Un’indagine commissionata da Microsoft a NetConsulting ha evidenziato come nell’ultimo decennio il settore dell’informatica abbia giocato un ruolo propulsivo nello sviluppo dell’economia sia mondiale che nazionale. La realtà italiana perennemente in ritardo sui paesi più avanzati.
Sotto analisi l’andamento dell’ultimo decennio del mercato dell’It per capire come si è mosso il settore, in particolare in Italia, e come quest’area abbia impattato sulla competitività e sulla crescita del sistema paese. Questo l’obiettivo di un’indagine promossa da Microsoft e affidata a NetConsulting, che in effetti ha evidenziato quanto era nell’obiettivo del promotore, e che cioè il settore dell’informatica è oggi uno dei primi cinque mercati per importanza a livello mondiale.
«Negli Usa il mercato dell’It ha un tale peso – ha osservato Giancarlo Capitani, responsabile di NetConsulting – che se registra una flessione, si ripercuote sull’intero sistema paese. È, però, anche emerso che i paesi che erano in ritardo dieci anni fa hanno acuito ulteriormente il gap, accentuando il fenomeno della digital divide. Oggi, tuttavia, non è tanto significativo vedere quanto un paese spende nell’It, ma piuttosto come utilizza le tecnologie»
Un decennio di It in Italia
In Italia il mercato dell’informatica è passato da una spesa di 20.650 miliardi di lire nel 1991 a 36.710 nel 2000, per un aggregato complessivo nel periodo in esame di 266.181 miliardi e un trend medio di crescita del 6,6%, al cui interno si evidenzia il ruolo trainante del mercato del software e servizi, cresciuto a una media annua del 10,7%, che nel decennio ha anche superato il comparto dell’hardware. «Però, mentre il fattore prezzi nell’hardware è andato progressivamente calando – ha affermato Capitani – quello del software è rimasto più stabile, in un contesto inflattivo, però, che è andato decisamente calando». Va, inoltre, sottolineato che il settore dell’informatica negli ultimi cinque anni è cresciuto in media a due digit, contro settori come quello chimico o tessile che si sono attestati rispettivamente su incrementi medi dell’1,63% e dello 0,27%. Raffrontata con il Pil, l’incidenza del mercato dell’It in Italia è stata dell’1,21% nel ’91, per salire all’1,87% nel 2000 (al 2,75% a livello mondiale). Un altro dato evidenziato dall’analisi di NetConsulting è il rapporto tra gli investimenti in macchinari e in strutture informatiche. In Italia, fatto 100 il valore degli investimenti in macchinari, l’It nel 2000 ha rappresentato il 23,8% mentre in Usa il rapporto è stato del 55%.
Nel nostro Paese il contributo alla crescita del valore aggiunto si è espletato attraverso due modi: la nascita di numerose imprese e l’aumento dell’occupazione. L’It, infatti, tra tutti i settori di mercato, è stato il più virtuoso, creando occupazione e ricchezza, creando indotto e canali distributivi. Dalle oltre 40mila imprese presenti nel settore informatico a fine 1991 si è arrivati a oltre 60mila nel 1999, con un attivo di circa 20mila unità, di cui ben 15mila nate all’interno dell’area software e servizi. Un saldo attivo pari a 5.728 unità lo ha registrato anche l’hardware e l’assistenza, mente negativo è diventato il consuntivo per il canale: nel 1999 le società attive sono scese a 7.440 contro le 8.302 del 1991. Riguardo all’occupazione, nel decennio (dati Istat) il sistema delle imprese ha perso quasi 900mila occupati, frutto di due diverse dinamiche, una di calo nei settori produttivi e una di crescita legata al terziario. In Italia, come già negli Usa, si è verificato uno spostamento delle risorse dalle industrie di produzione a quelle dei servizi, in particolare i servizi alle imprese e quelli It. E, infatti, l’It ha creato complessivamente nell’ultimo decennio 28.349 nuovi posti di lavoro, grazie soprattutto al contributo del software. Tuttavia l’Italia è ancora in ritardo rispetto ai paesi più industrializzati e lo si evince calcolando la spesa It pro capite: negli Usa è di 1.298 dollari, contro i 371 del nostro Paese. Deve, quindi recuperare muovendosi a una grande velocità e «agendo su due fattori: da un lato sulla diffusione dell’Ict e dall’altro sulla configurazione di un’economia di rete – ha osservato Capitani -. Se tutto questo si mette in moto sono plausibili, per i prossimi anni, due scenari, uno “neutrale” nel quale gli investimenti It crescono e influenzano la dinamica del Pil lungo una linea di continuità con il passato, e uno scenario “Internet ed e-business” nel quale gli investimenti It crescono in misura molto più significativa e di conseguenza determinano un contributo maggiore alla crescita prevista del Pil e di tutte le variabili da esso dipendenti».
Quest’ultimo scenario si potrà attuare se viene supportato da un insieme di azioni congiunte che Capitani ha riassunto in una serie di linee come: una maggior adozione di strumenti di e-business da parte delle Pmi e delle grandi imprese; la diffusione di soluzioni e strumenti It presso tutti gli ambiti e i settori in ritardo; il completamento del processo di modernizzazione della Pa centrale e locale (si parla di formare 100 mila dipendenti statali); lo stimolo che deve arrivare dall’e-government per giocare un ruolo fondamentale nella capacità di diffondere l’innovazione; una maggiore alfabetizzazione e formazione Ict di base; la creazione e l’attrazione di competenze innovative; l’attivazione dei venture capital per un maggior supporto alle start up.