IBM – La visione olistica dell’innovazione

A quando un “Chief Innovation Officer”? A tale domanda non si può rispondere se non con la più classica risposta consulenziale: “dipende”. Dipende innanzitutto da quale significato vogliamo assegnare al termine inn …

A
quando un “Chief Innovation Officer”? A tale domanda non si può
rispondere se non con la più classica risposta consulenziale: “dipende”.
Dipende innanzitutto da quale significato vogliamo assegnare al termine innovazione,
e, in conseguenza di ciò, dal perimetro di responsabilità e compiti
che intendiamo riconoscere a tale ruolo aziendale.

“Innovare”, nella sua accezione più forte e più
incisiva dal punto di vista della generazione di valore per l’azienda,
significa “essere i primi ad introdurre nuovi prodotti/servizi, nuovi
processi e nuovi modelli di business nell’arena competitiva di proprio
riferimento”. Adottare delle “Best Practice”, già in
uso nel settore, può comportare benefici anche rilevanti per l’azienda,
ma non significa innovare e difficilmente può comportare la costruzione
di un vantaggio competitivo paragonabile a quello derivante dalla riuscita introduzione
di elementi realmente differenzianti.

Se l’innovazione in ambiti circoscritti è già parte dell’esperienza
di molte aziende (es. sviluppo prodotto, innovazione tecnologica) è assai
meno frequente una visione più completa, capace di valorizzare le sinergie
tra i vari domini ed in grado di estendersi anche all’innovazione del
modello di business con cui l’azienda stessa opera.

Tale concezione olistica dell’innovazione, inquadrata nella più
ampia trasformazione delle aziende verso un modello specializzato, richiede,
pur nella creatività, un processo strutturato, che può essere
scomposto nelle seguenti fasi:

  • Esplorazione: l’insieme delle attività di
    ricerca, acquisizione, organizzazione, registrazione e condivisione di informazioni
    e conoscenze (implicite, esplicite, generiche), elementi fondamentali per
    la successiva fase di ideazione;
  • Ideazione: l’attività continua di creazione,
    elaborazione e selezione di nuove idee, realizzata sulle informazioni e sulle
    conoscenze acquisite nella fase precedente di sperimentazione, che produce
    invenzione
  • Concettualizzazione: il passaggio dalla fase di invenzione,
    ad una fase di sfruttamento economico dell’invenzione, attraverso la
    valutazione dei bisogni del mercato, dell’opportunità commerciale
    relativa, della fattibilità operativa dell’iniziativa, inclusa
    la valutazione degli investimenti, dei costi, dei rischi e del ritorno dell’investimento
  • Sviluppo: la realizzazione del progetto innovativo, dei
    processi e degli strumenti atti a trasformare l’invenzione in una proposizione
    di valore erogabile dall’azienda e fruibile per il mercato
  • Lancio: l’insieme delle attività relative
    alla promozione e distribuzione sul mercato della proposizione di valore innovativa,
    inclusiva del governo delle dinamiche che caratterizzano il successo dell’innovazione

Un approccio maturo, continuo e sistematico all’innovazione come quello
descritto, supera l’interpretazione “shumpeteriana” di imprenditore
innovatore” e prevede un’estesa collaborazione all’interno
ed all’esterno dell’impresa per condividere idee e competenze complementari:

  • all’interno dell’impresa tra il marketing, le vendite, il post-vendita,
    la ricerca e sviluppo, la progettazione, la produzione, la manutenzione e
    l’amministrazione, finanza e controllo.
  • all’esterno dell’impresa, con interlocutori di varia tipologia,
    quali partner commerciali, terze parti, outsourcer, concorrenti, università,
    associazioni, comunità di pratica, poli tecnologici per la ricerca
    ed in primis clienti.

L’innovazione necessita poi di un secondo momento fondamentale, quello
della conoscenza creativa. Questa ha come prerequisito due aspetti chiave:

  • la creazione di opportunità di condivisione di conoscenze complementari,
    attivabili attraverso l’approccio alla collaborazione sopra esposta
  • l’utilizzo esteso di strumenti sofisticati di knowledge management
    creativo e di market intelligence, che, attraverso motori di ricerca semantica,
    siano in grado di correlare elementi non strutturati, quali dati, parole,
    informazioni ed eventi utili alla costruzione degli scenari strategici per
    l’innovazione

Tutti gli aspetti sopra esposti fanno capire che il Chief Innovation Officer
non può configurarsi solo come responsabile di una specifica funzione
aziendale, né è credibile che esso possa essere inteso come la
singola figura in cui implodono tutte le responsabilità e competenze
dell’innovazione in azienda. E’ indubitabile quindi che il Chief
Innovation Officer debba possedere un profilo professionale articolato che comprenda:

  • Solide capacità tecnologiche (di prodotto, di processo)
  • Adeguate competenze di business (nel proprio settore e nei settori potenzialmente
    convergenti)
  • Capacità organizzative e di project management
  • Competenze di gestione del cambiamento, in grado di facilitare la comunicazione,
    il coinvolgimento, lo sviluppo della conoscenza, la creatività, il
    gioco di squadra e la collaborazione
  • Capacità di controllo e gestione del rischio connesso all’incognita
    del nuovo

Il Chief Innovation Officer deve poi essere un buon program manager in grado
di interagire con il personale e l’organizzazione per attivare programmi
di incentivazione di gruppo ed individuali che premino sia il team che il contributo
individuale. Un ruolo di questa natura prevede uno stretto contatto con la direzione,
al fine di indirizzare il processo di innovazione verso le priorità strategiche
dell’azienda ed assicurare un adeguato livello di controllo e allineamento
dell’innovazione ai programmi aziendali, siano essi orientati alla crescita,
alla leadership di prodotto, di costo o di servizio al cliente.

In conclusione, quindi ben venga un Chief Innovation Officer, che, in dipendenza
della complessità e della tipologia di impresa, dovrebbe essere in ogni
caso un riporto diretto dell’imprenditore, dell’Amministratore delegato
o del Direttore generale dell’azienda.

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