Gli stessi skill accomunano Eds nel mondo

La società di servizi ha messo ogni sua filiale nelle condizioni di poter offrire il know how tecnologico più avanzato. Sta, poi, alle aziende decidere se fare scelte più o meno innovative per competere.

Una crescita del fatturato 2001 del 16%, pari a 21,5 miliardi di dollari, e un incremento del 17% dell’utile per azione rispetto all’esercizio di un anno prima, danno già l’idea di come la società di servizi Eds, seconda per fatturato dopo Ibm Global Services e prima tra le società indipendenti del settore, sappia ben gestire il proprio business. Con Vincenzo Damiani, vice president corporate di Eds abbiamo analizzato come la società si è riorganizzata per meglio seguire le esigenze dei clienti.

Le ultime evoluzioni del mercato Ict quanto hanno influito sull’attuale riorganizzazione di Eds?


"Se analizziamo nel suo complesso il mercato ci accorgiamo che oggi, in seguito anche al periodo recessivo che c’è stato, le aziende di tutti i settori tendono a ottimizzare le proprie risorse su due fronti: il contenimento dei costi e l’efficienza, necessaria per competere. Tenendo presenti le nuove evoluzioni dell’Ict la nostra recente riorganizzazione, uguale in tutto il mondo, perché offre il vantaggio di una uniformità di applicazioni, di metodologie, di tool e di processi, oggi si basa su una struttura di cinque linee di business, che hanno responsabilità globale per l’infrastruttura, per il distribuito, per il communication e network e per le applicazioni. Il front end di tutto questo è una struttura che va dalle vendite al supporto post vendita e che serve i tre principali indirizzi di mercato che sono l’infrastruttura, l’outsoucing vero e proprio e i processi. Quindi delle cinque business unit tre sono l’Information Solutions, nella quale rientrano i servizi che sono la base tradizionale di Eds, l’Electronic Solution, dove sono seguite le attività legate a Internet, intranet ed extranet e il Business Process Management il cui obiettivo è quello di aiutare le società a ottimizzare le risorse e migliorare i processi. A queste linee si aggiunge una quarta, quella della consulenza strategica, creata in seguito all’acquisizione di At Kearney, che per noi rappresenta un elemento di sinergia, laddove i clienti lo richiedano, ma che opera anche in modo indipendente sul mercato. Quinta business unit è la Plm, acronimo di Product Lifecycle Management, la struttura nata dalla fusione della neoacquisita Unigraphics con Sdrc, particolarmente attiva in ambito Cad e modeling. Questo quadro complessivo, che può a prima vista sembrare complicato, in realtà evidenzia una struttura di vendita che va sul mercato come punto singolo di contatto verso i clienti e una focalizzazione di competenze e skill nei diversi rami di mercato".

Quali sono le attuali esigenze dei clienti riscontrate dal vostro punto di osservazione?


"Sono diverse e di diversa natura, perché alcuni hanno bisogno solo della system integration, altri di organizzare i loro processi o di migliorare la gestione, avviando magari dei call center o attività di Crm o, ancora, hanno bisogno di fare un full outsourcing. Tutto questo vine anche supportato dai solution center che possediamo in tutto il mondo; anche in Italia possiamo contare sui centri di Caserta e Bari, che possiedono un elevato know how. Ma al di là delle specifiche competenze locali, voglio sottolineare la nostra globalità di competenze, che ha un aspetto per me molto positivo se gestito bene, in quanto volutamente non crea livelli di skill differenziati a seconda delle nazioni. Quindi non solo Eds è avanzata negli Usa, ma lo è alla stessa mainera anche nel resto del mondo: dipende solo dal cliente far scelte innovative o meno, perché da parte nostra il know how c’è. Ritornando all’Europa, mio territorio di competenza, va considerato che le piccole e medie imprese sono al centro anche delle nostre strategie, in quanto in realtà sono proprio loro che hanno bisogno di soluzioni molto avanzate per guadagnare in competitività".

Una società di consulenza come la vostra non può vivere senza partnership, a iniziare dai clienti, dei quali deve imparare a guadagnarsi la fiducia, per proseguire con i vendor, sia hardware che software…


"È vero, noi facciamo partnership da sempre, sia con i clienti, soprattutto quando ci assumiamo l’incarico di un outsourcing globale e si parla di contratti a lungo termine, per proseguire i quali bisogna avviare un rapporto di reciproca collaborazione, sia con i vendor, assieme ai quali, pur mantenendo un approccio di indipendenza dai singoli marchi, dobbiamo essere in grado di offrire al cliente quanto desidera o quello che noi riteniamo meglio per lui".

Come sono cambiate negli ultimi tempi le modalità di contratti di outsourcing. Qualche anno fa gli analisti, tra cui Gartner, consigliava di fare accordi non superiori ai cinque anni, per non legarsi troppo a un fornitore, mentre oggi sembrano ritornare ancora di moda i contratti più a lungo termine.


"Il modello che noi continuiamo a perseguire a livello mondiale è quello di dieci anni, ma nello stesso tempo ci rendiamo conto che in questo lasso di tempo può cambiare tutto. Ecco che ritorna il discorso di partnership, perché nel frattempo è auspicabile che anche le esigenze del cliente crescano. Dal nostro punto di vista la durata è quella che permette al cliente, e anche a noi, una migliore ottimizzazione degli investimenti iniziali. Ritengo che la durata del contratto sia essenzialmente una definizione di quello che è lo scopo del contratto stesso. Il cliente, infatti, ci chiede che il suo sistema informativo sia sempre all’avanguardia, e a sua garanzia ci sono dei benchmark molto ben definiti che qualificano i livelli e la verifica dei servizi offerti. Da parte nostra, comunque, chiediamo sempre che nell’ambito del cliente si crei una struttura di responsabiltà nei nostri confronti, che controlli l’operato di Eds e ci trasmetta le nuove esigenze interne. A questo proposito abbiamo avviato, quasi due anni fa, il programma Service Excellence, che prevede delle survey sia mensili che trimestrali, fatte dal cliente sul nostro operato, dalle quali ricaviamo delle informazioni quantitative di controllo molto importanti. Per l’anno in corso ci siamo dati l’obiettivo di avere l’85% dei clienti soddisfatti, con l’impegno nell’anno prossimo di arrivare al 100%. E questo approccio obbliga tutte le parti coinvolte a dar il meglio di sé e appena ci sono dei problemi a intervenire".

Analizzando i due mercati più importanti, quello d’Oltreoceano e quello europeo, notate delle differenze di approccio ai progetti?


"In realtà no, se non nel fatto che la tipologia delle aziende, relativamente alle dimensioni, è diversa, ma non per quanto riguarda i progetti in sé. Piuttosto, ritornanado al discorso dell’outsourcing vediamo crescere da parte delle aziende, sia negli Usa che in Europa, una tendenza sempre più attiva nel trasferire a Eds alcuni progetti legati a tutte quelle operazioni ripetitive, come la gestione degli stipendi o la contabilità. Eds si fa carico di queste attività che può gestire da sola o con il supporto dei partner. Dovendo contenere i costi e ottimizzare la gestione, molte società preferiscono affidare a terzi quelle attività che sono sì importanti, ma metodiche e che però richiedono l’uso di una tecnologia molto avanzata e sicura".

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