Il consolidamento rende snella l’It

Per Mediaset, passare da un’architettura frammentata a un unico ambiente applicativo scalabile ha significato eliminare 300 server, semplificare l’operatività e ridurre i costi di gestione del 20%

L’architettura It di Mediaset si è sviluppata nel corso degli anni secondo una struttura frammentaria, per soddisfare esigenze di business in tempi e modi estremamente rapidi. Questo approccio, se da una parte permetteva di rispondere velocemente a necessità contingenti, dall’altra, in un’azienda con tassi di crescita molto forti, aveva portato ad avere 300 server (basati essenzialmente su tecnologia Intel-Microsoft) con differenti versioni di software. Nel 2002, però, la gestione era diventa pressoché insostenibile. Perciò si è deciso di far crescere l’architettura e puntare su una concezione dei sistemi di gestione molto evoluta. «Era necessario riuscire a consolidare tutti gli ambiti applicativi in un unico ambiente, potente e capace di crescere senza dover ogni volta inserire “pezzi” o rinnovare la struttura», ha precisato Filippo Todaro, responsabile architetture del Gruppo Mediaset.


Sono così partite tre attività parallele: una con focus sull’hardware, una sugli applicativi e una sui dati. L’analisi dell’hardware ha portato a considerare come unica soluzione l’ambiente Unix. «La via che avevamo deciso di intraprendere per semplificare la nostra struttura It era di aggregare le capacità elaborative in un’unica architettura più potente». Le alternative valutate sono state Hp, Sun e Ibm. «Abbiamo scelto quest’ultima perché, meglio degli altri, ci aveva prospettato un percorso evolutivo che nel tempo ci avrebbe permesso di crescere e migrare da un sistema all’altro in modo semplice. E oggi, posso dire che la scelta è stata indovinata. Oltre che sui server, abbiamo puntato anche su una nuova struttura di storage basata su una Storage area network».


Dal punto di vista dello sviluppo applicativo è stata scelta la piattaforma Oracle Fusion Middleware (rispetto a WebSphere) «perché maggiormente rispondente alle nostre necessità – ha aggiunto Todaro -. L’analisi dei dati è stata approfondita e abbiamo realizzato che le applicazioni usavano tutte le medesime informazioni, le quali spesso erano replicate. Potevano, quindi, essere consolidate in un data hub». È stato, infine, analizzato il parco delle applicazioni, prendendo in esame i vari software per il mondo televisivo in uso. «Siccome il nostro settore è molto specializzato e non esistono sul mercato italiano programmi “on the shelf” che consentono di gestire il palinsesto, gli spot e così via, li avevamo sviluppati tutti noi – ha detto il manager – . Dal punto di vista architetturale, anche per le applicazioni, il consolidamento dei dati risultava un’ottima soluzione, che non portava a forzature».


Rimaneva da decidere con quali linguaggi e secondo quali modalità sviluppare le nuove applicazioni. «Abbiamo così deciso di affidarci a Oracle Application Server – ha chiarito Todaro – perché lo ritenevamo più semplice, meglio integrato e con alle spalle una strategia commerciale chiara. Inoltre, l’architettura hot-pluggable ci consentiva una più semplice integrazione con le nostre applicazioni». Il linguaggio di sviluppo utilizzato è stato Java.


Le applicazioni create sono strutturate su tre livelli e non richiedono l’installazione di alcun software sul client. «Infatti – ha affermato Todaro – sono tutte erogate attraverso il nostro portale di servizio. Dietro al front end c’è il mondo di Oracle Application Server e i sistemi di workflow che consentono di gestire i processi, all’interno e tra le applicazioni, e i diritti d’accesso. È anche possibile effettuare ricerche personalizzate».


Il tutto è integrato in un sistema di sicurezza tramite single sign on, in alcuni casi abbinato anche alla biometria attraverso il riconoscimento dell’impronta digitale. L’architettura è completata dal datawarehouse «inteso come un qualcosa che va oltre il database – ha specificato Todaro – e arriva a considerare strumenti di analisi dei dati, la capacità di prendere informazioni da altri ambienti e di importarle, di fare datamart e usare tool di reporting».


I criteri di scelta


«Sposare un’architettura – ha proseguito Todaro – consente di rispondere a nuove esigenze di business senza doversi porre il problema di quale prodotto usare e come integrarlo. Se non ci sono condizioni particolari, è preferibile scegliere le soluzioni e i prodotti che privilegiano l’integrazione con il resto dei processi aziendali. Puntare su quanto di meglio offre il mercato per rispondere a un’esigenza specifica rende difficile l’integrazione. In commercio, si trovano prodotti molto sofisticati, anche se un po’ onerosi da gestire, che funzionano benissimo. I cambiamenti, anche minimi, hanno un impatto importante su tutta la struttura e questo può mettere a rischio l’integrazione dell’intera architettura. Comunque, non tutto il nostro mondo è Oracle: abbiamo anche Sap e applicazioni specifiche per l’ambiente televisivo».


Il progetto di consolidamento è progredito per step successivi ed è stato avviato partendo dalle applicazioni principali. La prima ha riguardato la videoteca, che ha richiesto sei mesi di lavoro, ma nel giro di poco più di un anno sono state integrate tutte le più importanti. «Lo sviluppo non dovrebbe mai avvenire in casa – ha spiegato Todaro -, non tanto perché sia difficile programmare in Java quanto perché è complesso l’ambiente dell’Application Server. Richiede capacità di analisi e tuning molto particolari. Ed è troppo oneroso avere all’interno specialisti di questo ambiente. Da noi, comunque, un gruppo di database administrator ha esteso le conoscenze anche all’Application Server e verifica la qualità delle cose fatte. Per non essere troppo dipendenti da un unico fornitore, poi, abbiamo deciso di puntare su due partner».


Oggi i benefici dell’opera di consolidamento sono chiari: dal punto di vista finanziario, nella gestione viene stimato un risparmio superiore al 20%. In termini di livello di servizio, «aspetto che reputo ancor più interessante di quello economico – ha puntualizzato Todaro -, siamo riusciti ad avere il 99,6% end to end. E non mi riferisco al Service level agreement relativo a un singolo componente, ma ai livelli realmente percepiti dall’utente. Nel nostro caso sono molto vicini ai Key performance indicator».

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