradurrà in un semplice fastidio o comporterà la chiusura di una applicazione si rivela cruciale.
Conoscendo questi elementi, si potrebbe decidere di modificare il design del sito per far si che l’intervallo nel servizio fornito da terzi non si ripercuota sull’intera pagina.

Insistere per avere risposte sulla performance
In altre parole, tutti gli altri elementi della pagina possono continuare a operare rapidamente senza attendere che il codice legato al malfunzionamento venga caricato.
Fondamentali sono anche gli SLA (Service Level Agreement) che si sceglie di definire con i propri fornitori terzi.
Bisogna insistere perché includano criteri legati alle performance che rispondano alle proprie necessità specifiche.

Tack, è evidente, non pretende di imporle a Facebook o Google, ma chi fornisce altri servizi terzi a pagamento dovrà stare attento alle preoccupazioni specifiche.
I migliori sapranno fornire garanzie anche rispetto alle ridondanze e alle prestazioni.

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