Gli skill tecnologici più ricercati oggi dal mercato

La penuria di figure professionali pone alle aziende più innovative una serie di nodi da sciogliere, tra i quali se sia preferibile far crescere internamente le persone o acquisirle dall’esterno già formate.

 


Pur drasticamente ridimensionato, a causa del rallentamento generale dell’economia nazionale e degli investimenti in innovazione, permane tuttavia il fenomeno dello skill shortage relativo alle figure specializzate nell’Ict. E una prima conferma viene dall’osservatorio di recruitment online jobpilot.it il cui amministratore delegato, Cipriano Moneta, afferma che "oggi sicuramente i valori assoluti delle assunzioni non reggono il confronto con un felice non lontano passato, ma il cambiamento più significativo, che ha modificato il volto del recruiting in ambito Ict è di tipo qualitativo. Si è, infatti, consolidata la tendenza, iniziata già nel 2001, di ricercare profili alti che alle solide competenze hi-tech sappiano coniugare spessore manageriale, capacità di gestire progetti complessi in termini di costi-benefici e abilità nel condurre un team".


Le aziende sono diventate "necessariamente" più esigenti ma anche più caute, perché sono noti i casi di fallimenti di progetti affidati a personale che si definiva specializzato e che poi tale non era. Lo skill shortage, o meglio lo skill gap, ruota attorno a figure formate in ambito Internet, che sappiano coniugare la nuova cultura Web con una pregressa organizzazione aziendale, non sempre preparata culturalmente ad affrontare e accettare i nuovi paradigmi tecnologici. Le esigenze di profili innovativi da inserire nelle aziende ultimamente variano con un ritmo abbastanza accelerato e dipendono da tutta una serie di situazioni legate alla tipologia dell’azienda, alla sua dimensione e ruolo sul mercato, nonché al tipo di progetti in atto. Per esempio, in una società come Ibm Global Services, che a 360° offre innovazione allo stato dell’arte, quali sono le figure più richieste? "In Italia sono gli account manager – ci risponde Renato Dicati, senior e-Learning Consultant Ibm Global Services in Italia – gli Internet product/solution sale, i consulenti di Crm ma anche di Erp, i multimedia producer, i consulenti di e-learning. E ancora, in seconda battuta, i project manager, gli specialisti di sistema in area Web, i security manager, i communication network designer e Web service developer". Presso le aziende utenti invece, come sottolinea Dicati, le richieste in parte cambiano e riguardano figure più classiche come account manager, sviluppatori software, esperti in linguaggi come Java o Xml, operatori di assistenza tecnica, ma avanza anche il security manager. La rete aziendale è un altro punto nevralgico dell’attività, per cui ecco la necessità del network solution engineer. In caso di nuovi progetti viene ricercato il project manager e il Web service developer, ma permane anche la richiesta di consulenti di Erp e avanza quella di consulenti di Crm.


Figure tutte di cui si parla da qualche anno ma le cui funzioni, sicuramente per molti non sono chiare, per cui di alcune riportiamo nel box un profilo sintetico, delineato dal progetto Europrofiles, gestito dalla società Ifoa.


In questo contesto, dunque, qual è l’approccio delle aziende nel ricercare nuove competenze? Cercano all’esterno figure già formate o preferiscono farle crescere internamente? "Bisogna distinguere tra aziende medio piccole e grandi, – precisa il manager di Ibm – in quanto le aziende più grandi tendono a cercare all’esterno solo le figure professionali più innovative, come consulenti, specialisti in aree emergenti, venditori di nuovi prodotti e così via, mentre per le competenze tecniche più tradizionali preferiscono investire sulle risorse interne e formarle. Questa situazione è particolarmente vera per aziende di punta, come Ibm che nello scorso anno ha speso più di un miliardo di dollari per la formazione delle sue persone

Ed ecco che siamo arrivati al tasto dolente, ma inevitabile, della formazione, verso la quale le società italiane dimostrano ancora un approccio confuso. Sicuramente è una delle poche voci dell’area Ict che sia cresciuta nel corso del 2002, ma non come dovrebbe, in quanto le aziende non riescono a vincere la diffidenza che formare proprie persone su tecnologie emergenti alla fine significa rischiare seriamente di vedersele soffiare sotto il naso dalla concorrenza, e quindi aver buttato i soldi della formazione. Tuttavia il mercato oggi si è un po’ calmierato, rispetto a due anni fa, anche in fatto di stipendi, ma in effetti il rischio sussiste.


In definitiva, quindi, dal punto di vista dei costi, è meglio scegliere una figura già formata all’esterno o formarla internamente? Secondo Dicati "a livello di costi, forse, è preferibile la strada del professionista già formato, perché generalmente conviene cercare all’esterno le risorse che possiedano le competenze che servono in azienda. E poiché oggi non è difficile trovarle tra i giovani neo laureati o alle prime esperienze di lavoro, ne risulta che il loro costo di solito non è troppo elevato".

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