Giudizi automatici

Privacy, libertà di espressione e valore del brand: difficile convivenza.

Veniamo a conoscenza dal blog di Gartner grazie all’attenta Avivah Litan della nuova proposta di Cyveillance, società che realizza soluzioni di sicurezza per il valore aziendale e specializzata nelle cosiddette “brand intelligence” e “brand protection”, ovvero analisi e tutela del valore d’azienda. Ovviamente su Web. Altrettanto ovviamente su Web ora ci sono i social network.

La società diretta da un greco lungimirante, Panos Anastassiadis, e che l’anno scorso fu acquisita QinetiQ, sta mettendo a punto un servizio di controllo dei social network. Lo scopo è verificare che impiegati di un’azienda o soggetti terzi che vi hanno a che fare non compromettano la sua reputazione con le loro libere espressioni su social network, come Facebook o Twitter.
Il servizio viene ritenuto una logica estensione di quelli ascrivibili alla voce “brand protection”. Come finalità ci siamo, indirizzandosi a prevenire violazioni, contraffazioni, phisihng, pharming, minacce alla reputazione.
Resta da verificare se sia lecita la forma, se l’intervento non invada la sfera della privacy e della libertà di espressione di ognuno.

Alcune aziende hanno già policy relative all’utilizzo dei social network da parte degli interni. Dall’estero, poi, spesso arrivano notizie di dispute insorte fra azienda e dipendente in ordine alle espressioni di questi sui social network e risoltesi sempre con il secondo a pagare il conto maggiore.

Se però viene automatizzato il controllo con un sistema semantico e di intelligence, il nodo diventa più evidente e dovremmo porre la questione più che di una privacy all’interno delle mura aziendali, della tutela della libertà di espressione al di fuori. Di più: è giusto ascrivere a un automatismo anziché a un giudice la valutazione dell’eventuale lesività di un’espressione, al netto dell’ambito in cui questa è manifestata?

All’inizio del fenomeno Facebook avvertimmo che dopo quella partecipativa, l’altra faccia dei social network sarebbe stata il potere di controllo sul singolo.

Con la sistematizzazione del controllo rischia di diventare la prima e forse anche di scoraggiarne l’uso. Se rimane vero quello che cantava Giorgio Gaber, “libertà è partecipazione”, sarebbe un passo indietro.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome