Il software Ibm riparte da quattro

Ibm spinge sulla valorizzazione delle proprie soluzioni software e, in una grande kermesse europea, riafferma l’indipendenza dei brand Db2, Tivoli, Lotus e Websphere.

Il software rappresenta da sempre un settore a due facce. Da una parte si tratta di un mercato in continua crescita, molto appetibile perché garantisce altissimi margini ma, dall’altra, non privo di rischi, dati gli ingenti investimenti iniziali e i rapidissimi tempi di realizzazione richiesti dal mercato odierno. Si tratta di un mercato in cui Ibm può vantare una posizione di primo piano seppure, a volte, non adeguatamente valorizzata e promossa a livello di marketing. Facendo un’analisi dell’evoluzione del software di Ibm, Maurizio Carli, Vice Presidente del Software Ibm per l’Emea, evidenzia l’importanza delle scelte strategiche intraprese negli ultimi anni. «La costruzione della divisione software di Ibm nasce nel 1995 – ha detto Carli – con la scelta di posizionarsi nel middleware, ovvero nell’area tra i sistemi operativi e le applicazioni, decidendo di investire nello sviluppo di prodotti e nell’acquisizione di aziende».
In cinque anni questo ha portato a sviluppare aree molto forti quali WebSphere e ad acquisizioni significative quali Lotus (1996), Tivoli (1997), Informix (nel 2001) e Crossworlds (società che produce un middleware per la business integration che permette, senza scrivere codice, di far parlare tra loro due applicazioni e la cui acquisizione è stata finalizzata il gennaio scorso, ndr).

Nell’area middleware Ibm rivendica una posizione di primo piano nei singoli segmenti di mercato, in cui compete con Db2, Notes, WebSphere e Tivoli, con in più, rispetto ai competitor, un portfolio in grado di offrire una soluzione integrata su tutte le aree.

Per dare un’immagine più forte (anche se le male lingue sostengono per contenere i costi) Ibm ha recentemente raggruppato a Vienna in un unico evento le manifestazioni in precedenza dedicate alle diverse famiglie di prodotti software. Il titolo della manifestazione, pertanto, non poteva essere che Software Symposium, un evento che è servito per riaffermare la propria supremazia in alcuni ambiti software, rafforzata da recenti dati di Dataquest che assegnano a Ibm il primato nel mercato del database, scalzando Oracle dal primo posto. A questo risultato ha contribuito, forse, il fatto che Ibm, che dal 1998 è uscita dal mercato del software applicativo, non ha risentito di problemi di posizionamento strategico nei confronti di partner quali Sap o Siebel, che invece hanno interessato l’attività di Oracle.
La decisione di Ibm di presentare in un unico evento europeo l’intera offerta software, non risponde all’intenzione di riunire sotto un unico brand l’insieme delle soluzioni software proposte, ma piuttosto a quella di affermare il concetto di integrazione tra i vari tasselli, recuperando, all’interno di ognuno di questi, gli elementi migliori e di maggior valore.


La decisione di non effettuare duplicazioni all’interno del proprio portfolio è il motivo per cui, accanto alle quattro divisioni dedicate a Data Management, Lotus, Tivoli e WebSphere, ve ne è una quinta (anzi di fatto due piccole), non importante a livello di branding, denominata Solutions and Technologies che dovrebbe raccogliere tutti i software che sono “cross” come, per esempio, i Portal, garantiti ora da un unico prodotto che serve tutto il middleware.
«Competiamo sul mercato con competitor che sono forti in un solo prodotto – ha continuato Carli -. Nell’ambito del Data management con Oracle, proponiamo Websphere in opposizione a WebLogic di Bea o Lotus Notes contro Exchange. Riteniamo che perdere questa identità di brand ci renderebbe meno competitivi in termini di marketing verso i competitor che sono in ogni segmento di mercato. Una possibilità era di aggiungere ai quattro brand un altro marchio globale che incorporasse tutto, ma si tratta di un’operazione che il nostro settore marketing ha ritenuto non potesse funzionare».


Non esiste, dunque, l’intenzione di ridimensionare Lotus né Tivoli su cui, anzi, Ibm vuole dare conferme all’ampio mondo di sviluppatori di terze parti. Si tende invece a integrare tra i vari brand parti quali la gestione del personale e finanziaria, per l’ottenimento di economie di scala.
«Ibm ha deciso che è tempo di utilizzare il meglio che ha nei diversi brand – ha spiegato il responsabile Ibm -. Quello che succederà, con tempi e modalità da mettere a punto è che WebSphere costituirà la parte transazionale per tutti. In altre parole, Tivoli per fare un nuovo prodotto non dovrà preoccuparsi della parte transazionale perché gli verrà offerta come servizio da WebSphere e si potrà occupare della parte verso l’utente. Così Notes avrà la parte transazionale fatta da Websphere e per la parte database avrà un Db2 embedded; Lotus si concentrerà sull’aggiunta di funzioni applicative a Notes».


Due gli elementi strategici centrali dell’offerta Ibm, affermati in modo preciso e deciso dal management della società: adesione a tutti gli standard ufficiali e de facto e soluzioni open e multi piattaforma.

A chi ricorda che Ibm non gode di una tradizione consolidata in veste di fornitore di soluzioni open, Carli risponde che Big Blue ha imparato dai suoi errori e che, inoltre, gli investimenti fatti in questa direzione sono talmente massicci da impedire un possibile cambio di direzione.


La battaglia sul mercato, si svolgerà, dunque, secondo Ibm, principalmente sul terreno del valore aggiunto e, in quest’ambito, la società è pronta a mettere in campo la propria esperienza consolidata nella gestione di ambienti complessi e applicazioni mission critical e la propria articolata struttura di supporto e assistenza.
«La vera competizione avverrà sul valore aggiunto che il fornitore potrà dare in una soluzione applicativa – ha puntualizzato Carli – e io penso che noi daremo un valore aggiunto fatto di conoscenza dell’applicazione aziendale. Questo è anche il vero differenziale tra noi e Microsoft».

Oracle e Microsoft restano tra i principali competitor a livello strategico. Rispetto alla prima Ibm ribadisce l’affidabilità delle proprie soluzioni mentre, rispetto a Microsoft, rivendica la conoscenza delle applicazioni mission critical e un carattere di autentico fornitore di soluzioni, spiegando anche il senso della collaborazione in merito ai Web services.
«Stiamo lavorando con Microsoft nel mondo del Web services – ha continuato il Vp per il software Emea di Ibm -. Questo perché crediamo che prima verrà definito uno standard di mercato in questo ambito, prima i clienti faranno massicci investimenti. E questo porterà benefici all’industria dl software e anche a noi.


A parte questa azione coordinata con Microsoft per la definizione degli standard sui Web services, Ibm evidenzia percorsi divergenti rispetto alla società di Bill Gates.
«Noi vediamo in un mondo aperto multistandard e multipiattaforma il futuro del software mentre Microsoft lo vede più integrato nelle sue tecnologie – ha concluso Carli -. Alla fine la differenza si risolverà nel fatto che .Net sarà sinonimo di Windows e Java di cross platform. Noi saremo flessibili nel promuovere un mondo Java e penso che alla fine i due mondi coesisteranno e che la differenza sarà data da due cose: la capacità di offrire soluzioni all’avanguardia da un punto di vista funzionale-applicativo e, poiché saremo in un mondo in cui gli standard domineranno, chi saprà offrire un maggiore valore aggiunto».
La battaglia che si preannuncia sembra piuttosto agguerrita.

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