Fiditalia – Soluzioni open nell’infrastruttura di business

Fino a 3/4 anni fa, l’infrastruttura di Fiditalia era basata su As/400. «Da un paio di anni, invece – ha esordito Paolo Torelli responsabile sistemi informativi Fiditalia -, abbiamo aperto al mondo opensource e oggi stiamo dando un’ulteriore accelerata …

Fino a 3/4 anni fa, l’infrastruttura di Fiditalia era basata su As/400. «Da un paio di anni, invece – ha esordito Paolo Torelli responsabile sistemi informativi Fiditalia -, abbiamo aperto al mondo opensource e oggi stiamo dando un’ulteriore accelerata. Solo quattro mesi fa, per esempio, abbiamo fatto migrare su Linux Intel il sistema di autorizzazione delle carte di credito, che fino a poco tempo fa era su una macchina Sco Unix. Questo passaggio, per noi, è stato piuttosto rilevante dal momento che ha impattato sull’infrastruttura di business, per noi particolarmente critica». Quella classica continua, invece, a mantenere uno schema tradizionale, anche se sulla parte sistemistica Fiditalia sta continuando a spingere su soluzioni open. «Fino a poco fa – ha continuato Torelli – avevamo l’egemonia dei prodotti Ca per il monitoraggio di rete e dei server. Oggi ci stiamo rivolgendo a prodotti opensource più verticali, come Nachos e Snort. Stiamo, inoltre, pensando di ampliare nella parte business l’uso di prodotti opensource, spostando su Linux Amd tutta la parte del dataware house, attualmente su macchine Sun Solaris».


L’introduzione delle competenze opensource tra gli skill dei sistemi informativi di Fiditalia, 70 persone interne, si è formata in modo graduale. «Tra i 16 sistemisti presenti in azienda – ha sottolineato il responsabile – il nucleo che gestiva la parte server ha iniziato a fare delle piccole prove in ambiente opensource. In questo modo si sono create internamente tutte le competenze che hanno garantito l’apertura verso questo nuovo mondo. Il dubbio principale che ci attanagliava, oltre a quello relativo alla sicurezza, riguardava il supporto in caso di eventuali anomalie di sistema. Un altro problema con cui ci siamo dovuti confrontare è, poi, il tema dell’integrazione. Abbiamo visto, infatti, che tutti questi strumenti, presi uno per uno, funzionano bene, ma la situazione si complica quando li si deve far lavorare tutti insieme. Individuare sul mercato un partner forte che ci possa far aprire completamente all’opensource sarebbe la soluzione a tutte queste problematiche, ma più volte abbiamo avuto modo di riscontrare carenza di professionalità nell’offerta dei servizi a valore aggiunto. Attualmente, quello che stiamo facendo per ovviare a queste criticità è collaborare con altre aziende nello sharing delle competenze maturate, in modo da acculturarci prima di compiere il grande passo».


Le motivazioni che spingono Fiditalia ad abbracciare l’opensource sono tante. «Sicuramente pesa il contenimento dei costi – ha concluso Torelli -, dal momento che come tante altre società dobbiamo lottare con la riduzione della spesa. Ma a questa scelta contribuisce anche la garanzia di una maggiore flessibilità. Spesso, infatti, i prodotti proprietari includono numerose funzionalità, ma sono complessi da far funzionare. Al contrario, soluzioni open più semplici e specifiche, si dimostrano più facili da configurare e usare. Questi vantaggi, purtroppo, si scontrano con problemi di integrazione. Nella nostra infrastruttura, infatti, continuiamo ad avere sistemi As/400 dove sono installati il 60% dei vecchi applicativi, una componente su cui poggia il core business dell’azienda. A questo si somma il nuovo mondo del middleware, costruito sui concetti delle SOA, dei Web service, del riuso del software, dei servizi e dei processi. Per aprirci completamente all’opensource, dovremmo lasciare tutto e trasformare i programmi legacy in programmi open, una scelta che, in questo momento, avrebbe un impatto elevato in termini di rischio e di costi. Oggi siamo, quindi, in una fase di mezzo, in cui non siamo più diffidenti nei confronti del mondo opensource, ma ci stiamo muovendo in un’ottica di piccoli passi».

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