Il ruolo cruciale degli investitori nelle new company

Secondo i dati forniti dall’European Private Equity and Venture Capital Association, l’80% delle aziende non avrebbe potuto entrare nel business senza l’intervento della finanza. Il trend è in continua crescita e anche l’Italia, quanto a investimenti, si posiziona nelle top 10.

Che la finanza giochi un ruolo cruciale nella new economy e nell’e-business è un fatto ormai risaputo. Ma la conferma definitiva, se mai ce ne fosse bisogno, ci viene dai dati forniti da PricewaterhouseCoopers che mostrano come le private equity e le venture capital nel 2000 abbiano operato nel Nord America (Usa e Canada) con investimenti complessivi per 99,4 miliardi di dollari, che rappresentano il 73% del globale mondiale e circa quattro volte quelli fatti in Europa Occidentale nel medesimo periodo. Di questi, ben 98 miliardi di dollari sono stati investiti solo negli Usa. La seconda posizione a livello mondiale in termini di investimenti è occupata dalla Gran Bretagna con 12 miliardi di dollari. Le altre nazioni presenti nelle top 10 sono nell’ordine Israele, Hong Kong, Germania, Francia, Italia, Canada, Paesi Bassi e Svezia.


Entrando più nel dettaglio della situazione europea, secondo l’Evca (European Private Equity and Venture Capital Association) nei primi sei mesi del 2000 le private equity hanno investito, in 3.664 aziende, 12 miliardi di euro. Di questi, il 29% (3,4 miliardi di euro, cifra che equivale a un investimento in 1.700 aziende) è stato allocato nel settore high-tech. Anche se non sono ancora stati confermati i dati per il secondo trimestre 2000, il trend è in continua crescita. Degli investimenti high tech, il 47% è stato operato nelle start up, il 37% nelle imprese in espansione e il 17% ha riguardato il rilevamento o il rimpiazzo di capitali.


Un’indagine condotta dall’Evca su 500 start up europee ha, inoltre, evidenziato che l’80% degli intervistati non avrebbe potuto entrare nel business e tanto meno crescere così velocemente senza il supporto delle venture capital.
Nel 1998 le venture capital hanno finanziato in Europa 1.850 aziende start up (queste erano 950 nel 1997). Nello stesso anno sono stati investiti nel vecchio continente 1,4 miliardi di euro in start up e dal 1999 al 2000 l’offerta globale di venture capital è cresciuta quasi del doppio. Secondo, l’associazione il numero di fondi venture capital early stage aumenterà considerevolmente nei prossimi anni in Italia e sarà uno dei motori più potenti per la crescita del B2B nel nostro Paese. Le stime parlano di oltre mille aziende disponibili per questo tipo di investimento in Italia.

Dati contrastanti dagli analisti


Nel 2000, comparati a quelli del 1999, gli investimenti hanno fatto segnare la considerevole crescita del 119% in valore. Il numero delle transazioni è aumentato, invece, del 66% (si è arrivati a 288).


L’Aifi (Associazione Italiana degli Investitori Istituzionali nel Capitale di Rischio) costituita nel maggio 1986 al fine di sviluppare, coordinare e rappresentare in sede istituzionale i soggetti attivi sul mercato italiano dell’investimento in capitale di rischio, ha reso noti i dati relativi alla distribuzione settoriale dell’ammontare investito in high tech: il comparto principale risulta essere costituito dai carrier di telecomunicazioni (44%), seguito da quello Internet (14%), dell’elettronica e del software (11% per entrambi).


Dati contrastanti da quelli esposti sinora emergono da un esame degli strumenti finanziari messi a disposizione delle Pmi dal Fei (Fondo Europeo per gli Investimenti) per favorire la crescita e l’occupazione dal 1998 al 2000. L’Italia risulta, infatti, essere in testa per la mole di finanziamenti alle aziende attivati da garanzie comunitarie con un risultato di 1,7 miliardi di euro, pari a circa il 30% del flusso, mentre è praticamente assente nelle operazioni volte a stimolare la crescita di nuove imprese con venture capital (Etf start up). L’accesso agli strumenti comunitari mostra la propensione delle Pmi italiane a preferire il finanziamento bancario, mentre rimane molto basso il ricorso al capitale di rischio.


L’Italia, infatti, non è presente nelle prime dodici operazioni di venture capital cofinanziate dalla Linea Etf start up, dove invece la Gran Bretagna fa la parte del leone con una partecipazione del 30%.


Anche nell’opinione di E.Capital Partners le dotcom non tengono in giusto conto le competenze finanziarie e preferiscono di gran lunga ricorrere al finanziamento bancario. A ciò si somma, poi, lo scarso sviluppo delle venture capital in Italia: se valutiamo l’investimento in proporzione al Pil, il nostro Paese occupa il 18° posto.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome