Fine di un’era: l’Enciclopedia Britannica va solo online

Basta edizioni in 32 volumi rilegati. Per l’Enciclopedia Britannica è arrivato il momento del passaggio definitivo al digitale. Un percorso iniziato otto anni fa e che introduce un business model diverso, nel quale c’entra anche Wikipedia.

Fa sempre scalpore quando una istituzione decide di cambiare radicalmente pelle e faccia.
Così non può che raccogliere amplissima eco sul web la notiza che l’Enciclopedia Britannica dopo 244 anni di “onorato servizio” ha deciso di sospendere le pubblicazioni e di spostarsi integralmente (o quasi come vedremo tra poco) sull’online.

Segno dei tempi che cambiano, senza dubbbio.
E la Britannica ha semplicemente preso atto che gli utenti preferiscono rivolgersi a siti come Wikipedia o Google, piuttosto che ricercare le informazioni di cui hanno bisogno su volumi cartacei, per quanto monumentali, autorevoli e referenziati questi siano.

La decisione si limita alla stampa dell’enciclopedia nel formato finora tradizionale.
Oggi la Britannica si definisce una “digital company” a tutti gli effetti e ha deciso di concentrare la sua attività nella vendita dei suoi contenuti agli abbonati, sia attraverso il suo sito, sia attraverso le nuove app per tablet e smartphone.

Il declino della versione cartacea è palese: ancora nel 1990 la società aveva venduto 120.000 copie di set completi, composto ciascuno da 32 volumi.
Nel 2010 ne ha stampate 12.000 copie, e ancora ne ha a magazzino 3,500 invendute.
E’ dunque arrivato il momento di cambiare radicalmente business model.

In realtà l’approccio della Britannica al digitale non è nuovo.
Già otto anni fa, a fronte delle prime perdite causate dal calo di appeal del prodotto a stampa, ha iniziato a sperimentare l’online, partendo dal suo mercato d’elezione: l’educational.
Oggi la società ascrive l’85% del suo fatturato alla vendita di programmi di formazione, libri di testo scientifici e umanistici.
Solo una quota del 15% delle revenue può attribuirsi ai tradizionali contenuti enciclopedici e di questi solo l’1% afferisce ancora alla carta.

Sull’online, va detto, la sfida è ardua.
Secondo quanto riporta questa mattina Wall Street Journal, il confronto con Wikipedia è impari.
E non si tratta solo di contenuti (le voci dell’Enciclopedia britannica sono nettamente inferiori a quelle dell’iniziativa fondata da Jimmy Wales), ma di popolarità.
Di fatto, se ogni mese circa un milione e mezzo di ricerche fanno capo a contenuti disponibili anche sulla Britannica, solo lo 0,5% degli utenti poi approda sul sito dell’Enciclopedia.

I responsabili dell’Enciclopedia si dicono ottimisti.
In prospettiva l’intenzione è rendere disponibile un quantitativo superiore di contenuti gratuiti sul sito, così da attrarre un numero sempre maggiore di visitatori.

Il mondo accademico non sembra sconvolto dalla notizia: la digitalizzazione è un percorso inevitabile, da molti salutato con favore per la sua praticità e accessibilità, decisamente superiore a quella di un’opera in 32 volumi. Trascurando, per l’altro, l’impatto ambientale.

C’è un unico settore nel quale la Britannica manterrà un approccio tradizionale: la stampa di libri per bambini nel mercato indiano.
Ma anche in questo caso le evoluzioni sono in arrivo.

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