Iam, tema delicato e poco conosciuto

Scarsa sensibilità e costi frenano l’adozione di sistemi per l’Identity & access management. Lo dice una ricerca condotta in UK.

Una ricerca commissionata da Rsa Security e condotta lo scorso aprile in Gran Bretagna, su un campione costituito da 101 responsabili It di grandi aziende, ha delineato gli attuali umori dell’utenza in merito alla delicata questione dell’Identity & access management (Iam).


Si tratta proprio di una questione delicata, se è vero che, come emerge dall’indagine, esiste una resistenza da parte del top management all’adozione di tecnologie che consentano di definire le identità digitali delle persone e di controllarne l’accesso alle risorse aziendali (questo fa l’Iam). E se non è resistenza si tratta quantomeno di scarsa sensibilità, fattore che comunque risulta parimenti inibitore.


Così, in cima alla lista degli ostacoli si posizionano, oltre ai i costi e alla carenza di risorse finanziarie, citati da un terzo degli It manager, proprio le resistenze da parte dei “numeri uno”, chiamate in causa dal 27% degli intervistati.


E lo stupore non finisce qui. Benché, infatti, il 52% degli interpellati sia convinto che l’adozione di tecnologie di Iam consentirebbe all’azienda di risparmiare (e il 76% le consideri una importante priorità) solo l’8% del campione, messo alla prova, è stato in grado di definire correttamente cosa si intenda per Iam. Un “desolante” 20%, infine, ha dichiarato di non aver mai sentito parlare di “provisioning” o di “federated identity management”.


Da questi numeri risulta, come sottolinea chi ha commissionato il survey, una certa confusione e, in ogni modo, una scarsa conoscenza delle tematiche organizzative e tecnologiche correlate alla gestione delle identità e degli accessi. Parallelamente, l’acquisto di prodotti per l’Iam è più che altro dettato da esigenze tattiche limitate (con il Single sign on in primo piano, seguito dalla gestione delle directory), e non fa parte di una strategia globale e coerente.


Ai noi che i numeri li leggiamo sorge spontanea una domanda: se questo è il quadro in Gran Bretagna quale potrà essere quello italiano?

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