Il caffè si beve in tazza tecnologica

Il mercato delle torrefazioni italiane, per tradizione, è più pratico che innovativo, motivo per cui la stabilità dei sistemi informativi rappresenta la prima garanzia della business continuity

Il panorama manifatturiero italiano è costituito da una pluralità di realtà variegate, capaci di sviluppare lo stesso business su più ordini di grandezza. Alla voce “torrefazioni di caffè”, per esempio, l’elenco delle società che operano nel nostro paese in qualità di produttori e di distributori è lungo e la loro dislocazione geografica copre tutte le aree del territorio italiano. Dalla catanese Arabicaffè alla Compagnia del Caffè perugina, dalla romana Tazza D’Oro alla bolognese Segafredo, dalla pesarese Rio Rica Caffè alla milanese Mokito, al di là del numero dei dipendenti coinvolti e della movimentazione dei magazzini, spiccano alcuni denominatori comuni: una presenza sul mercato pluriennale, una particolare attenzione alla qualità delle miscele proposte e servizi avanzati di consegna, che si avvalgono del supporto delle migliori tecnologie informatiche. È proprio sul fronte dei servizi che cambiano gli scenari di riferimento, a seconda del grado di evoluzione organizzativa dell’azienda. Da una piccola indagine condotta su un panel di società del Bel Paese è emerso che tutte, da anni, hanno impostato la propria operatività su un gestionale personalizzato ad hoc da un partner tecnologico, scelto soprattutto, in funzione della sua disponibilità a garantire tempi di intervento tempestivi. Il grado di soddisfazione del rapporto è direttamente proporzionale alla durata: la conoscenza delle dinamiche aziendali permette al partner di calarsi nelle specificità dell’azienda e di risolvere al meglio necessità e criticità. In generale, il settore non ha particolari esigenze operative che spingono al rinnovamento: quelle poche vengono soddisfatte pienamente dagli aggiornamenti previsti dai contratti di manutenzione delle softwarehouse fornitrici.


L’Erp utilizzato è un pacchetto customizzato che, oltre a risolvere la parte amministrativa-contabile, nella totalità dei casi considerati è integrato alla logistica di magazzino. Sulla gestione della forza vendita, invece, le strategie sono diverse. Braccio armato del business, la rete di agenti sul territorio ha a disposizione differenti strumenti hardware e software che descrivono l’esistenza e, in alcuni casi, la coesistenza di processi misti: notebook o i più evoluti palmari e smartphone che, tramite portale, consentono il passaggio degli ordini direttamente al sistema centrale. In molti, però, raccolgono gli ordini in modalità cartacea, trasmettendo il tutto via fax, con un lavoro di data entry da parte dell’amministrazione.


Molto diverse, invece, le politiche relative alla supervisione e al controllo dei sistemi. Nelle realtà piccole e medie esistono responsabili che rivestono ruoli trasversali: in qualità di amministrativi, gestendo la movimentazione del business e i budget coordinano anche tutta la parte relativa alla gestione informatica aziendale.


Pur condividendo il valore e la solidità delle infrastrutture informatiche a sostegno di una migliore operatività, i motivi che rallentano scelte più innovative rimangono di ordine pratico. Appartenendo alle sfere dirigenziali o amministrative, questi manager sono letteralmente assorbiti dalla routine quotidiana e non hanno tempo per analizzare, risolvere e scegliere processi di automazione in una chiave di evoluzione. Più che un problema di budget, dunque, il blocco sarebbe vincolato a un multitasking lavorativo. Processi di automazione e soluzioni di prodotto vengono così effettuati in base a necessità specifiche o analisi empiriche, corredate da un attento confronto tra le varie alternative di mercato conosciute tramite riviste, Web o proposte dei fornitori. Certo gli iter di sviluppo dei progetti Ict sono posposti alle necessità operative del day by day e il surplus di responsabilità lascia poco spazio al rischio, ma le scelte avvengono in un regime di relativa sicurezza. La stabilità dei sistemi, infatti, è considerata la migliore garanzia alla business continuity. L’ipotesi di avvalersi di un consulente esterno, anche solo part-time, non viene presa in considerazione per motivi di contenimento della spesa ma anche perché la conoscenza del patrimonio aziendale viene ancora considerata come esclusiva dei dipendenti.


Torrefazione Comense Ticino, nota per il marchio Caffex, è un’azienda di Pavia che vende 220 tonnellate di caffè all’anno e opera da oltre 50 anni nel settore della torrefazione: attraverso una rete di dieci agenti, serve bar, ristoranti e pizzerie su un comprensorio geografico che comprende Pavia, Milano e Piacenza, per un totale di circa 500 clienti. «Molti anni fa, dopo il diploma di ragioneria, ho fatto a mie spese un corso di programmazione in Cobol, Fortran, Rpg – racconta Jens Nascardi, nell’amministrazione di Torrefazione Comense Ticino – pensando di potenziare le mie possibilità professionali. Oggi mi ritrovo a essere il responsabile delle scelte tecnologiche che di volta in volta possono efficientare il business aziendale. Le dimensioni dell’azienda e la stabilità delle tecnologie selezionate rendono impensabile aprire una finestra a una nuova figura esclusivamente responsabile dei sistemi informativi. Leggo molto, navigo sul Web e conservo le proposte più interessanti che arrivano dai fornitori. Quando trovo il tempo, valuto sistemi per un’automazione più strategica che sottopongo al consiglio di amministrazione. Tra i progetti in cantiere che vorrei risolvere c’è la messa a punto di una nostra presenza online. Ma bisogna trovare il tempo per capire quali contenuti mettere e che grado di funzionalità dare al sito».


Nella maggior parte delle aziende, la figura dell’Edp manager è risolta dalla formula prevalente dell’outsourcing: spesso è lo stesso partner tecnologico che, in qualità di fornitore del sistema gestionale, propone una figura di riferimento a supporto delle attività di monitoraggio e aggiornamento.


Caffè Bonomi esiste dal 1886 e oggi conta un organico di una ventina di persone. «Vendiamo 425 tonnellate di caffè all’anno – racconta Federico Talso, responsabile delle pubbliche relazioni di Bonomi – e da quando abbiamo informatizzato i nostri ambienti abbiamo scelto di avvalerci di un partner che, attraverso una persona dedicata, assicura il buon funzionamento dei nostri sistemi. Non avendo una gestione particolarmente complessa, questa soluzione ci permette di ottimizzare gli investimenti, garantendo piena funzionalità operativa». Dal 1982 la struttura produttiva di Caffè Bonomi è passata a Binasco (Mi), dove è stato attivato un nuovo e moderno impianto di tostatura e il processo produttivo è stato totalmente informatizzato. Nel 1997, dall’unione di Bonomi con altre due storiche torrefazioni locali, è nata Bomocaf, una nuova società che unifica la produzione delle tre aziende, mantenendo le specifiche identità: le miscele sono diverse così come è differente la filosofia e l’autonomia commerciale. Con l’obiettivo di ottimizzare la qualità dei prodotti e razionalizzarne i costi, la formula consortile è comune a molte altre aziende del settore che, condividendo strategie e infrastrutture, riescono a capitalizzare al meglio le risorse, guadagnando uno scambio di conoscenze e di esperienze tecnologiche dei vari player.


Saquella è una società pesarese di tradizione familiare che occupa un’ottantina di persone, compresa la forza vendita. La società movimenta 2.400 tonnellate di caffè all’anno, servendo il centro e il sud Italia. Su di un’area di 11.000 mq, di cui 5.000 coperti, sorge lo stabilimento nel quale l’esperienza acquisita in più di cento anni si coniuga con un patrimonio di sofisticata tecnologia. «Abbiamo un amministrativo competente anche sull’Ict per le attività di primo intervento – racconta Bianca Saquella, responsabile ufficio acquisti di Saquella – e abbiamo un partner tecnologico che oltre al gestionale e a curarci il sito, ci supporta anche in qualità di consulente per i nuovi progetti. Noi formalizziamo una richiesta e lo staff tecnico si occupa dell’analisi e della proposta, ma i piani di rinnovamento vengono fatti in media ogni sei o sette anni». Alla domanda se il rapporto funziona, la risposta della manager riassume l’opinione di tutti i colleghi: «Mi rendo conto che c’è meno competenza di quella che ci si aspetterebbe: tutti sono bravissimi a vendere ma appena si chiede una personalizzazione, per esempio su una scontistica particolare che non è mai uno standard, allora insorgono problemi. Insomma non è facile ottenere risposte immediate e precise dai fornitori di tecnologie, men che meno telefonicamente».


Sono solo le realtà più grandi ad avere un Edp manager a presidio del Ced, come Illy o Lavazza. Tutte le aziende intervistate, infatti, ritengono che sia il numero dei dipendenti a determinare la necessità di un presidio interno costante.

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