I servizi Web alla disperata ricerca di standard

Integrazione e interoperabilità sono le due parole chiave, in un settore che promette grandi vantaggi per gli utenti che hanno bisogno di interagire con partner, fornitori e clienti, senza doversi preoccupare delle differenze fra i vari sistemi informativi.

Si fa un gran parlare, specie in questi ultimi tempi, di servizi Web. Dietro questa categoria si nasconde, in sostanza, il middleware attraverso il quale è possibile collegare via Internet diverse applicazioni. L’intento è di consentire agli utenti aziendali di interagire con partner, fornitori e clienti senza preoccuparsi delle caratteristiche tecniche dei sistemi informativi a cui si stanno interfacciando. Con le attuali proposte sul mercato, tuttavia, siamo al livello dell’interoperabilità di base e i costruttori del settore sembrano tuttora impegnati a cercare le soluzioni per coprire i buchi esistenti nei servizi Web. L’assenza di standard, poi, non fa che rendere più difficile la situazione.

Di Bea Systems abbiamo già parlato la settimana scorsa, in occasione dell’annuncio di WebLogic 7, un toolset pensato per accelerare la creazion e di applicazioni per Web services. Sullo stesso fronte, si sono allineate, fra le altre Ibm e Microsoft, le quali, insieme a un gruppo di aziende, hanno costituito in febbraio la Web Services Interoperability Organization (Ws-I), con l’intento di promuovere un’interoperabilità affidabile e offrire linee guida per l’implementazione. Secondo stime di Ibm, organismi come il W3C (World Wide Web Consortium) o l’Oasis (Organization for Structured Information Standards) dovrebbero, entro i prossimi due anni, aver approvato almeno due dozzine di standard per i servizi Web, dando il “la” allo sviluppo del settore. Fin d’ora, tuttavia, gli sviluppatori hanno bisogno di consigli pratici su come implementare gli standard e i tool necessari a testare la compatibilità del software. In effetti, l’interazione fra sistemi costruiti su disparati hardware, sistemi operativi e linguaggi di programmazione richiedono un eccezionale livello di cooperazione e aderenza agli standard. Solo ora, però, sembra che i vendor abbiano preso coscienza del problema e stiano lavorando per trovare una soluzione efficace.

È così che avversarie come Ibm, Bea e Microsoft si trovano qui schierate sullo stesso fronte, allo scopo di vendere i propri prodotti, com’è ovvio, ma anche farli comunicare con quelli dei concorrenti. Che il problema sia ormai recepito dai vendor è dimostrato dalle circa 450 adesioni ottenute in un mese di attività da Ws-I, con membri di diversa estrazione (Intel, Hp, vari specialisti dell’Erp, dell’Eai e della business intelligence, tra gli altri).

Al di là degli standard, le visioni dei principali operatori del settore divergono sul ruolo che spetta a ciascuno. Di recente, Ibm ha offerto un quadro che vede se stessa e Microsoft come leader nella fornitura di infrastrutture, con altre realtà, come Sun e Bea, capaci solo di offrire “pezzi” di servizi.

L’asse Armonk-Redmond potrebbe trovare qui un fertile e inatteso terreno di sviluppo. Le due società, infatti, stanno lavorando su vari standard comuni, come, ad esempio, un’estensione della sicurezza Soap. Anche, se, va ricordato, i servizi Web dettano solo un metodo comune che stabilisce come le applicazioni su una rete scoprono e interagiscono fra loro, ma non come esse sono implementate.
Anche chiarito ciò, i punti su cui lavorare restano parecchi e si possono includere l’integrità transazionale, i service level agreement, l’uso di servizi Web per il billing e la gestione dei servizi, in particolare quelli cui accedere via ricerca e integrazione dinamica. Tutti questi aspetti non potranno essere affrontati se non attraverso standard, sperando che gli utenti capiscano e sappiano aspettare.

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