Gli adempimenti a carico dell’impresa in caso di Infortunio sul lavoro

Cosa succede in caso di infortunio sul lavoro

Si considera infortunio, ai fini della tutela assicurativa obbligatoria, ogni evento avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di 3 giorni (art. 2, c. 1, D.P.R.
30 giugno 1965, n. 1124).
Secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali si deve intendere:
– per “causa violenta”: un fattore esterno, rapido e intenso che arrechi un danno o una lesione all’organismo del lavoratore (Cass. 29 agosto 2003, n. 12685);
– per “occasione di lavoro”: la circostanza che l’infortunio sia ricollegabile da un nesso eziologico allo svolgimento dell’attività lavorativa (Cass. 11 dicembre 2003, n. 18980).

Rientrano pertanto nella nozione di infortunio tutelabile non solo gli eventi conseguenti al rischio proprio dell’attività svolta dal lavoratore, o di attività ad essa connessa, ma anche quelli eziologicamente riconducibili al rischio insito nell’ambiente di lavoro, e cioè al rischio determinato dallo spazio delimitato, dal complesso dei lavoratori in esso operanti e dalla presenza di macchine e di altre fonti di pericolo.

Sono invece esclusi dalla tutela:
– gli infortuni che, pur avvenuti in costanza ed in ambiente di lavoro, si siano verificati in circostanze puramente accidentali, in conseguenza di un rischio generico e comune, salvo che non si accerti che gli stessi sono stati determinati da fattori e circostanze ambientali di natura e caratteristiche tali da determinare un aggravamento quantitativo o qualitativo del rischio generico (Cass. 3 agosto 2004, n. 14875);
– i sinistri che accadono in situazioni in cui il lavoratore sia venuto a trovarsi per scelta volontaria, diretta a soddisfare impulsi personali che lo inducono ad affrontare rischi, anche sotto il profilo ambientale, diversi da quelli inerenti alla normale attività lavorativa (Cass. 10 maggio 2004, n. 8889).

Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso.
La Corte di Cassazione ha infatti precisato, con sentenza del 18 febbraio 2004, n. 3213, che il datore di lavoro è sempre responsabile
dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l’imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni l’eventuale concorso di colpa del lavoratore.
Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, si considerano infortuni sul lavoro gli eventi dannosi occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti (c.d. infortunio in itinere).
L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato. Restano comunque esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida (Cass. 18 marzo 2004, n. 5525).

L’utilizzo di un mezzo privato si può ritenere necessitato quando o mancano mezzi pubblici (Cass. 3 maggio 2003, n. 6722) ovvero, pur essendoci, non consentano la puntuale presenza sul luogo di lavoro ovvero comportino eccessivo disagio al lavoratore in relazione alle esigenze di vita familiare (Cass. 7 agosto 2003, n. 11917).
Per quanto riguarda le inabilità derivanti dall’infortunio, la legge considera (art. 210, c. 2, 3, 4, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124):
inabilità permanente assoluta: la conseguenza di un infortunio che tolga completamente e per tutta la vita l’attitudine al lavoro;
inabilità permanente parziale: la conseguenza di un infortunio che diminuisca in misura superiore al 10% e per tutta la vita l’attitudine al lavoro;
inabilità temporanea assoluta: la conseguenza di un infortunio che impedisca totalmente e di fatto di attendere al lavoro per un determinato periodo.

Sospensione del rapporto

Il lavoratore infortunato ha diritto alla conservazione del posto per il tempo previsto dalla legge o dai contratti collettivi.
L’art. 6, R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825 riconosce ai lavoratori con qualifica di impiegato i seguenti periodi di comporto:
– 3 mesi, per anzianità di servizio non superiore a dieci anni;
– 6 mesi, per anzianità di servizio superiori.
Maggiori durate sono generalmente previste dai contratti collettivi di categoria, sia per gli impiegati che per gli operai.
Al lavoratore spetta inoltre, durante l’assenza, un trattamento economico nella misura stabilita dalle leggi, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità (art. 2110 cod. civ.).
Durante il periodo di comporto il lavoratore non può essere licenziato; il periodo di assenza deve essere inoltre computato nell’anzianità di servizio (art. 2110, c. 3, cod. civ.).
Superato il periodo massimo di conservazione del posto, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 2118 cod. civ.

Obblighi del datore di lavoro

Il datore di lavoro deve denunciare alla sede circoscrizionale dell’Inail nella quale si svolgono i lavori (salvo che l’Istituto stabilisca una sede diversa), entro due giorni da quello in cui ne ha avuto notizia, gli infortuni da cui siano colpiti i dipendenti prestatori d’opera e che siano pronosticati non guaribili entro tre giorni, indipendentemente da qualsiasi valutazione circa la loro indennizzabilità (art. 53, c. 1, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124). La denuncia può essere presentata direttamente all’Inail o, alternativamente, inviata via internet o con raccomandata.
La denuncia deve essere inviata all’Inail per telegramma o via fax entro 24 ore, se l’infortunio ha avuto esito mortale o se sussiste pericolo di morte.
Qualora, invece, l’inabilità per un infortunio pronosticato guaribile entro tre giorni si prolunghi al quarto, il termine per la denuncia decorre dal quarto giorno.
La denuncia deve essere redatta sul modello predisposto dall’INAIL, con indicazione delle generalità del lavoratore infortunato, del giorno e dell’ora in cui è avvenuto l’infortunio, delle cause e circostanze di esso, della natura e della precisa sede anatomica della lesione, del rapporto con le cause denunciate e di eventuali alterazioni preesistenti.
Alla denuncia deve essere allegato il certificato medico.
La competenza a trattare la denuncia è attribuita alla sede INAIL nel cui ambito territoriale l’assicurato ha stabilito il proprio domicilio; la sede che riceve la denuncia provvede all’inoltro a quella competente in base a tale criterio.
Il datore di lavoro ha altresì l’obbligo di denunciare entro due giorni all’Autorità di pubblica sicurezza del Comune in cui è avvenuto, ogni infortunio da cui sia derivata la morte o una prognosi superiore a tre giorni, allegando il certificato medico (art. 54, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124).

Obblighi del lavoratore

Il lavoratore è obbligato a dare immediata notizia di qualsiasi infortunio che gli accada, anche se di lieve entità, al proprio datore di lavoro (art. 52, c. 1, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124).
L’omessa informativa al datore di lavoro, che per questo motivo denuncia in ritardo l’infortunio all’INAIL, comporta per il lavoratore la perdita dell’indennità per i giorni antecedenti a quelli in cui il datore di lavoro ha avuto notizia dell’infortunio.
Il lavoratore ha l’obbligo di rendersi reperibile in determinate fasce orarie, come in caso di malattia (Cass. 9 novembre 2002, n. 15773).

Trattamento economico

Quando l’infortunio sul lavoro determina uno stato di inabilità temporanea assoluta al lavoro, è previsto l’obbligo per il datore di lavoro di erogare la retribuzione per i primi quattro giorni e per l’Inail di corrispondere un’indennità per il periodo successivo.
In particolare, ai sensi dell’art. 73, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, salvo condizioni di miglior favore previste dai contratti collettivi, il datore di lavoro è obbligato a corrispondere al lavoratore infortunato l’intera retribuzione per la giornata nella quale è avvenuto l’infortunio e il 60% della stessa per i 3 giorni successivi all’infortunio.
Per le giornate di festività che cadono nel periodo di assenza è previsto il seguente trattamento a carico del datore di lavoro:
– 100% della retribuzione per i 3 giorni successivi all’infortunio;
– integrazione fino al 100% della retribuzione per tutto il periodo indennizzato dall’Inail.
Dal quarto giorno successivo all’infortunio o alla malattia professionale l’Inail corrisponde al lavoratore un’indennità nelle seguenti misure (art. 4, L. 10 maggio 1982, n. 251):
– dal 4° al 90° giorno: 60% della retribuzione;
– dal 91° giorno: 75% della retribuzione.

Integrazione a carico del datore di lavoro

I contratti collettivi pongono generalmente a carico dei datori di lavoro l’obbligo di integrare per un determinato periodo l’indennità corrisposta dall’Inail.
In genere il trattamento economico e la durata della sua corresponsione sono graduati in relazione all’anzianità di servizio del lavoratore.
I contratti prevedono quasi sempre per il datore di lavoro l’obbligo di anticipare l’indennità a carico dell’Inail.

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