Il social retailing divide l’e-commerce

Il rapporto di Casaleggio indica l’arrivo sul mercato dei produttori alla ricerca di contatti diretti con i clienti. Ma non a tutti piace il social retailing

“La situazione italiana in termini di infrastrutture è simile a quella della Francia di dieci anni fa”. E ancora. “In Francia si acquista durante il weekend, in Italia durante la settimana. Un segno che indica la mancanza di connessioni”. Jean Christophe Lazzaroni, responsabile e-commerce di Fnac Italia descrive così la situazione del commercio elettronico tricolore. Una fotografia che fa dire a Roberto Casaleggio che gli operatori italiani sono dei fenomeni se sono riusciti a crescere in questo modo in questo bizzarro Paese.


Perché le vendite online secondo il terzo rapporto di Casaleggio Associati cresce nel 2008 del 30,7% con 6,3 miliardi di euro di fatturato.


Come al solito il turismo rimane la voce principale con il 50% delle vendite, seguito dal tempo libero (15,9%, rilevante il ruolo delle scommesse online), elettronica di consumo (13,1%) e assicurazioni (10,7%). La recessione non ferma le vendite online che nel 2009, secondo le previsioni di Casaleggio, dovrebbe vedere il debutto di molti produttori “che stanno decidendo di entrare nel mercato per vendere direttamente al cliente finale”.
Succede nell’abbigliamento ma anche nel turismo con Alpitour. Altra tendenza individuata dalla società di consulenza è l’avvio dell’acquisto d’impulso anche in rete. Il nuovo sito di H&M, per esempio, presenta i prodotti con delle foto di persone dove tutto i pezzi di abbigliamento sono acquistabili. Poi c’è chi si occupa di gestire negozi per conto terzi come Yoox nell’abbigliamento e chi propone le white label come Mrprice.


Poi si diffonderà una maggiore integrazione fra punti vendita fisici e virtuali e la multicanalità con il mobile come chimera della quale tutti parlano ma senza grandi effetti sul mercato. Sul social retailing sono tutti d’accordo. Almeno i big. Feltrinelli ha costruito un sito in chiave web 2.0, Fnac punta sulla comunità e non è molto interessato al posizionamento su Google che porta clienti non fidelizzati, e Ikea ha creato Ikeafans.


Peccato che questo trend pare appannaggio di pochi. La ricerca di Casaleggio indica che il 47% non pensa che lo sforzo sarebbe giustificato dai risultati, il 19% partecipa ad alcuni social media, il 17%, dietro il rispetto di alcune regole, permette al personale di partecipare a nome dell’azienda, il 9% partecipa sistematicamente l’8% lo ha fatto in qualche occasione.


Il sospetto è che questa sia un’attività limitata a organizzazioni di certe dimensioni, mentre i piccoli non hanno la struttura per farlo. Molto meglio lavorare sul posizionamento su Google. Tanto è vero che il keyword advertising rimane l’investimento promozionale più utilizzato dai negozi.


Per quanto riguarda le previsioni di crescita del prossimo anno il rapporti stima un incremento del settore in linea con quello di quest’anno con particolari risultati per turismo +81%), casa e arredamento (+27%), moda (27%), tempo libero (24%).

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