Giappone, gli effetti sul mercato semicon

Già l’evento neozelandese aveva sottolineato l’importanza del cloud, che riduce gli effetti sui servizi. Ma la virtualizzazione si poggia sulla realtà fisica delle fabbriche e l’elettronica è stata certamente toccata dal terremoto che ha colpito il Giappone.

La grande industrializzazione del Giappone, sia nel digitale sia nei settori più tradizionali, sarà certamente colpita dall’epocale disastro che il Paese del Sol Levante ha subito pochi giorni fa. Ma le dimensioni dell’evento sono tali da farsi sentire su tutto il mondo: elettronica, auto, finanza ed ovviamente energia.
Oggi che l’economia si basa per enorme parte sulla comunicazione digitale, il blocco dei data center può creare danni letali al sistema economico. Le cause sono sia dirette, sia indirette, anche se ad oggi prevale un ottimismo di fondo.
Un elemento chiave è che il servizio è stato più semplicemente ripristinato dalle aziende operanti in cloud computing, un approccio che per definizione lavora da più luoghi fisici che dall’esterno vengono percepiti come un unico luogo virtuale e che automatizza alcune fasi del recupero da perdita di dati e di connessioni. Come sottolinea Darren Greenwood in un suo eccellente post, il cloud è una scelta obbligata per ridurre gli effetti informatici di eventi di queste dimensioni, anche se c’è chi nota che anche il cloud, in quanto basato sui collegamenti sottomarini, riceve i suoi danni.
Il recentissimo, analogo episodio neozelandese aveva collegato l’adozione del cloud ai terremoti. Peraltro i due eventi appaiono sempre più collegati anche con riscontri scientifici.

Problemi per i semiconduttori
Il terremoto potrebbe però avere effetti pesanti anche sull’industria dei semiconduttori, dice Computerworld. Il Giappone produce il 40% delle Nand e il 15% delle Dram, e una riduzione di produzione porterebbe un conseguente aumento dei prezzi: iSuppli afferma però che le fabbriche interessate sono per lo più nel sud del paese e la produzione dovrebbe restare sostanzialmente inalterata.
Chi produce al nord, invece, ha già dovuto prendere serissime iniziative: sei le fabbriche di varie componenti (blu-ray, batterie e testine per hard disk) chiuse da Sony, altre chiusure in arrivo per Panasonic e Nikon. Le automobili non fanno informatica, certo, ma quel settore è stato colpito in modo davvero drammatico e la cosa potrebbe spostare gli equilibri mondiali sia per la penetrazione di tecnologie informatiche a breve sia per il cambiamento di accessoristica digitale a medio termine.
E un crollo della produzione energetica giapponese, basata sul nucleare, avrà certamente ripercussioni anche sul prezzo del petrolio, già compromesso a breve termine dagli eventi nordafricani.

Un nuovo crollo delle borse?
L’intera economia mondiale sarà poi coinvolta per l’enorme quantità di premi di assicurazione che dovranno essere pagati. Il gotha della finanza mondiale, a partire dagli Usa, ha grandi partecipazioni nelle assicurazioni nipponiche. Oggi il disastro è valutato 35 miliardi di dollari, ma la cifra cresce di momento in momento al peggiorare della condizione.

Parlare di informatica e di “disaster recovery” a riguardo di una catastrofe può sembrare la ricerca di una facile notorietà. Noi siamo vicini al popolo giapponese e vi invitiamo a partecipare con una piccola donazione online su uno dei siti di raccolta, che potrete cercare voi stessi. E’ importante.

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