Il parere dei distributori

Settembre 2003, Per capire pregi e difetti delle certificazioni il giudizio dei rivenditori non basta. Occorre sapere cosa ne pensano anche i distributori, ai quali, spesso e volentieri, viene demandato il compito di erogare i corsi per formare i partn …

Settembre 2003,
Per capire pregi e difetti delle certificazioni il giudizio dei rivenditori
non basta. Occorre sapere cosa ne pensano anche i distributori, ai quali, spesso
e volentieri, viene demandato il compito di erogare i corsi per formare i partner
di canale sull’utilizzo delle nuove tecnologie. Un servizio che, va da sé,
genera un notevole giro d’affari, ma che allo stesso tempo richiede un ulteriore
sforzo ai dealer che devono tenersi costantemente informati per poter trasferire
le loro conoscenze alla rete dei propri clienti. Secondo Vittorio Palumbo,
direttore commerciale di Icos, «un certo numero di produttori, che
in questi tempi di crisi non vendono più come prima, cercano nei programmi
di certificazione una fonte di profitto. Ma ad avere la meglio in un mercato
così competitivo sono senz’altro quelle certificazioni senza le quali
i rivenditori non saprebbero da che parte girarsi per commercializzare una certa
tipologia di prodotti e soluzioni. In questo contesto, il ruolo del distributore
è fare da testa di ponte fra domanda e offerta, fra canale e vendor.
Quello delle certificazioni, però, non è l’unico business attivabile
con i vendor, basta pensare a tutti i vantaggi derivanti dal poter gestire noi
i contatti con i nuovi clienti».
Del suo stesso parere è anche
Corrado Coraglia, direttore marketing di Elettrodata, che sposta
l’attenzione sulla possibilità di erogare corsi tecnici e commerciali
«non per forza di cose legati alla certificazione prodotti. Questo
perché, mettendosi dalla parte dei rivenditori, ci si accorge che molto
spesso i famosi "pezzi di carta" sono sì dei plus, ma non necessariamente
vale la pena averli»
.

Massimo Perversi, marketing & communication manager di
Esprinet, si schiera, invece, dalla parte di chi crede nel reale valore delle
certificazioni, «che spesso, però, non viene percepito dal
cliente finale. E non solo da lui. Il più delle volte per il rivenditore
i corsi di formazione, ma anche il tempo speso negli aggiornamenti, si traducono
in mancato guadagno. A tale proposito, sarebbe utile mettere a disposizione
degli attori del canale una serie di strumenti per fruire in modalità
e-learning i diversi corsi per l’ottenimento di determinate certificazioni.
Oppure dar vita, sempre con l’apprendimento a distanza, a corsi propedeutici
alla certificazione tenuti dai vendor per i rivenditori»
.
Per Giuseppe Diomelli, presidente di Cdc, «l’attenzione
andrebbe, invece, spostata sulla creazione di un ente che si occupi di tutelare
l’evoluzione temporale delle certificazioni, che dovrebbero sempre essere in
linea con le esigenze del mercato e delle normative vigenti, sulla sicurezza,
per esempio. Inoltre, occorrerebbe fornire maggiori informazioni, non solo a
livello tecnico o commerciale»
.
Ma anche per i vendor la vita non è poi così facile. «Nel
Sud Italia, per esempio, sono sempre i fornitori a proporre e attivare i propri
programmi di certificazione
– afferma Roberto Cutrignelli,
responsabile acquisti di Digits -, anche se poi è facile che chiedano
a noi un consiglio su come muoversi sul territorio. Spesso suggeriamo loro i
rivenditori più propensi ad aderire a un’iniziativa piuttosto che a un’altra.
Quel che è certo è che, nonostante i reseller del Meridione abbiamo
senz’altro voglia di certificarsi, bisogna poi vedere se sono davvero disposti
a rispondere alle richieste dei vendor. Molti mirano solo a ottenere la famosa
bandierina, senza curarsi del resto»
.
Ci sono, poi, dei dealer per i quali le certificazioni non rappresentano un
introito così significativo. È il caso di Strhold, che in Italia,
oltre a Ibm, commercializza brand considerati challenger rispetto ai leader
di mercato, come Sco, Cognos e Tarantella. «Con ciò
sottolinea Marco Colli, direttore commerciale della società
-, anche noi abbiamo programmi di certificazione calati dall’alto dai vendor
che, però, cerchiamo di arricchire in termini di contenuti. Tolta la
fee annuale, diamo la possibilità ai nostri rivenditori di acquistare
di tasca propria la tecnologia che andranno a rivendere sul loro mercato. In
questo modo ci rendiamo subito conto di chi è davvero interessato a investire
su se stesso e sulle proprie competenze tecniche. Con ciò, i programmi
di certificazione diventano per noi una revenue indiretta e per i nostri partner
uno strumento di lavoro. Tanto che abbiamo deciso che chi si certifica sulle
tecnologie che rivendiamo può iscriversi a metà prezzo ai nostri
corsi»
.

Da parte sua Lorenzo Gasparello, marketing director di Avnet
Computer Marketing Partner Solutions mette, invece, il dito nella piaga della
"fuga" dei tecnici certificati, e dello sforzo economico che le aziende
devono sostenere per formarli e trattenerli. «Il rischio che le aziende
possano perdere personale qualificato, su cui hanno pesantemente investito,
esiste
– afferma il manager -. E il problema è ancora più
sentito visto che solitamente la certificazione si basa proprio sul numero delle
persone competenti che lavora in azienda. Ma c’è da dire che i vendor
sono perfettamente a conoscenza di tutto questo, tanto che la maggior parte
di loro cerca di andare incontro ai rivenditori mantenendo la certificazione
aziendale per almeno sei mesi dall’uscita del personale. Da parte nostra stiamo
seriamente pensando di creare un team di persone certificate da poter "prestare"
a pagamento ai nostri dealer all’occorrenza, senza sobbarcarli delle spese per
la certificazione del personale interno. L’ideale sarebbe avere persone certificate
per aree tecnologiche, così da creare super esperti in sicurezza o in
storage, per esempio, indipendentemente dal prodotto utilizzabile. Questo potrebbe
essere scelto dal cliente con il nostro aiuto, a seconda delle sue specifiche
esigenze. Ma questa, vista l’egemonia di certi vendor, è ancora un’utopia»
.

E allora? Investite gente, investite. Anche se, a ben guardare, quando c’è
da mettere mano al portafoglio gli entusiasmi si smorzano e non sempre basta
la leva della marginalità per rendere il piatto più appetitoso.
«Questo, però, è più un problema di cultura,
che altro
– afferma Andrea Rossi, responsabile vendite
di Elettronica Sillaro -. In attesa della ripresa del mercato sarebbe meglio
farsi trovare pronti, quindi skillati e competenti sul maggior numero di soluzioni
e tecnologie, soprattutto in ambito networking, dove registriamo un alto livello
d’interesse e dove un pezzo di carta può davvero fare la differenza»
.

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