Giovani talenti 2.0

Cresce in Italia l’integrazione del talento acerbo con un futuro di ricerca ed imprenditorialità ma comunque restando sul nostro territorio. Forse le tecnologie rendono inutile la fuga di cervelli.

Dopo un periodo meno esplosivo, negli ultimi tempi i progressi dell’ICT stanno nuovamente polarizzando l’attenzione generale delle nazioni più sviluppate del mondo. L’inizio dei servizi 4G prima in Scandinavia ed ora negli States, la georeferenziazione all’interno del 2.0 sociale e anche la famiglia dell’iPad stanno prendendo molti titoli sui principali media.
Anche sulla nostra penisola, alcune recenti attività fanno sperare in un futuro più soddisfacente del presente, attraverso la creazione di un nuovo ambiente che sfrutti in modo aggiornato la genialità ed imprevedibilità tipiche degli italiani. Parlando di futuro è ovvio che le varie iniziative si rivolgano ai “nativi digitali”, ed è interessante che nella maggior parte dei casi non si chiedano progetti hardware o software in senso informatico, bensì rinnovamento nella meccanica, nella chimica, nell’alimentazione, nel tessile e in molti altri campi nei quali l’ICT e il paradigma sociale sono solo uno dei mezzi e mai quello principale.
Ecco che nascono contenitori come InvFactor, Accenture o ideaTRE60, che raccolgono invenzioni di giovanissimi mostrando come inserire la scuola nel processo produttivo che comprenda l’università e l’imprenditorialità, completando il panorama culturale dei giovani con i semi di un possibile futuro. InvFactor[http://www.invfactor.it] sta generando un elenco nazionale delle invenzioni sviluppate nelle scuole superiori italiane, analogamente a quanto avviene già da anni in altre nazioni (Francia, Gran Bretagna e Giappone tra le più attive).
Ancora più specifico, Idee al Futuro permetterà a due studenti della provincia dell’Aquila di finanziare l’università con le proprie idee, restando nella loro provincia.
Più ricca e complessa è la formulazione di IdeaTRE60[http://www.ideatre60.it], che vuole avviare una rivoluzione copernicana nella Corporate Social Responsibility tra aziende, università e tessuto sociale: tra i suoi strumenti c’è un concorso per idee innovative nell’alimentazione, dotato di un premio in denaro e un finanziamento per una prima realizzazione dell’idea. Questi tre esempi, come molti altri, vivono e comunicano principalmente sui social network, ma anche su barcamp, seminari, premiazioni ed altre forme d’incontro reale.

Il modello Intel
Certo al momento non c’è la stessa dovizia di mezzi che mette in campo una Intel, il cui International Science and Engineering Fair mette premi per 4 milioni di dollari a disposizione di 1.600 studenti da 59 Paesi, selezionati in 550 concorsi. L’edizione 2010 è in corso in questi giorni a S. José, in California, e a fine settimana emetterà i suoi responsi. Ma non è il caso di preoccuparsi troppo, l’importante è iniziare e collaborare quanto più possibile.
Scavando nelle proposte italiane si vede che dietro tutto c’è il fattore abilitante del Web 2.0, o meglio ancora del 2.0 completo. Tim O’Reilly, accreditato come inventore dell’espressione che identifica il web non più statico, ha sempre detto -nella sua cultura umanistica- che il 2.0 non è un concetto prettamente informatico. In una mia formulazione, il 2.0 inquadra qualsiasi situazione nella quale nuovi tipi di dato vengano raccolti, analizzati con nuovi approcci, contribuendo ad una modifica dei processi che crea nuovo valore.
Raccogliere talenti, farli confrontare tra loro e metterli in un ambiente domestico che gli permette di studiare e sviluppare la propria attitudine ad un futuro realistico sembra proprio una delle cose che è mancata all’Italia succube della rivoluzione informatica in sé ma forse pronta a sfruttarla come fattore abilitante. E’ un augurio.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome