I giovani imprenditori italiani pionieri della green economy

a cura di Euroreporter.eu

L’economia verde potrebbe essere la risposta alla crisi finanziaria, oltre che al cambiamento climatico.

Secondo uno studio del Wwf, la green economy, ossia l’insieme delle attività produttive che ruotano attorno alle fonti rinnovabili, al trasporto pulito e all’efficienza energetica, conta 3,4 milioni di posti di lavoro superando così i 2,8 milioni dell’industria ‘tradizionale’ mineraria, dell’elettricità, gas, cementi, dell’acciaio e del ferro.

Questi dati sono solo un assaggio delle potenzialità di un settore che è fortemente in crescita.

Un esempio è il fotovoltaico che in Italia, come ha spiegato Roberto Giuliani, coordinatore dell’incubatore Itec di Bic Lazio parte di Cinema consorzio dell’Europe enterprise network (Een), “sta reggendo bene alla crisi” e soffre meno della recessione rispetto ad altri settori.

In Europa il Business in verde da lavoro a 2,1 milioni di persone nella mobilità sostenibile, 900 mila per beni e servizi nell’efficienza energetica e 400 mila nel settore delle fonti rinnovabili. Cifre cui vanno ad aggiungersi altri 5 milioni di posti di lavoro in settori correlati alla sostenibilità e all’ambiente.

La Germania è campione incontrastato della Green economy nel Vecchio continente guadagnando la posizione tra i ‘paesi leader’ nell’eolico, la biomassa e il fotovoltaico dove divide il podio con l’assolata Spagna. Modesti i numeri ‘verdi’ dell’Italia con appena 1.700 posti di lavoro nell’energia solare contro i 42 mila della Germania e i 26.800 della Spagna. Nonostante il ‘posto al sole’, il Belpaese impiega appena 3mila lavoratori nel solare termico, mentre Berlino può contare su 17400 eco-lavoratori e la Spagna oltre 9,100 calcolando solo coloro che sono impiegati direttamente nel settore. Il ritardo dell’Italia nel salire sul treno dell’economia sostenibile è stato affrontato dai giovani imprenditori di Confapi che hanno spiegato come il pacchetto europeo su clima ed energia, è un’opportunità che l’Italia non può permettersi di perdere.

“L’Unione europea”, si legge in un articolo di Valentina Sanfelice di Bagnoli, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confapi, pubblicato dal Denaro “ha stimato che la misura dovrebbe permettere all’Europa di collocarsi all’avanguardia nel mondo, in un “green business” estremamente conveniente, comportando la creazione di 2,5 milioni di posti di lavoro”.

Confapi invita ad “un utilizzo intelligente della leva fiscale” per attrarre investimenti e spronare politiche dirette alla sostenibilità ambientale. Stando al rapporto del Wwf l’Italia è piuttosto parsimoniosa quanto si tratta di investire in rinnovabili e ambiente. Se guardiamo ai Fondi del pacchetto europeo di stimolo verde la Germania e la Francia hanno investito rispettivamente 10,7 e 5,5 miliardi di euro nella green economy, mentre l’Italia è ferma a 1 miliardo di euro investito esclusivamente nel trasporto ferroviario.

Il Belpaese registra però trend positivi nel settore della mobilità, dove, insieme alla Francia, vanta la migliore offerta di veicoli a basse emissioni di carbonio. I giovani imprenditori di Confapi insistono in una nota “il clima ed il territorio sono beni preziosi ed ogni impatto su di essi va governato con serietà ed impegno, senza ripetere gli errori del passato.

E’ necessario imporre queste questioni con severità, ad esempio vincolando il sistema di incentivi solo a chi porta in azienda innovazioni tecnologiche che abbiano un impatto importante sull’abbassamento delle emissioni nocive e sulla preservazione dei territori.
E su questo bisogna pretendere soprattutto dalle grandi imprese per rendere eque le politiche degli incentivi rispetto a quelle per le Pmi affinché il connubio tutela dell’ambiente ed innovazione-sviluppo sia una condicio sine qua non”.

Il Wwf ritiene cruciale che l’Ue e gli stati membri si impegnino a rafforzare il pacchetto clima ed energia del dicembre 2008 ponendosi un target di riduzione per i gas effetto serra di almeno il 30% entro il 2020. Il rapporto chiede inoltre agli stati di studiare una serie di ammortizzatori sociali che possano attutire i colpi della disoccupazione non appena questa si abbatterà sui settori tradizionali, come quello dell’auto, che sotto la spinta della rivoluzione verde necessiteranno di una riconversione delle forze lavoro e delle produttività stessa.

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