Il Pubblico affossa la competitività dell’Italia

L’annuale classifica del World economic forum vede la Penisola al 48° posto. Lontana dagli altri Paesi europei

Il settore pubblico, ma non solo quello, non permettono all’Italia di migliorare la propria posizione nella classifica sulla competitività elaborata ogni anno dal World economic forum. L’indagine che si basa su nove indici suddivisi a loro volta in sub indici ci regala il 48° posto contro il 49° dello scorso anno. Un leggero miglioramento che ci permette di superare la Lituania, essere superati dalla Polonia e di continuare a guardare con il binocolo i nostri partner europei.


Dietro la Svizzera che chiede in prima posizione, ci sono Stati Uniti e Singapore, ma anche Svezia, Finlandia, Danimarca e Germania, mentre la Gran Bretagna è 13° e la Francia chiude al 16° posto. Siamo il peggior Paese fra quelli del G7,ci ricorda il rapporto che sottolinea la nostra buona prestazione (20° posto) nella “business sophistication”, la capacità espressa dal sistema delle imprese, nella capacità di utilizzare processi produttivi all’avanguardia (14°) e nei distretti dove arriviamo addirittura al 3°. L’Italia secondo il Wef beneficia anche delle dimensioni del suo mercato (9°) che gli permette significative economie di scala, ma sconta le debolezze strutturali della sua economia.


Il mercato del lavoro rimane fra i più rigidi del mondo (siamo al 117° posto su 133 Paesi) e il settore pubblico appesantisce la classifica con l’alto indebitamento, “l’alto livello della corruzione e la presenza del crimine organizzato”. In tutto questo pesa anche la percezione dell’indebolimento dell’indipendenza della magistratura che aumenta i costi per le aziende e mina la credibilità del sistema per gli investitori. Nell’institutional enviroment, infatti ci piazziamo al 97° posto.


Le altre classifiche parziali indicano che abbiano una bassa fiducia nei politici (107), che sprechiamo molto denaro pubblico (121), che abbiamo una discutibile efficienza del sistema legale (128) e che possiamo migliorare anche per quanto riguarda la spesa per l’istruzione dove finiamo al 65° posto. Però le nostre linee telefoniche non sono così male se ci garantiscono la 34° posizione.

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