Il ruolo del vendor è dare maggiore supporto

L’ospedale Niguarda di Milano vuole servizi e non solo prodotti

Dare una corretta rappresentazione delle esigenze di gestione clinica è l’obiettivo di Gianni Origgi, da dieci anni alla guida dell’It dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano e a capo di uno staff eterogeneo, composto da una trentina di risorse, tra dipendenti, collaboratori e personale messo a disposizione dai fornitori.
«Si tratta di un compito impegnativo, non tanto per lo stato della tecnologia o per l’impostazione organizzativa – dice – quanto per la complessità dei processi e per la difficoltà di poter contare su strumenti informatici intuitivi e che richiedono una formazione limitata».
In aiuto giungono le soluzioni dipartimentali che, seppure tendenzialmente più rigide, permettono agli utenti di effettuare operazioni più semplici, in quanto codificate e ripetibili. «Allo stesso tempo, però, le applicazioni verticali sono slegate tra loro e cementarle insieme può diventare arduo».

Una situazione che potrebbe essere risolta da un diverso atteggiamento dei vendor i quali «cercano di collocare i propri prodotti, interessandosi più del marketing che non del supporto – sottolinea Origgi -. Meglio sarebbe, invece, creare veri e propri rapporti di partnership, in cui non si parli di fornitura ma di servizio, a maggior ragione visto che gli ospedali sono strutture aperte 24 ore al giorno, tutti i giorni, ed è improponibile che il legame si basi solo sulla vendita di tecnologia. Così per il wireless o l’Rfid, per i quali è necessario un servizio costante, perché soluzione non significa esclusivamente software; bisogna considerare l’uso che se ne fa e la formazione necessaria. Le difficoltà, infatti, emergono una volta che il prodotto viene inserito nel flusso. Il tablet pc, per esempio, ha di per sé delle caratteristiche interessanti, ma per essere utile ai medici, dovrebbe avere un’autonomia molto superiore e pesare la metà. Di questi aspetti il fornitore non si preoccupa, ricadono sempre su di noi. Esistono alcuni nuovi device che corrisponderebbero alle aspettative, ma proprio perché diffusi da poco, non sono sufficientemente sperimentati».
La tendenza del Niguarda è, invece, quella di realizzare una gestione strategica di coordinamento e progettazione. «Stiamo abbandonando la parte di manutenzione dei processi, che cerchiamo di affidare all’esterno in modo indipendente ma sinergico a noi. Un’autonomia che è, però, ancora difficile da raggiungere, sebbene negli ultimi anni la situazione sia migliorata», così come è cresciuta la collaborazione con altri enti ospedalieri e universitari per la realizzazione di soluzioni cliniche.
«Stiamo sviluppando un lavoro congiunto – indica il manager -, anche in open source, che ha già portato risultati per la gestione del dossier clinico e del paziente a livello ambulatoriale, l’automatizzazione del reparto, l’identificazione in sicurezza del malato e la tracciatura trasfusionale, progetto quest’ultimo che, basato sull’Rfid, vede il coinvolgimento dell’Istituto dei tumori, del Policlinico di Milano e di Hp».
«L’unione, inoltre, riduce i costi pro capite e permette di non dover ripartire da zero», aggiunge che, annualmente, per la gestione dell’It Origgi può contare su una somma pari al 2,5% circa del bilancio dell’Ospedale. Gli investimenti si aggirano, invece, sull’1%.

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