Il ruolo di Itil per qualificare l’architettura It aziendale

In Italia, Quint Wellington Redwood rivendica la leadership in fatto di consulenza e formazione per le best practice

Nel settore del training Itil, in base al numero delle certificazioni rilasciate (che vengono controllate dall’ente Exin), la società di consulenza Quint Wellington Redwood rivendica in Italia una leadership assoluta. Cifre alla mano, come ci spiega il regional director, Franco Mastrorilli, «nel 2006 le certificazioni erano 800, mentre nel 2008 sono diventate 3.100: di queste noi ne abbiamo rilasciate più della metà. La nostra specificità nasce dal fatto che Quint Italia è l’ufficio locale di una multinazionale olandese, che dal 1992 si occupa di governance e di service management, che poi è evoluto in Itil. Tematiche tutte che nei paesi anglosassoni sono state trattate con successo più di 15 anni fa. In questo momento di ripensamento sui traguardi da perseguire per superare la crisi, è importante che le aziende rivedano la propria riorganizzazione, soprattutto quelle che devono competere a livello globale. E, infatti, abbiamo avuto esperienze con aziende internazionali che si sono dovute dotare di questi processi e stiamo anche operando con realtà pubbliche e parapubbliche che più di altre si stanno confrontando con la necessità di pensare all’informatica come a un qualcosa che porta vantaggio competitivo al business, in quanto offre i necessari servizi».

L’utilizzo delle best practice di Itil, codificate alla fine degli anni 80 (e oggi di proprietà di Office Government Commerce del Governo inglese che guida un gruppo di esperti che ne consente l’evoluzione), nel nord Europa sono utilizzate in modo ormai sistematico, mentre qui da noi l’approccio è ancora attendista.

«Quando dieci anni fa – prosegue Mastrorilli – le grandi banche olandesi hanno iniziato a dare in outsourcing tutti i servizi It, questo fatto ha destato un certo scalpore, vista la delicata area di attività, ma l’hanno fatto perché avevano già instaurato la capacità di essere selettive nella definizione di quello che doveva essere il servizio It e dei risultati attesi anche in fatto di Sla. Uno dei punti focali è che Itil, e tutto quello che riguarda il discorso di processi, è l’inizio di un cammino che serve a efficientare l’It, perché la funzione preposta deve essere in grado di definire, servizio per servizio, qual è il miglior modo per ottenerlo. E questo si può fare in casa o farlo fare fuori».

Nel discorso Itil si innesta anche quello dell’Iso 20000, in quanto quest’ultimo è la certificazione che conferma che l’architettura It per offrire un certo servizio è stata organizzata secondo le specifiche Itil. Attualmente le aziende maggiormente interessate sono quelle indiane che in questo modo certificano la qualità dei servizi che offrono.

«In Italia, Quint fa formazione del personale e consulenza per raggiungere la certificazione Iso 20000 che poi viene riconosciuta dagli enti preposti – spiega il manager -. Riguardo a Itil, mentre qui da noi c’è la spinta ad avere la versione 3, in realtà nei paesi anglosassoni si sono fermati alla 2, che hanno già implementato, perché per loro basta e avanza. Però per chi parte ex novo, conviene affrontare la 3, che ha una visione più completa della 2. Il corso di base dura tre giorni, mentre, a seconda delle figure professionali coinvolte possiamo andare più in profondità sui diversi argomenti e allora ci vuole più tempo. Con le persone dell’It, soprattutto quelle dedicate alle attività di operation, affrontiamo come si organizza il servizio, come si fa la delivery, come si garantisce la qualità e il Continual service improvement, che è una delle novità apportate dalla versione 3. Infatti, dal momento che in azienda cambiano continuamente le situazioni a contorno, bisogna per definizione adeguare e migliorare il servizio».

Con le società che sono interessate ad approcciare Itil, Quint procede a un assessment della situazione, cercando di capire come lavorano e alla fine, presenta un programma di implementazione in base al quale la società decide se affrontarlo da sola o con l’aiuto di Quint.

«Uno dei problemi che ho visto nell’It è che se si fanno nuovi progetti, si deve anche cambiare il modo di lavorare dell’azienda e delle persone, altrimenti non si ottengono i benefici sperati. Inoltre, attivando un percorso di qualità dei servizi, bisogna avere anche la consapevolezza che ogni anno il processo va verificato. Nel caso di Iso 20000 bisogna avere un piano di improvement degli skill del personale e bisogna dimostrare di riuscire a mantenerlo».

L’interesse verso Itil viene dalle grandi aziende ma anche dalle medio-piccole. «In questo momento stiamo notando una grande attenzione da parte di quelle realtà della Pa e paragovernative che vogliono servizi efficienti ed efficaci, come Consip, Sogei, il ministero delle Finanze, Ferrovie dello Stato, per cui vediamo da parte dei dirigenti una reale sensibilità verso questo tema, anche perché hanno bisogno di non sentirsi arretrati quando si vanno a confrontare con i colleghi di altri paesi europei».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome