Il software open source diventa elemento comune nell’It aziendale

Una recente indagine afferma che tre quarti delle aziende europee sono ormai coinvolte in progetti aperti. Tra le esigenze, emerge l’integrazione dei diversi componenti e un migliore supporto. Intanto c’è chi, come Sun, pensa di portare l’offerta open oltre il sistema operativo.

Una ricerca condotta lo scorso ottobre da eMarket2 per conto di Novell dice che l’open source costituirà una delle due priorità "top" di quest’anno per gli It manager europei. L’altra sarà l’identity management, esigenza che, insieme a più generali pratiche di sicurzza, risulta particolarmente sentita proprio per le implementazioni open. L’indagine ha riguardato circa 200 interlocutori sparsi in undici nazioni, tre quarti dei quali starebbero al momento implementando (o sarebbero in procinto di implementare) sistemi basati su Linux. Parallelamente, acquista crescente importanza lo sviluppo su open source, con il 24% del campione che si dichiara già in fase operativa e con un altro 30% che risulta in fase di studio.


Se si dà credito a queste percentuali, bisogna ammettere che il "fenomeno" Linux in ambito aziendale non sia più tale, nel senso che si tratta, in realtà, di una prassi comune.


Un’idea di dove si stiano orientanto le iniziative aperte ce la dà SourceLabs, startup che si occupa di supporto e mantenimento di progetti open source. L’esperienza di Byron Sebastian, ex vice president di Bea Systems e ora Ceo di SourceLabs, dice che la nuova onda riguarderà il middleware. Non a caso, il 20% del campione considerato (un campione piccolo, ma altamente rappresentativo in quanto prelevato dalle aziende Fortune 2000), è in cerca di una migliore integrazione tra i vari componenti open source. Le aziende sembrano poi desiderare un supporto di livello mission critical e solidi contratti di manutenzione. Ed è proprio qui che gli operatori del mondo aperto andranno probabilmente ad agire nel breve periodo, colmando le attuali lacune di servizio.


Nel frattempo, dal fronte dei big "tradizionali", i fornitori del software proprietario, continuano ad arrivare segnali, piccoli o grandi, di concreto spostamento verso l’open source. Sun, per esempio, dopo la decisione di aprire Solaris rilasciando il primo componente, sembra avere in mente altri fronti d’offerta, con l’obiettivo primario di portare al proprio mulino un numero maggiore di programmatori. Nelle mire potrebbe esserci addirittura un database. Un riferimento diretto, seppur evidentemente provocatorio, è arrivato dal Ceo Scott McNealy, che ha sfoderato un fantomatico "Sun Db" nella lista di database esistenti. Ma non solo. La conferma della nuova direzione strategica è arrivata dal presidente Jonathan Schwartz, che ha spiegato come per Sun il discorso open source non sia limitato al sistema operativo: in quest’ottica, la via del database potrebbe essere quella giusta per potenziare l’offerta.


Scartata l’ipotesi dello sviluppo interno di un database e accantonata anche quella dell’acquisizione, qualche osservatore ha paventato l’ipotesi di una partnership. Qui potrebbero entrare in gioco Ca, con la piattaforma Ingres, recentemente "aperta" al mercato, oppure quei db open puri che rispondono al nome di MySql e PostgreSql. Ma di mosse concrete ancora non c’è traccia.


Mentre Sun pensa all’open source come a un’opportunità, Bill Gates ammonisce circa i suoi rischi, ricordando che non è garanzia di interoperabilità.


D’altro canto, tuttavia, il produttore di Redmond non si dimostra così rigido rispetto al rilascio del proprio codice. Dopo aver adottato la Common Public License per ben tre componenti, ora la società starebbe vagliando l’opportunità di aprire il codice di Windows Forms, un tool utilizzato con Visual Studio per la realizzazione di interfacce per applicazioni Windows.

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