Il pericolo di essere aperti

«Attenti – ammonisce Giacomo Cosenza di Sinapsi – con l’open source non si fidelizza più il fornitore». Una volta c’erano i sistemi proprietari e gli applicativi personalizzati che obbligavano il cliente a rivolgersi a un unico forni …

«Attenti – ammonisce Giacomo Cosenza di Sinapsi
con l’open source non si fidelizza più il fornitore».
Una volta c’erano i sistemi proprietari e gli applicativi personalizzati che
obbligavano il cliente a rivolgersi a un unico fornitore. Oggi si fanno largo
i sistemi aperti, piattaforme e applicativi non coperti da copyright, spesso
distribuiti gratuitamente, facilmente reperibili in Rete e adattabili alle singole
esigenze da programmatori. Questa filosofia rappresenta un rischio per i fornitori,
tra cui anche le piccole software house, che hanno sempre contato sulla fidelizzazione,
difendendo con il coltello tra i denti il concetto di "proprietà
intellettuale" della soluzione proposta. L’open source non permette più
tutto ciò e gli operatori dovrebbero riflettere su questo. Qualcuno potrebbe
sostenere che i numeri del mondo Linux non minano ancora il mercato Windows,
e qui si potrebbe già obiettare soprattutto per quanto riguarda il mercato
dei server enterprise, e sarebbe comunque da sprovveduti non considerarne il
trend di crescita. Per proporre Linux ci vuole competenza, le giuste certificazioni,
ma anche un cambio di mentalità. Gli operatori in questo mercato saranno
valutati per il loro reale valore aggiunto e non certo per i prezzi concorrenziali
o per gli interventi di assistenza e manutenzione pagati a caro prezzo e, forse,
non sempre giustificati.

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