Il venture capital come arma anticrisi per le Pmi

Nell’attuale fase di stagnazione economica, il successo delle nuove idee passa anche per un adeguato sostegno finanziario

In tempi di recessione economica e di credit crunch, la redditività delle imprese, in particolare di quelle piccole e medie, è sempre più a rischio. «Lo tsunami che ha investito il sistema bancario e finanziario nazionale ed internazionale – sostiene Alberto Paccanelli, consigliere incaricato di Sistema moda Italia (Smi) – è destinato, a detta di tutti i più autorevoli centri di previsione economica, ad accentuare le difficoltà di finanziamento delle imprese e, soprattutto, delle piccole-medie imprese che caratterizzano oltre il 90% dell’industria del tessile-abbigliamento. Tutto questo mentre le aziende della nostra filiera sono fortemente sollecitate ad investire per riposizionarsi sulle fasce medio e medio-alte di prodotto per sottrarsi alla concorrenza basata sul basso costo della manodopera e, contemporaneamente, ad ampliare le proprie posizioni sui mercati internazionali».

L’innovazione nasce tra i piccoli
Ma se l’innovazione è il rimedio giusto per superare questa fase difficile, senza capitali a disposizione diventa problematico riuscire a portare sul mercato idee davvero nuove. Lo ha ben spiegato Elserino Piol, presidente della società Pino Partecipazioni (focalizzata nella raccolta di fondi per le imprese), nel corso di un incontro organizzato da Smi: «Perché l’innovazione sia valida – ha affermato Piol – occorre che sia bene inserita all’interno di un sistema. È inutile spendere tanti soldi in ricerca e sviluppo se poi i risultati non escono fuori dalle mura dei laboratori. L’innovazione deve trasmettersi al sistema economico». Secondo Piol l’innovazione di prodotto può essere fondamentalmente di due tipi: incrementale, se si limita a migliorare l’offerta dell’impresa, oppure dirompente, quando cambia lo scenario esistente. Basti pensare alle invenzioni che nell’ultimo decennio hanno modificato la nostra vita, come Internet o la telefonia mobile. Ma questo secondo tipo di innovazione, secondo Piol, è poco adottato dalle imprese di grandi dimensioni: « Le grandi aziende, soprattutto quando vanno bene, preferiscono non correre rischi. L’innovazione dirompente è legata soprattutto alle imprese nuove o addirittura in fase di start up».

Il ruolo del private equity nel tessile
Ecco perché il venture capital (il capitale di rischio messo a disposizione da investitori che finanziano l’avvio o la crescita di un’attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo) può giocare un ruolo molto importante per l’innovazione. Il settore tessile-moda, secondo i dati del Private Equity Monitor dell’Università Carlo Cattaneo, rappresenta uno dei comparti di maggiore interesse per i fondi di private equity (attivi anche nel venture capital) attivi in Italia. Negli ultimi anni, infatti, le aziende operanti del comparto interessate da investimenti di questa natura hanno rappresentato circa il 20% del totale del mercato italiano, se si considera il valore complessivo delle transazioni. Gli investimenti hanno riguardato aziende di dimensioni medio-grandi, come Prada e Valentino, ma anche realtà più ridotte come Aspesi, Jeckerson e Boglioli. In generale, le operazioni tipiche realizzate nel settore riguardano l’acquisizione di quote di maggioranza (buy out), in imprese che, escludendo le operazioni più grandi, fatturano mediamente circa 60 milioni di euro, impiegando poco meno di 200 dipendenti. Il maggiore appeal per gli investitori del tessile-moda rispetto ad altri comparti è dovuto a una più consistente dimensione media, che si associa a migliori indici di sostenibilità del business sia in termini di minore indebitamento che di maggiore redditività.

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