Il cloud è più avanti di Fornero

Per Idc saranno 80mila i posti di lavoro creati in Italia dalla nuvola. Ma con quale contratto?

Tra parlare di cloud e fare il cloud c’è una bella differenza.
Se ne stanno accorgendo non solo gli analisti, ma anche le stesse aziende che del cloud in questi anni hanno fatto la loro bandiera.

Perché se nel 2011 qualunque misurazione risultava giocoforza prematura, per la novità della proposta, per l’assenza di soluzioni strutturate, per le comprensibili riluttanze di attori interni ed esterni alle aziende, nel 2012 l’alibi non reggerà più.
E allora sarà bene che il cloud diventi una realtà ben oltre il desiderio.

Così, passata la fase della rassicurazione, è il momento delle promesse.

Così sarà il cloud a consentire alle piccole e medie imprese il salto innovativo, grazie a un concetto di “affordability” che rende disponibili soluzioni di classe enterprise, dunque finora non accessibili, con un modello a servizio.

Così sarà il cloud che consentirà alle aziende distribuite di gestire la molteplicità di piattaforme e di utilizzo, ubiquitous computing in primis, senza dover ridisegnare ex novo l’intera infrastruttura It.

Così sarà il cloud che consentirà di recuperare forza lavoro, creando nuova occupazione.
80.000 nuovi posti di lavoro in Italia nell’arco di quattro anni: lo dice Idc in una ricerca condotta per conto di Microsoft e incentrata proprio sulle opportunità lavorative generate dal cloud.

Nuovi posti di lavoro – tanti – che presuppongono nuove competenze.
Ed è forse qui che si arriva al nocciolo della questione.
Perché se è vero che il cloud non fa più paura, è altrettanto vero che non si sta parlando di un passaggio realizzabile in tempi brevi e con poco sforzo.

È un cambiamento culturale che presuppone l’acquisizione di competenze nuove, non necessariamente e soprattutto non esclusivamente tecnologiche.
Se il focus di molti formatori sembra oggi incentrato sul tema sicuramente irrinunciabile della sicurezza, molto resta ancora da fare su altri fronti.
In primis quello della contrattualistica.
Verso i collaboratori e verso i clienti.
Con quale contratto verranno inserite queste nuove figure professionali nel nuovo mondo?
E come si regoleranno i rapporti tra le imprese?
Perché stipulare un contratto di servizio, che presupponga limiti e responsabilità in termini di durata, disponibilità, accesso, sicurezza, congruenza, policy non è cosa semplice. Soprattutto per gli operatori più piccoli e meno avvezzi al modello, che rischiano di mettersi in crisi da soli per un contratto mal concepito.
Le competenze, in questo ambito, stanno nascendo.
Chi le ha le tiene ben strette e le rende disponibili alle cerchie dei propri partner o collaboratori.
Sarebbe positivo che anche su questo fronte si cominciasse a parlare di open source o di creative commons. Se davvero si vuole che il modello decolli.

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