Gestire i dati con un approccio centralizzato, ma flessibile

Il database relazionale è la risposta che consente di creare una base dati fruibile e facilmente aggiornabile per i sistemi di Hr management. Oracle, da sempre paladina del database unico, ci ha spiegato come un’infrastruttura dati è in grado di piegarsi alle specifiche esigenze

La forza di un sistema di Hr si fonda sul patrimonio informativo relativo ai dipendenti ma, come in tutte le altre “discipline” applicative, a nulla serve l’archiviazione di informazioni se poi queste non sono concretamente fruibili dalle varie funzioni aziendali e non sono facilmente aggiornabili. La soluzione a questi mali si chiama database relazionale, meglio se centralizzato o addirittura (come è nella vision di Oracle) unico.
Tutte le soluzioni di Hr di matrice Erp poggiano su una base dati relazionale, che comprende una serie di dati “core” come quelli anagrafici e offre possibilità di espansione per permettere a ciascuna nazione, o meglio a ciascun cliente, di definirne di propri. “È evidente che una società manifatturiera italiana deve gestire dati diversi da una finanziaria americana – ha sottolineato Bruno Marello, presales consulting manager di Oracle Italia -. L’appartenenza a un settore merceologico e a un Paese influisce sulle informazioni che servono a un’azienda, fermo restando che tutti i dipendenti sono dotati di nome, cognome, indirizzo“.
Tutti i fornitori hanno previsto sistemi per permettere, in maniera indolore e quindi con il minimo impatto sulla struttura del sistema informativo, di definire e gestire le proprie informazioni. Si tratta di un lavoro preliminare che caratterizza tutte le implementazioni Hr, perché quasi ciascun cliente rappresenta un caso a sé. Oracle, a questo proposito, offre un database costruito con strutture generiche di dati che possono essere personalizzati, ma utilizzando strumenti già previsti e senza scrivere alcun tipo di codice. “Si può dire che le tabelle originali contengono colonne generiche che vengono ridefinite in maniera tale da farle leggere al sistema come se fossero colonne particolari. Questa possibilità è talmente estesa da offrire sbocchi virtualmente illimitati, per rispondere a qualsiasi esigenza“.
Una colonna generica di dati, ha spiegato la società, può essere vista in modi differenti dall’utente, in modo per lui trasparente, ospitando un piccolo codice di due caratteri piuttosto che una descrizione di 200 o addirittura una fotografia, quindi un dato multimediale. Oracle rappresenta concettualmente questo procedimento definendolo un metadatabase, cioè un database che ridefinisce se stesso.
Una soluzione di questo tipo offre, inoltre, la possibilità “nativa” di effettuare query e reporting immediati sui dati anche peculiari, operando esattamente come se si trattasse di campi dati standard previsti dal pacchetto (un esempio di reporting su database relazionale è il Daily Business Close disponibile per le applicazioni della Oracle E-Business Suite). Uno strato di datawarehosue, in ambito Hr è necessario a fini analitici più complessi, nel momento in cui si mettono in relazione dati che provengono da mondi applicativi diversi. “Necessariamente – ha aggiunto Marello – in questo caso i dati devono essere trasferiti su una struttura ad hoc, che è in grado di raccogliere informazioni da mondi eterogenei ed è orientato per sua natura al reporting. Per contro, si introduce un ritardo, perché le informazioni devono essere estratte dalle basi dati e portate sulla nuova struttura“.

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