Il cigno nero del social networking

Il nuovo sta lentamente penetrando nel vecchio, creando una strana commistione di sacro e profano che -ancorché in maniera filosoficamente scorretta- porta avanti l’evoluzione.

Quando le cose cambiano inizialmente c’è convivenza di due mondi, poi uno dei due vince e l’altro viene relegato a posizioni secondarie. Nella gestione del territorio siamo oggi alla guerra dei mondi su base tecnologica.
Faccio due esempi. Il primo riguarda il cinema e la recente assegnazione degli Oscar, un evento planetario per un’industria in chiaro affanno rispetto a videogiochi, serie Tv ed intrattenimenti on-line. In particolare la miglior interprete femminile 2011 è Natalie Portman, una trentenne che ha vinto l’Oscar per aver recitato la parte di una sedicenne che si produce in una magnifica ed esplicita scena saffica all’interno di una commistione psicopatica con il balletto “Il lago dei cigni”.
Natalie ha nome francese che festeggia la nascita di Cristo e cognome anglosassone, ma solo per l’arte: è nata a Gerusalemme da padre israelita (e quindi in realtà fa Hershlag e non Portman) e madre statunitense ma con radici russo-austriache.
Insomma la Portman incarna tutti, ma proprio tutti, gli stereotipi della società dalla rivoluzione francese fino alla nascita del cinema.
Tutta roba vecchia e che trasuda esempi sbagliati e che non può essere modernizzata semplicemente innestando una fortissima scena lesbo nel mondo del lago dei cigni.

Organigramma e social net
Analogamente nel mondo aziendale abbiamo un modello vecchio, quello burocratico, impostato sulla strutturazione militare poi passata all’industria e quindi alla scuola. Sì, perché dove vuoi che un mondo militare metta i figli degli operai mentre i padri vanno in fabbrica? In un’altra fabbrica, ovviamente.
Prima o poi mi chiederò se il modello sociale porta agli stessi risultati di quello industriale. Oggi, imbevuto come sono di postindustrialismo, direi di no, ma è una reazione normale.
Osservo invece con chiarezza che da una cinquantina d’anni abbiamo un modello alternativo, l’information and communication technology. Prima ci abbiamo automatizzato attività semplici e locali, poi l’abbiamo globalizzata. Gli effetti disgreganti -economici e politici- sulla visione del mondo a blocchi di Risiko, sono sotto gli occhi di tutti. Sta di fatto che ora abbiamo due matrici prevalenti, secondo il modello occidentale: chi “è” in rete e chi “non ha” la rete.
Via via diventando “il” mondo, l’Ict ha spiegato che il suo approccio prevede di partire dal basso, sviluppando una gestione della polis basato sulla condivisione sociale, l’individuazione dei leader naturali etc etc., secondo una morale finora ritenuta perversa e quindi inaccettabile.
La soluzione qual è? Mischiare il sacro con il profano, dire che organigramma e rete sociale possono convivere, come il cigno bianco e il cigno nero, come una scena esplicita in una storia rielaborata per le corti del XIX secolo e per la cultura di allora, che si cerca di mantenere in vita anche oggi.
Secondo me la “cultura”, intesa oggi come i sani principi del passato e le mecenatesche condizioni che l’hanno reso possibile, è largamente sopravvalutata. Peggio ancora se si cerca di affiancare vecchio e nuovo. In questi termini la giustapposizione funziona? Secondo me no. Giustapporre non vuol dire amalgamare, men che meno nel mondo reale.
Forse funzionerà al cinema, con i suoi sensi di superiorità e di colpa, in un mondo in chiara diminuzione d’interesse dopo solo 100 anni di vita, nell’esemplificazione degli ideali delle antiche Muse mitologiche.
Che però, varrà la pena ricordarlo, in quanto abitanti di una certa parte della Grecia, erano beote. Anche in Ohio.

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