Il fattore tempo inizia a incidere sul passaggio all’euro

Diamo il via a una serie di articoli volti ad analizzare i passi che le Pmi dovranno compiere per essere pronte all’imminente cambio di valuta. La conversione è solo il primo step. L’avvento della moneta unica modificherà, infatti, i rapporti con banche, Pa e fornitori.

Contrariamente a quanto avvenuto per l’Anno 2000, il passaggio all’euro non si limita a una mera questione informatica. La transizione alla nuova valuta richiede anche un cambiamento culturale e il segreto sta nell’agire per tempo, senza trascurare alcun dettaglio. Diverse aziende si troveranno a dover mettere a punto modifiche, a volte complesse, dei sistemi informativi, delle politiche dei prezzi e del marketing. Comunque, senza distinzione di sorta, tutte dovranno passare a una contabilità in euro. In numerose realtà, tuttavia, i preparativi non sono ancora iniziati o non hanno uno stadio di avanzamento tale per poter operare in euro dal prossimo gennaio. Le società che non saranno sufficientemente pronte si troveranno in difficoltà.


Come noto, il periodo di preparazione terminerà il 31 dicembre 2001 e dal prossimo anno saranno possibili solo transazioni scritturali basate sull’euro. Per quanto riguarda i contanti, le singole monete nazionali cesseranno di avere corso legale nella maggioranza dei paesi entro la fine di febbraio. In alcuni casi anche prima.


Molte indagini a livello europeo hanno rilevato che, alla fine di gennaio 2001, quasi la metà delle Pmi non si era ancora preparata al passaggio all’euro e meno del 20% l’aveva già implementato. Secondo un sondaggio della Commissione Ue, il grado di adattamento all’euro delle Pmi europee risulta essere del 26%, anche se l’Italia è quotata al 29%. Per il 7% delle nostre imprese di taglio ridotto, la preparazione alla moneta unica è uno sforzo inutile.


Questo scarso livello di attenzione sarebbe dovuto a una mancanza di motivazione e a un certo ottimismo. Per un’azienda che impiega da 10 a 100 persone dovrebbero essere necessari almeno dieci mesi per adeguare un sistema informativo di una certa complessità. Non dimentichiamo, infatti, che le società non dovranno solo limitarsi alla riuscita della conversione, ma essere in grado di rispondere agli obblighi legali in termini di archiviazione contabile. Il tempo stringe: da qui all’inizio del 2002 ci sono meno di mille ore lavorative.

I punti chiave


Alle banche è attribuito il ruolo di “euro guide” passive. Quello del progetto euro è, infatti, un problema di sincronizzazione e le società creditizie spingono, già oggi, le aziende a emettere e accettare fatture in euro e a convertire la contabilità. Tuttavia, malgrado l’inquietudine che regna riguardo lo stato di avanzamento sui progetti euro delle Pmi, la maggior parte delle banche non prova a seguire le imprese tecnicamente.


Dal canto proprio, invece, la Pubblica amministrazione si è impegnata per spingere le Pmi in questa direzione. Le azioni di formazione devono interessare tutti i dipendenti, ma, soprattutto, quelli che si occupano dei servizi ai clienti. Le imprese devono effettuare, poi, dichiarazione fiscale e sociale in euro al primo gennaio 2002.


Il settore del commercio tradizionale e della distribuzione, che sarà mobilitato sulla gestione e sull’arrivo delle nuova moneta, ma anche sul ritiro della vecchia e sull’adeguamento dei terminali dei punti vendita, non imporrà rivalse anticipate verso i fornitori. Questi ultimi dovranno anch’essi essere pronti il 1° gennaio 2002. A condizione, tuttavia, di definire, fin da ora la propria politica tariffaria in euro.


La conversione produrrà, tuttavia, anche contenziosi che potrebbero, addirittura portare le parti in tribunale. Alcuni problemi opporranno le imprese a clienti e fornitori a causa degli errori legati alla gestione degli arrotondamenti, che avverranno dopo il 1° febbraio prossimo. Per quanto riguarda i siti di commercio elettronico, infine, la transizione sarà abbastanza dolce. Alcuni di questi, infatti, propongono già i prezzi nella doppia valuta.


Rapporti con le banche


Il 31 dicembre 2001 le banche convertiranno automaticamente in euro, a tasso fisso, i conti correnti delle imprese (a meno che l’operazione non sia già stata concordata in precedenza). Dal giorno successivo tutte le transazioni dovranno essere effettuate in euro. Nel caso le banche dovessero ricevere pagamenti in valuta nazionale, la trasformazione in euro sarebbe automatica. Dalla medesima data non sarà possibile disporre di un conto bancario in lire. Nonostante molte imprese rimandino il passaggio alla nuova valuta, alcuni paesi rischiano il sovraccarico del sistema bancario, con conseguente carenza di assistenza e consulenza. I ritardi e la pressione sugli istituti di credito potranno, in generale, perturbare il sistema bancario e danneggiare l’attività delle imprese. Con l’avvicinarsi della conversione definitiva, le banche si stanno interessando soprattutto alle inquietudini dei privati. Un modo di agire che lascia le piccole e medie imprese praticamente sole con i propri dubbi. Gli istituti di credito lamentano il ritardo delle Pmi nel passaggio all’euro, però fanno poco o nulla per incoraggiarle. Per questo motivo il 40% delle imprese molto piccole non potrà migrare alla nuova moneta fino al 2002.


Certe banche si sono mosse in prima persona e dal 1999 propongono offerte commerciali, più o meno pacchettizzate. In questo spirito, la maggior parte degli istituti di credito ha stretto partnership con aziende di servizi informatiche o di management. Tuttavia, nella maggior parte di casi, le banche non sembrano essere ancora sufficientemente motivate per diventare l’euro guida delle piccole imprese. La speranza per una corretta informazione risiede nelle iniziative che il ministero del Tesoro e le Camere di Commercio dovrebbero attivare tra la fine di giugno e l’inizio di ottobre e che si spera facciano chiarezza sulle operazioni contabili.

In caso di contenziosi


Dopo il 18 febbraio 2002, potrebbero nascere numerose controversie a causa del passaggio dalla lira all’euro. Questo non coinvolgerà solo le imprese e gli editori di software, ma anche i fornitori di servizi e i clienti. Gli utenti che si troveranno ad affrontare una di queste due situazioni avanno due percorsi possibili. Il più semplice consiste nell’investire in fretta in un nuovo software compatibile, il secondo nello sviluppare un’applicazione specifica di conversione dei dati.


Le aziende che avranno motivi di lamentela verso i propri editori potranno intraprendere un’azione giudiziaria solo nel caso in cui sia stato precedentemente firmato un contratto di manutenzione evolutivo e/o adattativo del software. Se il cliente ha messo in opera l’insieme di misure che gli dovrebbero permettere di passare all’euro in condizioni sicure ma riscontra delle difficoltà al momento della conversione, può chiedere la riparazione del danno subìto al professionista che si è impegnato per consentirgli il passaggio all’euro. Ma ciò solo nel caso che si possa stabilire la mancanza contrattuale di quest’ultimo.


Allo stesso modo, sono prevedibili controversie dovute a errori di conversione legati alla gestione degli arrotondamenti. Queste ultime dovrebbero essere corrette nell’ambito della garanzia contrattuale, se esiste, o in quello della manutenzione della versione euro.


Una cosa è certa: le società di assicurazioni non vogliono coprire il rischio euro. E hanno dichiarato che il passaggio alla moneta unica è un evento fissato da tempo e prevedibile e che, di conseguenza, le imprese devono prendere tutte le precauzioni del caso.

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