Il Futurshow sceglie il made in Milan

Meno fiera e più kermesse per la più giovanilistica delle manifestazioni dedicate alle tecnologie. Che a novembre coinvolgerà tutta la città.

1° aprile 2004 Gli esempi da mutuare per una
volta non vengono da Stati Uniti, Giappone, Germania o Inghliterra. Lo stile,
l’impianto, l’idea sono tutti made in Italy o, se proprio
vogliamo, made in Milan.
E dunque, la Milano della moda, del design,
dell’arredamento, dello stile dà una connotazione nuova a una manifestazione
che, se nuova non è, per lo meno ha sempre guardato al futuro.
Torna il
FuturShow, dunque.
Torna, dopo l’anno sabbatico della grande
crisi dei mercati e dell’It, rinnovato e trasformato. E non è solo una questione
di cambio di sede, anche se i trascorsi bolognesi ogni tanto fanno capolino in
qualche lapsus degli organizzatori. E’ soprattutto una questione di
impianto.
Meno fiera e più kermesse, meno esposizione e più
evento mediatico. Perfettamente complementare al mai citato Smau, evento
prettamente istituzionale che si svolgerà solo poche settimane prima.
Non ci
si stupisca dunque se per questa edizione 2004 (o dovremmo dire 3004?) accanto
al Comune di Milano, che ha concesso il patrocinio alla
manifestazione, troviamo nomi come Triennale, Mediateca, Istituto
Europeo di Design o ancora Anteo Spazio Cinema, Lumiere & Co e
Assolombarda
.
Il prossimo Futurshow, che si svolgerà dal 18
al 22 novembre
, dovrebbe – almeno nelle intenzioni espresse oggi –
essere un evento che si allargherà a tutta la città, proprio come accade durante
le settimane della moda o in occasione del Salone del Mobile e
dell’arredamento.
Una manifestazione che supererà i vincoli e i limiti dello
spazio fieristico per dipanarsi in una serie di “eventi”: video arte,
digitalizzazione di archivi di opere grafiche, creatività.
Ovvero, tutto
quanto fa happening.
A cominciare da subito, visto che il primo “evento” che
nasce sotto l’egida di Futurshow è il Festival della creatività
Giovanile promosso dall’Assessorato Sport e Giovani del Comune di
Milano
, dal quale nasceranno i primi visual della campagna di
comunicazione della manifestazione.
Il fil rouge con la tradizione è
rappresentato dagli spazi espositivi in Fiera, se pure ridotti rispetto al
passato. Solo 100 gli espositori ammessi, ciascuno con un’area
di circa 70 metri quadrati. E anche qui un invito ad allargare i confini e gli
spazi, fino ad aprire ai visitatori le porte stesse delle aziende, invitando i
giovani a visitare le sedi, gli uffici, i laboratori, i centri di ricerca e
sviluppo.
Intento interessante, anche se ci domandiamo non solo quante
aziende saranno disposte a farlo, ma anche quali e quanti centri di ricerca e
sviluppo tecnologici effettivamente ci siano oggi a Milano.
Un unico pass,
per i visitatori, consentirà l’accesso alla fiera e ai diversi happening che si
svolgeranno per la città. E sarà il pass che consentirà, al termine dell’evento,
di tirare le somme su quante persone, pardon

, quanti giovani, si saranno fatti
attrarre dalle singole proposte.
Giovani e creatività sono i motivi centrali
di FuturShow 3004, guardati con estremo interesse anche da Assolombarda, che non
solo pensa di aprire un “Orientagiovani” in fiera durante la
manifestazione, ma offre il suo supporto per valorizzare la capacità dei giovani
di fare impresa e di tradurre la loro creatività e le loro espressioni
artistiche in valore economico.
Non fa una grinza, almeno sulla
carta.
Un’ultima nota a margine.
Se la manifestazione si svolge, così
come è stato detto più volte nel corso della presentazione, seguendo la
teoria delle tre T (tecnologia, talento e tolleranza) lanciata
da Richard Florida, docente di Teoria dello Sviluppo Economico dell’Università
di Pittsburgh, poco tollerante ci è sembrato lo spirito eccessivamente
giovanilistico ed enfaticamente retorico con il quale Alessandro Cecchi
Paone
ha invitato ancora una volta i “giovani” a “non aspettare che
i vecchi lascino loro il posto. Se lo devono prendere. […] Li devono cacciare
via
“.
Sic!

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