“Gli investimenti nell’Ict guidati dalla sostituzione”

Secondo Marco Bozzetti, presidente del Club Ti di Milano, il 2004 sarà un anno ancora difficile, con una spesa informatica destinata soprattutto al rimpiazzo di un parco divenuto in diversi casi obsoleto. I Cio rimangono alle prese con il problema di allineare la tecnologia al business aziendale.

Abbiamo chiesto a Marco Bozzetti, presidente milanese del Club Ti, una delle principali associazioni di utenti Ict in Italia, di offrirci le sue valutazioni sull’andamento prevedibile per gli investimenti nel settore.


Dal vostro punto di vista di osservatori, ma anche di diretti interessati, come giudicate l’orientamento sulle previsioni di spesa informatica in Italia? Prevarrà ancora una volta la prudenza e la gestione dell’ordinario o si possono lecitamente intravedere segnali di ripresa?


“La situazione macroeconomica rimarrà, almeno per il primo semestre 2004, ancora “pesante”, con evidenti ripercussioni sull’Ict. Parlando di spesa informatica, occorre distinguere fra hardware, software di base e applicativi. Per le prime due voci, dovrebbero, è d’obbligo il condizionale, esserci spese di “rimpiazzo” di server e di client ormai obsoleti visto che gli ultimi investimenti furono nel 1999-2000 per Anno 2000 ed euro e il ciclo di vita dei prodotti è stato allungato rispetto all’innovazione tecnologica, che segue più o meno la legge di Moore dei processori. Per il software applicativo, specie i pacchetti, il comportamento del mercato sarà a macchia di leopardo”.


Quali saranno le aree nelle quali è prevedibile che andranno a concentrarsi i budget It 2004? E quali potranno essere le aree di innovazione ipotizzabili sul breve termine?


“In testa metterei il rimpiazzo “smart” di hardware e software di base obsoleti, mentre in second’ordine viene la sicurezza Ict. Per il mondo applicativo, al di là dei normali aggiornamenti del software installato, gli sforzi saranno, se necessari per il business aziendale, orientati all’integrazione applicativa e a un maggior allineamento dell’Ict al business aziendale, in particolare per Dss e Business intelligence. Prevedo, poi, una certa disponibilità di applicazioni per il mobile. In generale, le aziende si pongono obiettivi di “miglioramento graduale” sempre più guidati dalle esigenze del business e delle varie business unit. Gli investimenti in Ict vanno in porto solo se portano a riduzione dei costi a breve”.


Diversi analisti hanno sottolineato come le aziende italiane lavorino mediamente con un parco tecnologico vecchio e sia quindi divenuto inevitabile programmare un aggiornamento. Pensate che la situazione stia in questi termini o prevarrà un’ulteriore fase d’attesa?


“La sostituzione interesserà il parco veramente e totalmente obsoleto. Nelle medie e grandi aziende c’è una forte over-capacity sui server”.


Due filoni di potenziale investimento: applicazioni legate a Internet e open source. Pensate che il loro peso sia destinato ad aumentare nel corso del 2004?


“Nel primo caso, ormai i sistemi sono già o stanno diventando tutti “Web-centrici”. L’innovazione è prevalentemente legata all’accesso da dispositivi mobile, ma anche qui con grande cautela, almeno nel mondo business. L’open source avrà, a breve, un impatto più forte nella Pa, mentre l’approccio aziendale sarà dettato dal buon senso e dovrebbe essere selettivo. C’è di tutto nell’open source, quindi occorre attentamente distinguere. Attenzione, poi, ai problemi di supporto e gestione. L’open source richiede forti competenze tecniche per una gestione efficace”.


Quali sono gli input che i Cio hanno ricevuto dalle direzioni generali delle aziende per le quali lavorano? E qual è, mediamente, il rapporto che oggi esiste fra il board e la struttura It nelle aziende?


“In testa c’è l’allineamento dell’Ict con il business. Il top management, nella maggior parte delle aziende italiane, percepisce l’informatica più come un costo che come un asset strategico. Inoltre, ha ragionevoli difficoltà a comprendere e gestire la crescente complessità dell’Ict e quindi tende a occuparsene il meno possibile, magari per poi pentirsene. Il Cio o, meglio, le direzioni dei sistemi informativi, si stanno sempre più focalizzando sulla gestione delle infrastrutture e degli applicativi comuni, come posta elettronica, informatica individuale e così via, mentre gli applicativi specifici delle business unit sono gestiti direttamente da queste ultime”.


Cosa possono o devono fare i vendor per aiutare i Cio nelle loro decisioni di investimento? Conta di più la pura trattativa commerciale (banalmente il prezzo) o la capacità di offrire supporto consulenziale e “materiale” all’utente?


“In una frase, centrare con un corretto rapporto prezzo/prestazioni le vere esigenze dei Cio e delle aziende, quindi non vendere “tappeti” o “fumo”. E dimostrare, poi, il reale valore per il business delle proposte/offerte fatte nel contesto di quella specifica azienda. Senza entrare nella riaccesa, almeno negli Usa, discussione sull’Ict strategica o meno, occorre, a mio parere, distinguere tra le parti che ormai sono una commodity, come linee di accesso o pc, per le quali occorre considerare il rapporto prezzo/prestazioni e il comune livello di affidabilità-disponibilità, rispetto alle soluzioni che sono senza dubbio strategiche al business. Le Pmi, a grandi linee, non vogliono ancora consulenza, ma solo soluzioni che realmente coprano le loro esigenze. Per i large account, la consulenza è importante, ma bisogna distinguere tra quella strategica, necessaria almeno per giustificare il razionale delle scelte fatte, ma che difficilmente può fare un fornitore, dalla consulenza per il deployment, che spesso è effettuata meglio dal fornitore stesso”.


Molti vedono nelle Pmi il mondo destinato a risollevare le sorti del mercato informatico in Italia. Finora, però, non sono arrivate risposte in linea con le attese. Sarà un trend destinato a cambiare nel corso del 2004?


“Dubito assai, sperando di aver torto. Per due ragioni principali. Innanzitutto la stragrande maggioranza delle piccole e medie realtà italiane è fatta di microaziende, di fatto “one man company”, quello che è stato definito come il popolo delle partite Iva. Il mercato di riferimento per questi è quello tipico Soho e dell’Ict intesa come elettronica di consumo con specifico interesse per pc, linee Adsl, Pda e oggetti simili. Anche qui ci sarà un mercato hardware di sostituzione, aggiornamenti software, ma principalmente nelle realtà in cui il business sta tirando. Una tendenza che, oggi, riguarda un numero assai basso di aziende. Per le Pmi di maggiori dimensioni, ho già precedentemente evidenziato come l’Ict sia percepita attualmente come un costo. Ci sono per loro ipotesi di passaggio a Erp “leggeri” e qualcuno l’ha già fatto o lo sta facendo, ma il vero problema è la volontà e il costo della riorganizzazione e del Bpr sotteso. Di nuovo, è un problema da un lato culturale e dall’altro di stretto pragmatismo: poiché si combatte per sopravvivere, i legacy system spesso possono tenere ancora un po’”.

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