Hr «in casa» o in outsourcing?

Alcune considerazioni da fare per capire se sia meglio delegare “all’esterno” la gestione delle applicazioni afferenti alle risorse umane

L’esternalizzazione dei processi di business non-core per l’attività d’impresa cresce. Secondo Forrester Research, infatti, il Business process outsourcing (Bpo) in Europa ha generato, nel 2006, un giro d’affari di 11 miliardi di euro, con prospettive di crescita media annua che, da qui al 2011 saranno dell’11,5%. Per quell’anno, il fatturato legato al Bpo arriverà a sfiorare i 19 miliardi di euro (18,9).
Cinque le categorie più "gettonate" (Hr, finanza, procurement, fatturazione e customer care), all’interno delle quali l’area delle risorse umane fa la parte del leone, assorbendo circa 1/3 degli investimenti. La gestione del personale si candida, infatti, a divenire una delle funzioni a più alto tasso di esternalizzazione. Complici le normative, in continua evoluzione (non ultima, ad esempio, la Finanziaria 2007, con la riforma della gestione del Trattamento di Fine Rapporto), che obbligano gli operatori ad aggiornamenti continui.


Tutto dentro o tutto fuori?
Il capitale umano è considerato un fattore chiave per qualsiasi organizzazione, tuttavia, le attività correlate alla sua gestione sono viste, il più delle volte, come dei pesanti grattacapi. L’outsourcing trasferisce la responsabilità operativa dei singoli processi legati alle risorse umane dalla funzione Hr a un fornitore esterno, che si fa garante della qualità dei servizi offerti attraverso apposite clausole contrattuali e penali (Sla, Service level agreement).
Secondo Yankee Group, il valore dei contratti di gestione in outsourcing delle risorse umane (Hro) ha raggiunto, nel 2006 in Europa, i 3,7 miliardi di euro, con un numero di dipendenti gestiti che supera i 6 milioni di unità. All’interno di questi contratti l’analista fa rientrare due processi chiave quali l’amministrazione del personale e quella dei benefit. Si tratta di una fetta consistente dell’intero mercato del Bpo, che peraltro guadagna crescenti consensi. «Le ipotesi per il 2007 sono di un 9% di fatturato in più rispetto allo scorso anno – chiarisce Sonoko Takahashi, analista di Forrester Research -. Ci aspettiamo tassi di crescita media annua, per questo mercato, nell’ordine dell’11,4%, fino a raggiungere i 6,3 miliardi di euro di giro d’affari nel 2011, ovvero il 4,3% del totale degli investimenti in servizi It nel Vecchio Continente. Nei mercati più maturi, quello delle risorse umane è il servizio più esternalizzato, arrivando a pesare per oltre il 45% sulle spese totali di Business process outsourcing nel 2011. Nella scelta se tenere in casa (o riportarla, nell’ottica dell’insourcing) un’applicazione Hr, occorre tenere conto di diversi fattori. Anzitutto, avere ben chiare le dimensioni delle applicazioni richieste e capire se il dipartimento It è in grado di lavorare a stretto contatto con il team dedicato alle risorse umane, per cercare di comprendere le implicazioni di una gestione diretta (sotto il profilo informatico), delle Hr.

Rincorrere l’aggiornamento tecnico
Diverse sono le considerazioni da fare prima di decidere se sia meglio gestire internamente alla funzione It queste attività o delegarle all’esterno. Le due principali sono relative alla maturità delle applicazioni utilizzate, oltre che alla valutazione dei livelli di servizio.
In linea di principio, infatti, l’outsourcing risulta consigliabile per le applicazioni relativamente mature (come il payroll), con una quota contenuta di costi fissi ancora da ammortizzare. Le formule di costo "per singolo impiegato" risultano, in questi casi, generalmente più appetibili. Per contro, la spinta verso l’esternalizzazione potrà essere giustificata dalla necessità di "stare al passo con i tempi" e, quindi, di dotarsi di applicazioni di nuova generazione senza doverne assumere in proprio gli investimenti, non solo in termini di licenze applicative, ma anche nell’adeguamento dell’hardware necessario a supportare le nuove funzionalità.

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