I piani di Torino Wireless

Entro il prossimo luglio verrà ultimata una serie di progetti attuativi, che focalizzerà ulteriormente l’attività del Distretto tecnologico

Nato nel 2000, dopo un anno di gestazione a cavallo tra il 1998 e il 1999, e con il coinvolgimento di oltre 2.000 attori locali, «il Piano Strategico di Torino è stato il primo in Italia a essere riconosciuto dal Miur» ci ha spiegato Paolo Verri, direttore della Fondazione Torino Internazionale. Dopo un’attenta discussione sui possibili scenari futuri della città di Torino, si raggiunse la consapevolezza di dover passare piuttosto in fretta attraverso una transizione che trasformasse il capoluogo piemontese da città postindustriale, a città invece dotata di una serie di asset in grado di renderla molto più equilibrata e non soltanto dipendente da un paio di settori economici. Il Piano Strategico che venne messo a punto aveva sei linee strategiche e venti obiettivi, messi a fattor comune dall’intento di far capire la fondamentale importanza dell’interazione tra ricerca e impresa.


A partire da una survey sui distretti tecnologici internazionali eseguita da McKinsey, e dopo circa sei mesi di lavoro incrociando i dati riguardanti ricerca ed impresa sul territorio piemontese, emerse che l’ambito maggiormente interessante dal punto di vista degli asset presenti, con 60 aziende e oltre 2.000 ricercatori, era quello dell’Ict. Nel novembre del 2001 fu firmato, alla presenza dell’allora ministro Letizia Moratti, un patto che coinvolgeva il ministero, l’interezza degli enti locali, le università, il politecnico e i soggetti associativi dello sviluppo economico: Camera di Commercio e Unione industriale, oltre, ovviamente ad alcuni grandi operatori del mercato Ict. «Questo “memorandum of understanding” – ha spiegato Verri – metteva sul tavolo una riserva complessiva di 120 milioni di euro».


Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuto aspettare, ha proseguito il direttore di Torino Internazionale, questa prima parte fu relativamente semplice e piuttosto rapida, probabilmente perché portata avanti sull’onda di un entusiasmo collettivo molto forte. Più difficile fu, invece, passare dalla fase diciamo di studio, alla creazione invece della Fondazione vera e propria, con tutti i criteri per l’attribuzione dei fondi a disposizione, che necessitò di ulteriori nove mesi di lavoro, e che portò alla nascita del Distretto di Torino Wireless.


Programmi di breve e lungo termine


Gli obiettivi fondamentali che il Distretto si è posto all’inizio del suo lavoro sono stati in primis l’attrazione di talenti nel campo delle tecnologie applicate, mettendo a fuoco un argomento comprensibile, condiviso e su cui si disponesse già di una ricchezza di base in termini di imprese presenti sul territorio, con il fine ultimo di incrementare in maniera considerevole il numero di attori coinvolti.


In secondo luogo far nascere una serie di piccole e medie imprese a partire dall’incubatore rappresentato dal Politecnico, ed in ultimo ma non certo per importanza, mettere in piedi una consistente attività di found raising, in grado di sostenere lo sviluppo sia dei movimenti di ricerca che di impresa.


Nel lungo periodo, invece, le mete che Torino Wireless desidera raggiungere da qui a 10 anni sono il raddoppiamento dell’incidenza dell’Ict sul peso economico regionale, portare il numero di ricercatori presenti sul territorio da 2.000 a 4.000, e di far nascere una media tra le 10 e le 15 nuove aziende l’anno. Si è inoltre già iniziato a lavorare alla messa a punto di un secondo piano strategico, che al momento consta di un documento previsionale, e che entro luglio 2006 inizierà a essere declinato in diversi progetti attuativi, che hanno l’ambizione di focalizzare ulteriormente l’attività del Distretto, nell’ambito della costruzione di una società della conoscenza, in cui la produzione immateriale abbia una fortissima e significativa preponderanza. «In un certo senso – ha concluso Verri – Torino Wireless rappresenta l’esempio più importante della collaborazione tra pubblico e privato, e allo stesso tempo il fondamento del nuovo piano strategico, con un valore quindi oltre che strettamente operativo, anche simbolico».

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