Il difficile ruolo del Cio tra costi e valore

Sono pressanti e spesso divergenti le richieste alle quali il responsabile dei sistemi It deve dare quotidianamente risposta, guardando non solo al conto economico ma agli asset

Le priorità degli It manager sono cambiate. Ridurre i costi, razionalizzare gli investimenti e, al contempo, sostenere l’evoluzione organica dell’impresa rappresentando anche una leva per il cambiamento sembrano essere diventate le preoccupazioni principali dei responsabili dei sistemi. L’importanza dell’Ict non viene disconosciuta, al contrario, ma spesso l’Edp manager è costretto più alla gestione che non allo sviluppo. Diventa, quindi, difficile assestare il proprio ruolo alla mutata condizione di sfondo, anche se da azienda ad azienda le condizioni possono variare.


Il Cio rischia di subire quello che Carlo Alberto Carnevale Maffè, di Sda Bocconi, durante il recente convegno "Il ruolo dell’Ict manager", organizzato da Sirmi e Milano Finanza, ha definito il fenomeno della "crocifissione", stretto tra le richieste dell’amministratore delegato (in direzione strategica), del responsabile finanziario (che vuole il rispetto dei budget), dei fornitori (interessati a conoscere le priorità di investimento) e dei colleghi (con richieste di benchmarking). «L’unico modo che il Cio ha a disposizione per spezzare questa tendenza è di considerarsi responsabile di un business model, in pratica un vero e proprio imprenditore – ha spiegato il professore -. Bisogna sviluppare una mentalità di valore e non guardare solo al conto economico dell’Ict, bensì agli asset», intesi come proprietà intellettuale, applicazioni gestibili da terzi e di costi negoziabili. Un manager a capo del patrimonio aziendale, quindi, che sia consapevole del fatto che l’It può rappresentare la memoria dell’organizzazione come «lingua franca delle funzioni aziendali. La centralità produce potere e il responsabile dei sistemi deve rendersene conto, sfoggiando anche il fattore di resilienza», ha aggiunto Carnevale Maffè. Resistere agli urti senza spezzarsi, quindi, e non sognare di vivere di rendita, «avendo il coraggio di competere attraverso l’innovazione, tenendo conto che esiste sempre qualcuno di più bravo».


Il Cio deve, dunque, sviluppare i suoi poteri che, secondo Carnevale Maffè, riguardano l’interdizione alle decisioni, il controllo e l’influenza sui comportamenti organizzativi, la negoziazione interdisiplinare (unica figura dopo il Ceo) e l’allocazione delle risorse. «Se è capace di correre rischi e di codeterminare gli obiettivi aziendali, il Cio merita un posto nel board», ha precisato. Ma oltre a ciò, dovrebbe superare i suoi impliciti dilemmi, vale a dire «accettare di vivere in un "pantarei" tecnologico, liberarsi dall’ossessione di un’insostenibile ricerca di stabilità che non produce profitto. L’ordine, nel momento in cui si diventa indifferenti rispetto ai concorrenti, è economicamente privo di valore. Sicuramente si deve imprimere una logica all’It, ma soprattutto fascino alle persone».

Affrontare nuove sfide


Ci troviamo, quindi, in uno scenario non definibile a priori, in cui il Cio deve relazionarsi a sua volta con una molteplicità di soggetti, con manager non sempre in grado di definire i requirement e con un naturale gap tra fabbisogno e realtà dei sistemi informativi. «Nessuno può allinearli veramente alle esigenze – ha spiegato Severino Meregalli, di Sda Bocconi -. Si punta, invece, al minore disallineamento possibile, anche perché il tempo non è mai sufficiente». I ritmi di mutazione degli scenari aziendali danno poco spazio a processi di gestione dei sistemi, fortemente basati sulla pianificazione. «Meno pianificazione e più responsabilizzazione. Questo serve – ha aggiunto Meregalli -. Il Cio non deve per forza prevedere le cose ma avere la capacità di adattarsi ai cambiamenti, passando da una semplice gestione dei sistemi alla definizione delle condizioni per il loro corretto sviluppo». Sicuramente, il compito è difficile, non sempre si dispone della giusta medicina, ma bisogna ragionare in termini di governance, intesa da Meregalli come «l’insieme di logiche e strumenti finalizzati alla creazione di un assetto strutturale e di un contesto di governo del sistema informativo che lo rendano costantemente coerente con le esigenze di ambienti complessi».


In pratica, da proattivo, ha suggerito Meregalli, il Cio deve diventare reattivo e più realistico, ragionare su aspetti socio-economici-patrimoniali e non solo tecnologici, perché «chi governa bene aumenta il valore complessivo del sistema informativo». Il contributo è determinato dal valore intrinseco dell’It (vale a dire dare risposte soddisfacenti al business, sfruttare le potenzialità degli investimenti tecnologici, raccogliere e organizzare le informazioni) che genera business value. L’obiettivo, quindi, potrebbe essere visto nell’ottica di ricercare un giusto compromesso tra il valore contabile (spesso condizionato da semplici logiche contabili) e quello collegato ai vantaggi operativi e strategici che si ottengono con l’impiego dell’Ict, ma, purtroppo, spesso, impossibili da misurare.

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