Il digitale terrestre accende i motori

La televisione diventa interattiva e apre la strada allo sviluppo di nuovi servizi che arrivano direttamente nelle case dei cittadini. Quasi quattro milioni i decoder venduti, grazie agli incentivi

Malgrado le polemiche che l’hanno costantemente accompagnata, la televisione digitale terrestre (o DTT) ha continuato a espandersi sul territorio italiano. L’obiettivo finale è il “pensionamento” della tv analogica, come l’abbiamo conosciuta dagli anni 50 ad oggi. Ambiziosamente, tale traguardo era stato fissato dal Governo italiano al 2006, ma è stato spostato in avanti di due anni, allineando il nostro paese alla scadenza fissata dall’Unione Europea per i paesi membri.


Secondo il quinto Rapporto Censis/Ucsi sulla Comunicazione, fra i 49 milioni di italiani che usano la tv tradizionale ve ne sono 8 milioni che guardano la tv satellitare, 3 milioni che usufruiscono di quella in digitale terrestre e 1 milione che sperimenta quella via Internet, la IPTv. Dati più recenti della Fondazione Ugo Bordoni, emissione governativa coinvolta in prima persona (insieme al CNIPA) nella transizione dell’Italia verso il digitale, parlano di 3.700.000 decoder venduti in un paio d’anni, con una velocità di diffusione che, grazie agli incentivi, ha superato quella che al tempo era stata dei telefonini. Altri dati, a completamento del quadro, rivelano che su 600 piccoli broadcaster italiani, 200 circa già trasmettono in digitale.


Si tratta, dunque, di una realtà significativa con cui fare i conti e sul cui futuro sta scommettendo una cospicua comunità di aziende del nostro tessuto produttivo.


Cosa cambia con il decoder


Tecnicamente il digitale terrestre si differenzia da quello satellitare in quanto, invece di utilizzare una parabola per ricevere i segnali dallo spazio, utilizza una normale antenna televisiva per ricevere i segnali digitali da ripetitori terrestri. In pratica, l’unica cosa che cambia è che alla nostra antenna arriva un flusso digitale invece che analogico. Il segnale è codificato in uno stream MPEG-2, che per essere visibile necessita di decodifica. I vantaggi principali del digitale terrestre sono quelli di una maggiore qualità e della maggiore disponibilità di canali.


Ma l’aspetto davvero innovativo è l’interattività, data dal decoder: questo può essere collegato a una linea telefonica per inviare a un centro servizi i comandi impartiti dal telespettatore con il telecomando, aprendo la strada per lo sviluppo di un ampio ventaglio di applicazioni: informazioni (una sorta di Televideo moderno), formazione, servizi al cittadino, giochi, accesso a banche dati (per esempio per la ricerca di un impiego), visione di programmi a pagamento (come le partite di calcio), richiesta di certificati anagrafici, prenotazione di analisi mediche e così via.


Colmare il digital divide


L’impulso che viene dai governi, sia locali che europei, segue l’idea che il digitale terrestre sia una delle opportunità per colmare il digital divide, ovvero la questione sociale dell’accessibilità dei servizi da parte dei cittadini. A differenza dei pc, la televisione è nelle case e, di conseguenza, i servizi potrebbero raggiungere capillarmente la popolazione. In più, la tv diventa uno strumento general purpose, cioè può essere usato per cose diverse. Le nuove funzionalità si vanno ad aggiungere all’esistente e i servizi si gestiscono con cinque tasti: è la direzione giusta per chi non ha famigliarità con il pc, come la grande maggioranza delle persone anziane.


Questo ragionamento spinge le istituzioni a finanziare i diversi progetti. In Italia, la Fondazione Ugo Bordoni e il CNIPA hanno emanato una dozzina di bandi che vedono coinvolte molte realtà della PA, e parte di questi progetti sono già avviati, con l’obiettivo di creare il necessario volano per lo sviluppo. Si tratta, naturalmente, di test su campo, con famiglie pilota, che potrebbero anche avere un riscontro negativo.


C’è chi dice no


Come accennato all’inizio, molte voci si sono alzate per criticare l’operato del nostro governo e, più in generale, la nuova piattaforma. Molti contestano l’approccio che impone una tecnologia dall’alto, invece di lasciare la scelta al mercato, come normalmente avviene: piuttosto che obbligare milioni di persone a comprare il decoder (uno per ogni tv) “spegnendo” per legge la tv analogica, sarebbe più giusto attendere il normale ricambio tecnologico. Infatti, non solo le tv di casa, ma anche i videoregistratori da un giorno all’altro saranno tutti prodotti inservibili, a meno di non collegarli a un decoder DTT.


Dalla parte del consumatore c’è anche Adiconsum, che in passato ha evidenziato come i messaggi pubblicitari del ministero delle Comunicazioni fossero sostanzialmente ingannevoli, lasciando credere che il servizio fosse pienamente operativo e non in fase sperimentale. Ciò ha provocato forti delusioni, anche perché l’uso esclusivo di frequenze diverse da zona a zona non garantisce la ricezione del segnale.


Anche l’Unione europea ha mosso critiche, aprendo recentemente un dossier sui contributi concessi per l’acquisto dei decoder. L’ipotesi è che ci siano stati degli aiuti di Stato (vietati dalle regole Ue) per il digitale a danno del satellitare determinando una distorsione del mercato. La Ue contesta, dunque, i duecento milioni di euro ricevuti dai consumatori italiani con la Finanziaria 2004-2005.

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