Fissione virtuale

I mondi 3D si perpetuano. Chi li crea ci guadagna?

Forse per via dello scemare dell’attività promozionale delle aziende che ci avevano puntato qualche soldo, in noi si era fatta spazio la sensazione che la moda di Second Life fosse ridimensionata.

Giusto una citazione parodistica nella soap opera italiana “Un posto al sole” di poche settimane fa suonava come una sostanziale archiviazione del caso.

Pensavamo che la sbornia dei mondi virtuali avesse esaurito la carica, che il fiume in piena della doppia vita in 3D fosse tornato in quell’alveo naturale che accoglie ciò che resta delle passioni tecnologiche. Insomma, che finalmente si potesse tornare a parlare di altre cose, senza timore di essere tacciati di snobismo (e anche se fosse, un filo non guasta). Ci sbagliavamo.

E non tanto perché ieri le cronache riportavano che Linden Lab e Ibm sono riuscite a trasportare gli avatar tra mondi virtuali differenti, ma per via di Google. Sempre di ieri, infatti, è la notizia che anche la “second-Microsoft” ha fatto la sua Second Life: Lively.
Un mondo virtuale in 3D, integrato con le abitudini dell’utente, destinato ad accogliere foto, blog, video, fatto per interagire con avatar di amici. La chiamano dimensione sociale all’interazione online.

E non circola denaro virtuale.

Anche perché si tratta di micromondi, roba piccola. Sotto sotto questa forma di “riflusso” ci piace. Ma l’investimento di due anni e mezzo di lavoro per crearlo chiederà di essere ripagato in qualche modo.

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